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Torna Sex and the city, la rivoluzione (politica) coi tacchi a spillo

Arriva il 9 dicembre il reboot della serie che alla fine degli anni ’90, nell’era del post-femminismo, è diventata un cult e ha lanciato una rivoluzione gentile fra leggerezza e ironia. Un vero colpo mortale al maschilismo di un’America che era ancora legata a vecchi stereotipi. L’attualità della serie tra la borsa Birkin di Christine Lagarde e le scarpe Manolo Blahnik di Brigitte Macron

Sex and the city è il classico esempio di come fare politica senza mai parlare di politica. Una serie rivoluzionaria? Sì, ma ha affilato le armi di pelle, griffes e baby doll.

La cosiddetta “rivoluzione coi tacchi a spillo” nell’era del post-femminismo di fine anni ’90 ha inferto un colpo mortale al maschilismo di un’America ancora legata a vecchi stereotipi. Secondo la critica televisiva Marina Pierri, la fiction lanciata nel 1998 da HBO “è stata detonante”. Ma di fatto, cosa ha fatto esplodere? È presto detto: il women power col doppiopetto, quello abbottonato.

Le Manolo Blahnik vertiginose care alla protagonista Carrie Bradshaw passano dai piedi delle star a quelli della première dame francese Brigitte Macron. E la Birkin di Hermès, che in una puntata della serie diventa l’accessorio principe delle donne di successo, arriva al braccio di una potentissima della terra, ovvero, il presidente della Bce, Christine Lagarde. E non manca la versione italiana: Daniela Santanché ne vanta una gamma in vari colori e non se ne separa mai.

Insomma, le giacche dalle spalline esagerate di Melanie Griffith non rientrano più nel dress code della donna in carriera, anzi. Nelle aule parlamentari crolla perfino il tabù delle maniche a giro e Maria Elena Boschi le esibisce tra i banchi del governo.

Ma torniamo a Christine Lagarde. Borsa a parte, cos’ha da spartire con Sex and the city? Ma il sesso, ca va sans dire! Se lo scrittore francese Yann Moix dice di non riuscire ad amare una cinquantenne, perché a “quell’età il corpo di una donna non ha niente di straordinario”, lady Euro, con nonchalance risponde: “Ci tengo a ribadire il concetto che a 50 anni e anche oltre si può essere straordinariamente felici, e sotto tutti i punti di vista… mentale, fisico e sessuale”. E aggiunge di fare cyclette mentre legge i dossier e di praticare body building per evitare le odiose braccia a tendina.

E non è quello che ripete Sara Jessica Parker, alias Carrie Bradshaw, quando risponde alle accuse sessiste sul reboot della serie, che partirà il 9 dicembre su Sky e Now tv, secondo le quali le interpreti, ultracinquantenni, sono fuori tempo massimo per questo tipo di telefilm? Perché? I rapporti tra sesso, politica e religione hanno un’età o sono gli stessi di sempre? In una puntata della quarta stagione, Carrie intreccia una relazione con un politico dalle abitudini sessuali un po’ perverse, che la lascia con una motivazione discutibile: è poco opportuno farsi vedere in giro con una giornalista che cura una rubrica sul sesso. Ma chi di sesso ferisce, di sesso perisce. E la resistenza bigotta del malcapitato politico, con tutte le sue segrete perversioni, sarà smascherata proprio tra le righe della vituperata rubrica.

Dunque, non è più Jackie contro Marilyn o Hillary contro Monica. Né first Lady, né cortigiana. La donna incarna il potere, non gli fa da spalla. Probabilmente, Donald Trump non aveva ben chiaro questo concetto quando accettò di fare un piccolo cameo nella serie. Di certo, non immaginava che Cynthia Nixon, Miranda Hobbes nel telefilm, anni dopo, si sarebbe mai candidata alla carica di governatore dello Stato di New York contro Andrew Cuomo per portare avanti problematiche non da poco come i diritti lgbtq. Sappiamo com’è andata. L’ha spuntata Cuomo, ma siamo così sicuri che la Nixon abbia perso?

Il mondo è in trepidante attesa per il ritorno delle quattro eroine spregiudicate di Manhattan e non c’è testata che non ne parli, mentre the Donald è stato bannato dai social e fatica pure a veicolare i suoi messaggi. Al contrario, i messaggi dal sapore politico implicito di Sex and the city fanno ancora proseliti: il sesso libero, i rapporti gay, l’infertilità e le adozioni, l’aborto, il divorzio. Il tutto con la leggerezza e l’ironia di una rivoluzione gentile, ma non sarebbe la prima volta che i tacchi a spillo mettono al tappeto un uomo e l’ingombrante bagaglio di valori out di una società very very old.

E dopo il 9 dicembre che succederà? Un altro detonatore in azione? Un’altra guerra a raffiche di Birkin e Manolo Blahnik per abbattere gli ultimi baluardi della resistenza perbenista? Ce lo auguriamo. La politica ha ancora bisogno di Sex and city per dimenticare la banalità del presente. Come diceva Coco Chanel: “La moda riflette sempre i tempi, ma quando i tempi sono banali preferiamo dimenticarlo”.



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