L’accordo storico sulla fiscalità internazionale delle multinazionali che utilizzano piattaforme digitali scatterà nel 2023 e porterà una riallocazione di più di 125 miliardi di dollari. L’intervento di Maricla Pennesi, partner dello studio Andersen, esperta di fiscalità economica, ESG, tassazione d’impresa e membro del Board di AmCham
Lo scorso 8 ottobre è stato raggiunto un accordo definibile storico sulla fiscalità internazionale, sottoscritto da 136 giurisdizioni in ambito Ocse e successivamente ribadito come impegno congiunto anche da parte dei leader dei Paesi del G20.
Dopo anni di lavoro e ampie discussioni su come dovesse cambiare a livello internazionale la tassazione della economia digitale, che ricordiamo non è solo quella riferibile alle Big Tech ma anche a tutte quelle imprese multinazionali che utilizzano piattaforme digitali per fare business, si è trovato un’unione d’intenti sulla definizione di un’imposta minima globale con di fatto una parziale riallocazione degli utili tassabili ai Paesi dei mercati di sbocco dei prodotti e servizi delle imprese. Dagli studi effettuati si ipotizza una riallocazione di più di 125 miliardi di dollari in relazione ad un campione di circa 100 tra le maggiori multinazionali. Utili che non avrebbero potuto essere tassati in base alle norme attualmente in vigore che fondano la pretesa impositiva sul reddito d’impresa in base alla residenza fiscale delle società, con l’eccezione del reddito prodotto in altro Stato per il tramite di una presenza stabile.
L’accordo raggiunto si concretizzerà a breve in una direttiva europea ed il 2022 sarà un anno di transizione e di definizione delle regole verso l’applicazione a regime della Global minimum tax che dovrebbe avvenire con il primo gennaio 2023; interessante notare che è prevista una clausola di standstill in base alla quale le imposte sui servizi digitali (digital tax) esistenti e altre simili dovranno essere congelate o abolite entro un certo periodo di tempo e a determinate condizioni. Imposte dal carattere unilaterale e divisivo che molto han fatto discutere e che da tempo si voleva superare con un sistema più equo e bilanciato.
La valutazione positiva di questo accordo s’inserisce nel più ampio scenario degli obiettivi di sostenibilità internazionale; definire le regole per un sistema fiscale più stabile e più equo consentirà di ristabilire la fiducia degli stakeholders interessati, una concorrenza fra imprese non più basata su vantaggi differenziali generati da pianificazioni aggressive e un maggior gettito a livello dei Paesi spesso penalizzati dal suddetto arbitraggio fiscale.
Come affermato dal presidente Biden questo accordo “ci avvicina alla fine definitiva di quella corsa al ribasso, per garantire che le società più profittevoli paghino la loro giusta quota e forniscano ai governi le risorse da investire a favore dei lavoratori e delle proprie economie nazionali”.
“Le imposte sono importanti fonti di entrate pubbliche e sono fondamentali per la politica fiscale e la stabilità macroeconomica dei Paesi. Le Nazioni Unite riconoscono che esse svolgono un ruolo fondamentale per il raggiungimento degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile. Sono anche un meccanismo chiave attraverso il quale le organizzazioni contribuiscono alle economie dei Paesi in cui operano.
La rendicontazione pubblica in materia fiscale aumenta la trasparenza, promuovendo fiducia e credibilità nelle pratiche fiscali adottate dalle organizzazioni e nei sistemi fiscali. Consente agli stakeholder di esprimere giudizi informati sulle posizioni fiscali di un’organizzazione. La trasparenza fiscale informa anche il dibattito pubblico e sostiene lo sviluppo di una politica fiscale socialmente accettata”, spingendo ai margini gli evasori e la cultura della non compliance.
La trasparenza e fairness fiscale sono, quindi, elementi fondamentali per garantire le risorse necessarie allo sviluppo dei programmi anche ESG dei Paesi. La Corporate Tax responsibility diventa parte della più ampia responsabilità sociale che le imprese hanno in relazione all’implementazione di strategie fiscali e al pagamento delle imposte.
La riforma fiscale in Italia dovrebbe auspicabilmente rafforzare la cultura della compliance garantendo un sistema premiale (i.e. riduzione sanzioni, fast track in caso d’interlocuzione con le autorità fiscali, depenalizzazione ecc.) a chi adotta sistemi di prevenzione e controllo del rischio fiscale e congruamente contribuisce alla sua obbligazione tributaria.