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Ricatto (bielo)russo sui migranti. Berlino avrebbe un asso nella manica

Mosca sta mettendo sotto pressione l’Est Europa, anche con il ricatto energetico. Il Nord Stream 2 potrebbe essere una leva per convincere il Cremlino. Ma tutto dipende dalla Germania, che però…

La domanda-provocazione viene da Jakub Janda, direttore del think tank ceco European Values Center for Security Policy che ha da poco aperto un ufficio nella capitale taiwanese Taipei: “Può la Germania usare il Nord Stream 2 come leva per impedire alla Russia di utilizzare la Bielorussia come strumento nell’utilizzo dei migranti come leva?”, si chiede su Twitter.

Unione europea, Stati Uniti e Unione europea vedono una regia russa dietro quello che un portavoce della Commissione europea ha definito “un tentativo disperato del regime” di Aleksandr Lukashenko di “sfruttare le persone per destabilizzare l’Unione europea e i valori che sosteniamo”. Di “sfruttamento politico e la manipolazione delle persone vulnerabili da parte del regime” del cosiddetto ultimo dittatore d’Europa ha parlato Ned Price, portavoce del dipartimento di Stato americano. Siamo di fronte a un’“inaccettabile” utilizzo dei migranti “come tattica ibrida” ha dichiarato Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, che ha garantito assistenza agli alleati per mantenere la sicurezza nella regione.

Nel mirino ci sono Paesi come gli Stati europei ex sovietici. L’obiettivo sembra essere quello di metterli sotto pressione – con il ricatto migratorio così come con quello energetico – per tenere l’intera Europa sotto scacco, destabilizzarla e ricattarla. E farlo attraverso la Germania: non sembra un caso, infatti, che Minsk abbiamo accusato l’Unione europea di comportamento disumano davanti a una maggior parte dei migranti curda con la Germania come loro destinazione.

Non è certo la prima volta che gli avversari dell’Unione sfruttano il suo noto punto debole. Dalla Libia alla Turchia siano alla Russia: niente di nuovo.

Questa volta, però, l’Unione europea potrebbe avere un’arma in più: il Nord Stream 2, il gasdotto destinato a portare gas dalla Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico e che ha fatto litigare la Germania con gli Stati Uniti e diviso l’Unione europea – tensioni che non sembrano state ridimensionate molto neppure dall’accordo del luglio scorso annunciato da Washington e Berlino.

Vale la pena rileggere ciò che scriveva a proposito del gasdotto Emanuele Rossi su Formiche.net due anni fa, poche settimane prima che il Congresso statunitense desse il via libera alle sanzioni sul Nord Stream 2 a fine 2019.

Il raddoppiamento del gasdotto Nord Stream progettato da Berlino con Mosca rappresenta uno step ulteriore in questo quadro: la possibilità che si crei un collegamento fisico tra Russia e Germania dal valore geopolitico che creerebbe un ipotetico presupposto per un allineamento iper-competitivo per gli Usa tra i due blocchi dell’Eurasia, timore strategico per Washington. Il presidente Usa già aveva attaccato la Germania nel 2018 accusandola di essere “totalmente dipendente” dalla Russia.

Val la pena ricordare che due guerre mondiali e una guerra fredda sostenute da Washington hanno avuto come ragione intima evitare che tedeschi o russi, o una concordanza di interessi russo-tedeschi, diventasse egemone nel continente europeo. Con la Germania gli Usa hanno qualcosa di primordiale, legato anche all’etnia (i tedeschi sono il primo ceppo etnico negli Stati Uniti, da cui proviene lo stesso Frederich Trumpf, nonno del presidente), e temono che i collegamento tramite il gas con Mosca possa portare Berlino a trasformare la propria gigantesca sfera di influenza economica in geopolitica.

E veniamo dunque alla leva geopolitica. Così è sempre stato definito – e temuto – il Nord Stream 2 dagli Stati Uniti guardando al potere acquisito da Mosca – che anche recentemente ha sminuito parlato di “progetto puramente commerciale”. Ma questa definizione può essere utilizzata anche pensando a Berlino?

Forse sì. Le forniture di gas tramite Nord Stream 2 potrebbero iniziare il giorno successivo all’ottenimento della licenza.

Attenzione, però. Perché non basta il pressing di politici come il leader della Csu Markus Söder o ex politici come l’ex cancelliere socialista Gerhard Schröder, oggi presidente del consiglio di amministrazione delle società di gasdotti europeo-russe Nord Stream e Nord Stream 2 e della compagnia petrolifera russa Rosneft.

Il completamento del Nord Stream 2 “chiaramente aiuterebbe” il caro-bollette ma “la situazione è molto più complessa”, ha ammesso Tiina Tuomela, chief financial officer di Uniper, utility tedesca coinvolta negli aspetti finanziari del Nord Stream 2. Come ha spiegato Bloomberg, il gasdotto potrebbe divenire operativo non prima di maggio 2022, proprio a causa delle tempistiche legate all’ottenimento delle necessarie autorizzazioni burocratiche.

E infatti, nelle stesse ore in cui Minsk agitava lo spauracchio dei migranti contro l’Unione europea, da Mosca Alekseij Finikov, vice capo del dipartimento della compagnia energetica russa Gazprom, annunciava agli investitori (ripreso dall’agenzia di stampa Tass) che il gasdotto è stato completato ed è pronto a entrare in funzione. Il Cremlino, invece, ha fatto sapere di aspettare “pazientemente” che la situazione si sblocchi, ha dichiarato il portavoce Dmitry Peskov.

Davanti alle tensioni con la Bielorussia, il governo polacco ha paventato rischi di conflitto armato: “Ci aspettiamo una escalation di natura armata”, ha affermato il portavoce Piotr Muller.

Le condanne non bastano, ha avvertito Wolfgang Münchau su Eurointelligence.com. La prima a dover agire deve e può essere la Germania. Sempre che voglia.


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