Con l’autorizzazione dell’editore e dell’autore pubblichiamo il commento di Edoardo Narduzzi uscito sul quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi, Italia Oggi.
La pubblica amministrazione continua a non pagare i suoi fornitori. Una situazione kafkiana nella quale uno Stato è costretto ad adottare un decreto legge per ordinare ai suoi uffici di saldare i debiti che lui stesso ha contratto con i suoi fornitori. È, nei fatti, un prestito forzoso chiesto dall’Italia alle imprese per un ammontare monstre di 100-120 miliardi di euro. In pieno e prolungato credit crunch, con le banche senza adeguate risorse per erogare il credito richiesto dal mercato, significa creare le condizioni per una caduta della produzione industriale peggiore di quella «normale» e per trasformare le camere di commercio in un originale Spoon River delle pmi italiane con una numerosità eccessiva di lapidi a ricordare le imprese che un tempo producevano.
In un quadro tanto preoccupante, cosa può fare il governo per dare ossigeno alle aziende senza venire meno ai suoi obblighi di bilancio? Un intervento semplice e di fatto a costo zero sul fronte del bilancio fiscale è attivabile senza eccessiva difficoltà. Basterebbe riconoscere alle imprese la facoltà di ammortizzare in maniera accelerata, anche il tutto in un unico esercizio, gli investimenti iscritti all’attivo di bilancio per attività di ricerca o per l’acquisto dei connessi beni strumentali. In questo modo le imprese potrebbero beneficiare di una sorta di scudo fiscale sull’intero importo dell’ammortamento effettuato, liberando il bilancio da poste che comunque sono destinate a sparire negli anni immediatamente successivi. Invece di ammortizzare questi beni in tre o in cinque anni, le imprese potrebbero decidere di concentrare tutta la manovra in un unico bilancio, il prossimo cioè quello che approva i conti del 2013, ottenendo un’ottimizzazione fiscale che si traduce in minori imposte da versare a saldo e in acconto all’erario.
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