Chissà che questa “coppia di fatto”, legata fra l’altro dalla centralità del lavoratore rispetto al sussidiato, non abbia ancora da incontrarsi prossimamente, casomai sulla riforma di Quota 100 e del sistema pensionistico? La rubrica di Corrado Ocone
Apparentemente Sergio Landini e Matteo Salvini non hanno nulla in comune: per formazione, ruolo, area politica di riferimento. Sulla gestione del green pass però i due leader, rispettivamente del maggior sindacato e del maggior partito italiano (stando ai sondaggi), si sono trovati negli ultimi giorni in, seppur solo, parallele sintonie.
Dapprima hanno contestato l’estensione del certificato vaccinale ad altre categorie nel prossimo decreto governativo e poi, preso atto che Draghi non recedeva su questo punto, hanno ingoiato il boccone amaro ma hanno contestualmente chiesto, ad alta voce, l’introduzione della gratuità dei tamponi. Certo, quella di Landini sembra più che altro una rivendicazione sindacale a favore di chi lavora in azienda, e quindi una sorta di bonus aggiuntivo legato alla produzione, mentre Salvini pensa più correttamente ai disabili, a coloro che non possono vaccinarsi, ecc. Non è dato sapere come risponderà Draghi, che intanto incassa il sì, ma tutto sommato la loro, soprattutto quella di Salvini, sembra una richiesta non campata in aria.
Chissà che questa “coppia di fatto”, legata fra l’altro dalla centralità del lavoratore rispetto al sussidiato, non abbia ancora da incontrarsi prossimamente, casomai sulla riforma di Quota 100 e del sistema pensionistico? Fra l’altro, anche un ministro di Draghi, il prodiano Patrizio Bianchi, che in verità non si è particolarmente distinto nella organizzazione del rientro a scuola, ha oggi proposto l’introduzione negli istituti pubblici dei tamponi salivari.
Sempre in questi giorni, abbiamo poi assistito a un altro fenomeno, apparentemente di tutt’altro segno: un rilevante numero di professori universitari ha firmato un appello in cui si oppone all’introduzione del pass. In questa sede non ci interessa entrare nel merito della posizione di questi accademici, che comunque segnalano una vivacità intellettuale che fa bene alla vita delle nostre Università, ove è giusto che tutto sia per principio discusso, anche l’ovvio. Quel che mi preme invece sottolineare è che, scorrendo l’elenco dei firmatari si nota che le equazioni sinistra uguale sì vax e sì pass e destra uguale il contrario, spesso avvalorate nel discorso pubblico da eminenti opinionisti, in questo caso non reggono.
La presenza di “sinistri” e “destri”, per così dire, sembra equivalersi, come fra l’altro attesta la presenza fra i primi del popolare storico Alessandro Barbero da poco distintosi per una faziosa sottovalutazione dell’importanza dei massacri nelle foibe titine. D’altronde, non erano stati due filosofi notoriamente impegnati a sinistra, uno in quella antagonista e radicale e l’altro in quella istituzionale e realistica, e cioè Giorgio Agamben e Massimo Cacciari, a esprimere le maggiori, e anzi le più radicali, riserve su uno strumento definito da qualcuno di “biosorveglianza”?
Per ora, quelle qui elencate alla rinfusa sono solo suggestioni. Ma, come diceva quel tale, sono tali da far sorgere spontanea la domanda: e se fosse proprio sul governo delle emergenze, non solo di quelle sanitarie, che stesse poco alla volta creandosi, “oltre la destra e la sinistra”, il nuovo cleavage che definisce il campo politico? Non ci resta che aspettare e vedere.