Gli accessi per patologie di interesse neuropsichiatrico sono cresciuti dell’84% rispetto al periodo pre-Covid. Fa paura quest’ondata. Siamo allenati a trattare il dolore, la sofferenza, ma questa volta è diverso, i numeri crescono esponenzialmente. L’intervento di Giusi Sellitto, medico neuropsichiatra infantile, Unità Operativa Neuropsichiatria Infanzia Adolescenza Asst-Santi Paolo e Carlo, Milano
Nell’ultimo anno si è registrato un boom di accessi di minorenni nei pronto soccorso per motivi neuropsichiatrici. A rilevarlo sono i dati di un’indagine della Società italiana di pediatria (Sip) condotta in 9 regioni italiane (Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Umbria). Durante la pandemia (marzo 2020-marzo 2021)
Gli accessi per patologie di interesse neuropsichiatrico sono cresciuti dell’84% rispetto al periodo pre-Covid.
In particolare, sono aumentati del 147% gli accessi per “ideazione suicidaria” seguiti da depressione (+115%) e disturbi della condotta alimentare (+78.4%). Le regioni in cui si è documentato un maggiore incremento di accessi per patologie neuropsichiatriche infantili sono state Emilia-Romagna (+110%), Lazio (+107.1%) e Lombardia (+100%).
Anche i ricoveri, con posti letto occupati al massimo della loro capienza per settimane, hanno registrato un incremento che ha sfiorato il 40%. Anche in questo caso la principale causa è stata l’ideazione suicidaria (+134%) seguita da depressione (+41,4%) e disturbi della condotta alimentare (+31,4%).
E poi c’è l’allarme della Sinpia – Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza – lanciato in conclusione del 29° Congresso Nazionale della Società tenutosi tra il 3 e il 6 novembre alla presenza di oltre 500 neuropsichiatri infantili e di più di 80 tra relatori e moderatori nazionali e internazionali.
La pandemia sembra aver svuotato di significato la vita di molti ragazzi. Soffrono, ma non la tollerano la sofferenza. Trovano sollievo facendosi intenzionalmente male. E, in alcuni casi, oggi purtroppo non così rari, decidono di farla finita. Non hanno speranze per il futuro, non sentono di potercela fare, vedono nella morte la soluzione.
Fa paura quest’ondata, fa tremare i polsi, fa dannare, fa disperare, è angosciante, toglie il sonno.
Siamo allenati a trattare il dolore, la sofferenza, ma questa volta è diverso, i numeri crescono esponenzialmente, sono tanti, troppi.
C’è bisogno di tempo per ciascuno di loro, per le loro famiglie, per rianimare le loro menti, rimettere insieme i pezzi, i loro progetti, provare a riaccendere quelle luci spente.
Ho sempre considerato la nostra, una vocazione più che una professione, non ci occupiamo di casi, ci occupiamo di persone.
Eppure non c’è spazio per tutti, non c’è tempo per tutti, non ci sono posti letto per tutti.
Ricevere continue richieste di genitori disperati che non riescono a trovare posto nei servizi pubblici per i figli con disturbi depressivi e disturbi neuropsichiatrici e non riuscire ad esaudire le loro richieste è disumano oltre che non etico. Abbiamo giurato “di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza” è inaccettabile continuare a ripetere che non siamo in grado di prendercene cura. È insopportabile.
È un’ondata silenziosa, noi operatori della salute mentale, siamo in prima linea, ma senza strumenti sufficienti.
Siamo esposti a stress, desolazione, dolore e questo ci pone molto a rischio.
Siamo soli. È un’onda più grande di noi c’è bisogno di rinforzi, risorse, condivisione, gruppi di aiuto.
Le risposta territoriale a questi bisogni è estremamente carente, e c’è bisogno di potenziare i servizi di NPIA presenti sul territorio garantendo tutte le figure necessarie (neuropsichiatri, psicologi, logopedisti, terapisti della neuropsicomotricità dell’età evolutiva, infermieri, assistenti sociali, educatori professionali).
C’è bisogno di incrementare i posti letto di Npia per poter rispondere all’esponenziale aumento dei disturbi neuropsichiatrici.
Non abbiamo più tempo, bisogna investire in servizi e programmi di salute mentale a livello nazionale. Il cervello è il bene più prezioso che abbiamo, di fatto è il cervello a determinare in larga misura chi siamo e cosa facciamo, dobbiamo occuparcene e subito.