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Benedetto XVI, il Papa della purezza

“Non ho altro programma che quello di fare la volontà di Dio”. Si presentò così, Benedetto XVI, sette anni fa. Una risposta secca a quanti cercavano di leggere il pontificato nuovo con i termini della diplomazia e della politica. Benedetto XVI riportò subito la barra a Dio. E, nella seconda omelia da Papa, si soffermò sui simboli dell’autorità papale, li spiegò, e fece capire chiaramente quale sarebbe stata la direzione del Pontificato. Un pontificato che – guardato oggi, in retrospettiva – è sempre stato teso verso l’Anno della Fede che andrà a cominciare. Un Pontificato che è sempre stato inteso come una purificazione della Chiesa, e un affidamento delle nazioni a Maria – in ogni viaggio internazionale, il Papa ha voluto visitare un santuario mariano. È un Papa che è consapevole che la Chiesa sta vivendo oggi più che mai il terzo mistero di Fatima. Una Chiesa non solo attaccata dall’esterno, ma dilaniata dai peccati al suo interno (la “sporcizia” che Ratzinger non ebbe timore a denunciare già nelle meditazioni della via Crucis del 2005). Una Chiesa che deve rimanere salda, perché è rimasto uno degli ultimi baluardi della libertà religiosa nel mondo.
 
Si guarda a Benedetto XVI, si torna indietro agli scritti di Joseph Ratzinger, e ci si rende conto che tutta la sua vita è stata un tentativo di armonizzare punti di vista differenti, e di portare le questioni ad un livello più alto. Come San Bonaventura – cui Ratzinger dedicò la tesi di licenza per l’insegnamento della teologia – armonizzò le posizioni di fronte alle divisioni create dalla dottrina di Gioacchino da Fiore (e in molti hanno di nuovo ricordato il francescano che invocava un´era di purificazione per la Chiesa che però rischia di essere una tabula rasa di tutto ciò che c’è stato in precedenza), così Benedetto XVI non contrappone le posizioni, ma cerca di metterle in armonia. E ricorda a tutti che l’obiettivo finale è il quaerere Deum, il cercare Dio. Un cercare Dio che – lo aveva sottolineato lui stesso, nel discorso al College deBernardins nel 2008 – è stato alle basi dell’Europa.
 
È forse l’ultimo dei benedettini, Benedetto XVI. Come San Benedetto, che nel 529 fonda il monastero di Montecassino e da lì, con il suo ora et labora, con la raccolta incessante di testi ricopiati dagli amanuensi, fonda una nuova civiltà, così Benedetto XVI costruisce discorsi che sono come cattedrali gotiche, e che vanno su, fino a cercare di toccare Dio, e allo stesso tempo spiegano le ragioni di Dio e la ragione che ci porta a comprendere Dio. È un lavoro incessante di pensiero. Eppure pensarlo così non rende giustizia a un Papa che governa la Chiesa, ma la governa in un modo così nuovo che per molti è incomprensibile. Un Papa che da una parte è cosciente delle necessità di purificazione della Chiesa, e dall’altro sa che è dalla Chiesa che deve partire il movimento per lapurificazione del mondo.
 
E così, forse, si deve fare un salto di cinquecento anni avanti, andare oltre san Benedetto, e guardare a Gregorio VII. Quella della riforma gregoriana è un’impresa eroica, di pochi uomini, che vanno contro uno stato di cose ormai abitudinario, riformano i costumi, purificano la Chiesa. E lo possono solo in virtù dell’alta coscienza della propria missione e la cristallina purezza d´intenzioni, che permette loro di superare le incomprensioni e le difficoltà, e di creare un movimento i cui effetti furono così vasti e d´importanza talmente decisiva d´andare oltre a quello che gli stessi protagonisti potevano forse immaginare.
 
Divenuto Papa, Ildebrando di Soana affianca alla purificazione della Chiesa anche la riorganizzazione delle fonti, un corpus che diventerà la prima legge globale e globalizzata del mondo, ovvero il Diritto Canonico. Difende l’autonomia della Chiesa, Gregorio VII. Detta con la sua voce il Dictatus Papae, 227 proposizioni inserite nel registro originale della sua Cancelleria per affermare la supremazia del Papa su ogni altro potere, compreso quello dell’imperatore. Riorganizza i legati pontifici, e ne istituisce due tipi: quelli in loco, che avevano dal papa l´incarico permanente di sorvegliare l´applicazione della riforma su un dato territorio, e quelli inviati direttamente da Roma per svolgere missioni ben circoscritte; tutti erano forniti di dettagliate istruzioni, e dovevano poi riferire minutamente al papa. E poi, favorisce la formazione di nuove collezioni canoniche, dimostrando di non essere un rivoluzionario e che i diritti rivendicati non gli potevano esser contestati.
 
Così, molti ricercatorisi misero al lavoro per scovare nelle biblioteche le più antiche testimonianze, le decretali, i frammenti dei Padri ed anche le raccolte di diritto romano, e così cominciarono a venir fuori le prime compilazioni, come quelle di Attone, di Anselmo da Lucca, di Deusdedit; in tutte predomina la preoccupazione di eliminare le prove a favore di una disciplina puramente locale e di affermare il principio che l´autorità papale è la sorgente stessa della legge e che un testo ha valore soltanto se ha ricevuto dal pontefice una approvazione almeno tacita.
 
Ed è, a guardare bene, anche il lavoro di questo Papa. Che è partito dalla sua tesi dottorale sul Popolo di Dio in Sant’Agostino, dalla ricerca delle fonti dei padri, per arrivare a capire che essere “attorno all’altare” non significa chiudersi di fronte al mondo, alla collaborazione con gli stati, all’uso del beni per la carità. Non è uno “spiritualismo” che allontana il Popolo di Dio dalla realtà. Al contrario, permette al credente di essere nel mondo, ma non del mondo. Demondanizzare – Benedetto XVI ha usato questa parola nell’ultimo viaggio in Germania – è trasformare e unire. E per farlo, tra l’altro, la Chiesa, il Popolo di Dio ha un mezzo che ha radici antichissime: il diritto canonico.
 
E´ sul diritto canonico che si sta compiendo un altro atto della rivoluzione tranquilla di Benedetto XVI. Che punta sulla certezza del diritto, e per questo il Segretario di Stato è un canonista e l’ultimo nunzio nominato è un ex ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede. E’un ritorno del diritto canonico, che guida anche le scelte del Papa in campo internazionale, e anche per quanto riguarda le novità riguardanti la trasparenza finanziaria in Vaticano.
Ed è un impegno che si affianca a quello della purificazione. Il Papa vuole pulire la Chiesa dalle sue incrostature, perché sia di nuovo testimonianza del mondo con la sua fede. Giunto all’inizio dell’ottavo anno di Pontificato, l’obiettivo appare ormai chiarissimo.
 
Andrea Gagliarducci
vaticanista
La Sicilia, Il Tempo, korazym.org


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