Più concorrenza, più sicurezza, più privacy e un ruolo internazionale più solido: l’esigenza di avere una moneta digitale ufficiale si fa sempre più pressante anche perché la sfida internazionale è destinata ad aumentare e molti investitori, imprese e persino cittadini si potrebbero orientare verso prodotti più versatili ed innovativi
Secondo quanto affermato lunedì sullo speciale Affari & Finanza di Repubblica da Giovanni Lionetti, Ad di Swag (società attiva nel mining), ormai per l’euro digitale (così come per il dollaro) è solo “questione di tempo”. Si tratta di un’affermazione che trova esplicita conferma nel discorso tenuto da Fabio Panetta – membro del board Bce ed uno dei più decisi promotori dell’euro digitale – al Elcano Royal Institute di Madrid.
Dalle parole di Panetta si evince che l’euro digitale è sostanzialmente una necessità per il sistema economico e monetario europeo e la sua introduzione è tesa a garantire stabilità e a riaffermare la sovranità monetaria proprio in un momento in cui la disponibilità di mezzi e strumenti di pagamento digitali è ampia come mai prima d’ora, in Europa così come in Italia.
Dalle cripto alle valute digitali private (senza contare la possibilità di utilizzare sul mercato globale dollari, renminbi, rubli eccetera) l’offerta è ormai veramente ricca e anche in un Paese come l’Italia, che rimane 25° su 27 quanto ad incidenza dell’uso del contante, i pagamenti elettronici si fanno progressivamente largo: il Politecnico di Milano prevede, infatti, per il 2021 una quota pari al 37% sul totale degli acquisti, superiore al 33% dello scorso anno e al 29% del 2019.
Se, infatti, i dati BCE ci dicono che il numero delle banconote circolanti è più che raddoppiato nel 2020 rispetto al 2019 (+130%) per un valore cresciuto dai 1.293 ai 1.435 miliardi di euro, è opportuno evidenziare anche come queste siano sempre più utilizzate come riserva di valore in quanto – come rilevato dalla BCE e sottolineato da Panetta stesso – la quota delle banconote detenute a fini transattivi si e’ ridotta al 20% dal 35% di quindici anni fa.
E’ evidente quindi che l’utilizzo del contante potrebbe esaurirsi, diciamo così, per “consunzione”, ovvero per il progressivo abbandono dello strumento di pagamento in quanto tale da parte di consumatori e imprese. Ed è in questo passaggio che risiede il ruolo chiave – definito di ancora monetaria – dell’euro: questo andrebbe sostanzialmente a colmare un tale vuoto, legittimante prima che lo faccia qualcun altro, garantendo consumatori ed investitori in virtù della propria natura istituzionale.
A questo proposito, Panetta è stato chiaro: “Data la crescente propensione dei cittadini a utilizzare pagamenti elettronici, dobbiamo offrire loro la possibilità di utilizzare la moneta della banca centrale anche sotto forma digitale”, ma la sfida per la Bce è di rendere l’euro digitale veramente per tutti sia in termini di convenienza sia, soprattutto, in termini di accessibilità. Ciò sarà la discriminante quanto al successo o all’insuccesso del progetto.
Per renderlo possibile la Bce sta lavorando alla costituzione di un nuovo ecosistema in cui l’euro digitale, oltre ad avere lo stesso identico valore del contante (e ci mancherebbe) sia anche altrettanto comunemente accettato da parte di tutti gli operatori della filiera: dai merchant, dai consumer e dagli intermediari. Per riuscirci, oltre ai costi zero, Panetta strizza poi l’occhio anche alla privacy e alla gestione dei dati, temi centrali in questi mesi e particolarmente cari in linea di principio ai grandi sostenitori dei contanti. Egli infatti ha affermato che: “in quanto istituzione pubblica e indipendente, la Bce non ha interesse a monetizzare i dati di pagamento degli utenti e potrebbe trattarli solo nella misura necessaria alle funzioni dell’euro digitale”.
In ottemperanza poi con i principi fondanti la stessa Ue, nel progetto esposto da Panetta, l’euro digitale dovrebbe fungere da sostanziale equilibratore nel mercato dei servizi finanziari, favorendo una maggiore concorrenza tra tutti gli operatori, a prescindere dalla loro grandezza.
L’ultimo aspetto emerso dalla relazione è che, nel processo di cambiamento del mercato monetario nel suo insieme, l’euro digitale dovrà ricoprire un ruolo internazionale per garantire la sovranità monetaria europea, la diffusione dell’euro ad altri mercato e, attraverso l’interoperabilità con le altre Cbdc (Central bank digital currency), ridurre sensibilmente tempi e costi per le transazioni transfrontaliere.
L’euro digitale non è però che uno dei progetti (e non il più avanzato) di Cbdc in corso di test nel mondo, molti dei quali, come quello cinese, già di prossima diffusione generale. L’esigenza di avere una moneta digitale di Stato si fa sempre più pressante anche perché la concorrenza internazionale è destinata ad aumentare e molti investitori, imprese e persino cittadini si potrebbero presto orientare verso prodotti più versatili ed innovativi di quelli oggi a loro disposizione. Il risultato sarebbe appunto quello di perdere porzioni di sovranità monetaria con la conseguente e crescente difficoltà di procedere con scelte economiche coerenti ed efficaci: ciò che nessuno da Bruxelles a Francoforte desidera realmente affrontare.