La controversa acquisizione di VKontakte da parte di società affiliate a Gazprom rappresenta la pressione del Cremlino sulla più importante rete di social media. Il nuovo ceo dell’holding sarà Vladimir Kiriyenko, figlio di Serguei Kiriyenko, primo vicecapo del personale dell’amministrazione del Cremlino
Nuove mosse dal fronte informatico in Russia. Il governo di Vladimir Putin ha cominciato ad applicare ai social network le stesse procedure impiegate per le emittenti televisivi. La scorsa settimana, Gazprombank ha trasferito il 45% delle azioni di MF Technologies JSC a Gazprom-Media Holding JSC, che casualmente è gestita dall’ex direttore di Roskomnadzor Alexander Zharov. Roskomnadzor è l’organo regolatore delle comunicazioni che promuove sanzioni contro Google, Meta, YouTube o Tik-Tok.
In questa nuova organizzazione delle partecipazioni, MF Technologies possiede il 57,3% delle azioni con diritto al voto di VKontakte (VK), la più grande rete social d’Europa e una delle più grandi del mondo. La holding VK ha il portale Mail.ru, Odnoklássniki e la piattaforma social VKontakte, detta il Facebook russo, con 100 milioni di utenti mensili. Rappresentanti di Gazprom-Media hanno dichiarato all’agenzia TASS che la holding è il più grande produttore di contenuti popolari e il più seguito in Russia.
Con il cambio di struttura è arrivato anche un nuovo direttore, Vladimir Kiriyenko, figlio di Serguei Kiriyenko, primo vicecapo del personale dell’amministrazione del Cremlino.
Sergei Kiriyenko è una delle figure più influenti della politica russa ed è stato sanzionato dall’Unione europea e dal Regno Unito nel 2020 per l’avvelenamento dell’oppositore al Cremlino, Alexei Navalny.
Prima del nuovo incarico come ceo di VK Group, Kiriyenko è stato vicepresidente di Rostelecom, una società di telecomunicazioni statale. Kiriyenko figlio sarà l’amministratore delegato di VK Group, che controlla VKontakte e una ampia rete di attività informatiche russe. La nomina è stata approvata all’unanimità dal consiglio di amministrazione di VK.
Secondo il sito The Moscow Times, “la mossa segue una controversa acquisizione di VK da parte di società affiliate al colosso del gas di proprietà statale Gazprom, in quello che i commentatori hanno detto essere un segno del Cremlino che stringe la presa sull’importante rete di social media”. VKontakte era stata fondata dall’imprenditore russo Pavel Durov, che l’ha venduta nel 2014 sotto presunte pressioni dell’FSB.
“L’azienda continuerà a sbloccare nuovi mercati – ha dichiarato Kiriyenko dopo l’annuncio della nomina – e a testare nuovi prodotti mentre ci concentriamo sull’espansione del nostra portale e sul coinvolgimento degli utenti. L’azienda ha una potente piattaforma per un’ulteriore crescita e realizzare il suo pieno potenziale come azienda, come datore di lavoro e come società pubblica, è una sfida che non vedo l’ora di affrontare”.
Per il Financial Times, l’acquisizione di VKontakte “ha la sensazione di atto finale di una lunga saga di strisciante di controllo statale sulla società. La traiettoria del sosia di Facebook ha rispecchiato quella dell’internet russo nel suo insieme – dalla Ru-net a ruota libera degli anni 2000 a quella che viene sempre più chiamata rete sovrana dai media locali oggi – mentre il Cremlino si assicura un controllo sempre maggiore”.
Sarkis Darbinyan, avvocato per i diritti digitali ha detto al Financial Times che VKontakte ha iniziato a condividere i dati degli utenti con le forze dell’ordine (come richiesto dalla legge) e si è adeguato all’agenda del Cremlino. Ora l’influenza indiretta si è trasformata in proprietà diretta. La promozione di VKontakte sotto il controllo di Gazprom potrebbe essere un modo utile per riportare gli utenti russi alle piattaforme domestiche.
In Russia, c’è una chiara tendenza verso un maggiore controllo della rete, con forti pressioni sulle imprese tecnologiche straniere. Da marzo, il traffico su Twitter è molto rallentato, e altre imprese – come Google – sono state multate. Infine, a settembre Roskomnadzor ha bloccato sette applicazioni di rete privata Vpn, che permettevano l’accesso a siti web censurati in Russia. Tra le pagine oscurate, molte piattaforme che sostenevano Navalny.