Giuseppe Arnone, presidente della Fondazione Italiani in Europa, ha voluto affrontare l’emigrazione di oggi, comparandola a quella di un tempo. Il quadro che ne viene fuori, in un clima radicalmente diverso rispetto a quello del Dopoguerra, è che l’emigrazione italiana sia mutata in modo assoluto, tanto che oggigiorno più che di emigrati sarebbe opportuno parlare di… La recensione di Nunzio Panzarella
Nemmeno la pandemia arresta l’emigrazione italiana. A dirlo la Fondazione Migrantes, che in un suo recente rapporto ha sottolineato come, nell’anno del Covid, l’Italia abbia perso quasi 384 mila residenti sul suo territorio e ne abbia guadagnati 166 mila all’estero: un aumento di presenza all’estero del 3% nell’ultimo anno.
In particolare, è la Sicilia, con oltre 798 mila iscrizioni, la regione con la comunità più numerosa di residenti all’estero. Insomma, c’è un’altra Palermo fuori dai confini nazionali. Italiani nel cuore, saggio pubblicato da Rubbettino e che uscirà in questi giorni, analizza attentamente la situazione della fuga dei cervelli e dei nuovi modelli di emigrazione giovanile verso i principali Paesi europei.
L’autore Giuseppe Arnone, presidente della Fondazione Italiani in Europa, ha voluto affrontare un l’emigrazione di oggi, comparandola a quella di un tempo. Il quadro che ne viene fuori, in un clima radicalmente diverso rispetto a quello del Dopoguerra, è che l’emigrazione italiana sia mutata in modo assoluto, tanto che oggigiorno più che di emigrati sarebbe opportuno parlare di expat, nel senso anglosassone della parola, portatori del soft power culturale italiano all’estero, in virtù di skill e know how elevati, (diametralmente opposti agli italiani, senza formazione, che emigravano negli anni ’50 o ’60, incarnati dal goffo Pasquale Amitrano, l’emigrato “tipo” raccontato da Carlo Verdone nel 1981 nel suo celeberrimo Bianco rosso e verdone).
Il pamphlet ha incassato anche attestati di stima da parte di personaggi della cultura come Vittorio Sgarbi, che ne ha scritto la prefazione, affermando che “l’Italia sta vivendo una nuova stagione migratoria, ma le conseguenze di questo percorso sono apparse nell’ultimo quinquennio aggravando una strada che l’Italia sta pericolosamente percorrendo velocemente e a senso unico, caratterizzata
da svuotamento e spopolamento, dove alle partenze non corrispondono i ritorni. Sempre per l’eminente critico d’arte, nella grande epoca della globalizzazione – che dovrebbe intendersi quale viaggio di idee più che siluro omologante – viaggiano, e spesso non ritornano, anche tanti ragazzi, chi per necessità lavorative, chi per specializzarsi in Paesi più interessati all’acquisizione delle competenze”.
L’Italia attualmente investe nella formazione primaria lasciando a un altro Paese il potere di proseguirla, perfezionarla e persino assorbirla. Nessuna agevolazione fiscale, nessun interesse per il recupero dei rapporti con i conterranei emigrati, nessun potenziamento delle strutture di comunicazione per una cittadinanza più attiva. Sulla tematica e sul lancio editoriale è intervenuto anche Roberto Lagalla, Assessore regionale all’Istruzione di Regione Siciliana, già Rettore dell’ateneo palermitano.
Per Lagalla, “la migrazione del capitale umano è inevitabile in un contesto mondiale globalizzato. Nostro dovere è preparare i giovani alle sfide della competitività internazionale, migliorando la qualità dell’istruzione, e mantenerli o attirarli al nostro mondo della produzione e del lavoro, creando contestualmente le migliori condizioni per un reale sviluppo territoriale.”