Il caro-bollette ci deve far riflettere sul ruolo che potrebbe avere il nucleare (che già utilizziamo) nella nostra società. Senza ideologie, dati alla mano, con un dialogo prudente ma realistico
L’incremento dei prezzi dell’energia con le conseguenze sull’economia generale impongono di riprendere in mano la pratica energetica. Dopo qualche anno di petrolio a basso prezzo e anche sull’onda “green” che si diffonde nel mondo è evidente infatti che lo studio e la applicazione di nuove forme di energia sia all’ordine del giorno del pianeta.
È bastato però che Draghi e qualche ministro accennassero all’utilità di riprendere gli studi su una energia nucleare più moderna e “pulita” che immediatamente si levassero le proteste degli ecologi oltranzisti per i quali ogni discorso è stato chiuso del referendum di 35 anni fa. Eppure il 20 settembre il ministro Cingolani si era limitato a dichiarare la verità, ovvero che l’energia importata dalla Francia (pari al 5% delle necessità italiane) è “prodotta con il nucleare a due passi da noi”.
Di per sé questa frase è molto generica, ma resta il fatto che in Francia sono attive 18 centrali nucleari per un totale di 56 reattori, con cui sono prodotti 379,5 TWh di energia elettrica, più del 70 per cento del totale prodotto nel Paese. Importiamo energia anche dalla Svizzera (l’8,7% delle necessità italiane) e va ricordato che anche in Svizzera sono attive 3 centrali nucleari.
Già oggi, quindi, una parte dell’energia che consumiamo è di origine nucleare, anche se si fa finta di dimenticarlo. A mio avviso è una grande ipocrisia, visto che ad oggi l’energia nucleare resta una delle poche forme energetiche ad emissioni zero di CO2, con potenziali produttivi illimitati. Sarebbe interessante calcolare quanti milioni di tonnellate di CO2 si producono in Italia bruciando prodotti fossili e gas e quanti già oggi se ne risparmino grazie al nucleare.
E’ evidente che questa forma energetica può comportare rischi, ma come per ogni azione umana vanno studiati ed affrontati i pro e i contro. Va considerato che negli ultimi 70 anni sono stati molto di più i morti per un’energia “green” come l’idroelettrico che per il nucleare (la sola tragedia del Vajont costò 3.000 vittime, ben di più di tutte quelle legate a Cernobyl) e anche a considerare le potenziali vittime “indirette” i conti non cambiano di molto.
Secondo i dati di Legambiente negli ultimi 70 anni (a parte Cernobyl di cui tuttora non si conoscono dati ufficiali) ci sono stati nel mondo alcune decine di incidenti “gravi” legati al nucleare che hanno causato circa 500 morti dei quali 300 (presunti) per un incidente a Sellafeld in Gran Bretagna il 7 ottobre 1957 (64 anni fa). E’ molto probabile che i contaminati per radiazioni siano stati nei decenni molti di più e che numerose siano state le vittime indirette e per successivi tumori legati alle emissioni atomiche. Ma è altrettanto vero che le procedure di sicurezza oggi sono infinitamente più severe che negli anni ’50.
Lo stesso disastro di Cernobyl fu gestito in modo scriteriato e – con procedure adeguate e standard già allora – non solo lo si sarebbe evitato, ma ne sarebbero state ridotte le gravi conseguenze. Tutto ciò non per sottovalutare i rischi, ma solo per dire che non ha senso abbandonare l’energia nucleare mentre invece vanno continuati e sviluppati gli studi per rendere questa risorsa più sicura da tutti i punti di vista.
Alla fine i veri problemi per produrre energia nucleare civile sono legati allo smaltimento dei rifiuti radioattivi e a possibili incidenti legati a catastrofi naturali o ad attentati terroristici. Per i primi è necessario procedere a studi ineccepibili sulla localizzazione degli impianti, ma anche a prevenzioni adeguate, mentre per i secondi – proprio perché gli obiettivi sono e sarebbero numericamente ridotti – sarebbero e sono anche più facilmente difendibili. Nel mondo non si è sospesa la costruzione di grattaceli dopo l’11 settembre, né fermate le metropolitane o gli aerei per possibili dirottamenti, ma sono state aumentate le difese attive e passive contro questi rischi, esattamente come si dovrebbe fare per centrali e stoccaggi nucleari.
Questi ultimi sono un rischio davvero trascurabile: stoccaggi a migliaia di metri di profondità ed adeguatamente protetti rendono meno che infinitesimali i rischi, mentre sul tema è consuetudine scatenare la bagarre demagogica. Per contro va anche ricordato che data la loro quantità sono infinitamente maggiori i rischi legati ad inquinamenti di materiali usati per batterie elettriche o smaltimento di queste produzioni.
Pur agendo con estrema prudenza mi pare assurdo bloccare il nucleare, mentre si deve piuttosto insistere nella ricerca, negli studi, nelle difese contro potenziali rischi collegati a questa energia che è comunque naturale e ci può essere estremamente utile. Almeno parlarne è doveroso, assurdo è il tacere e ancora più assurdo affrontare i problemi con pregiudizio assoluto, senza nemmeno accettare il confronto.