Silvia Brandani ha letto per Formiche. net “Crepacuore. Storia di una dipendenza affettiva” (Rizzoli) di Selvaggia Lucarelli. Un racconto autobiografico di una relazione tossica, narrato con molto coraggio
“Crepacuore non è la storia di un amore tragico e infelice tra una giovane vittima e un gaglioffo. Non è nemmeno un j’accuse che denuncia il narcisista. È un manifesto della dipendenza affettiva”.
Comincia con queste parole la prefazione della dottoressa Canovi all’ultimo libro di Selvaggia Lucarelli “Crepacuore. Storia di una dipendenza affettiva” edito da Rizzoli.
Il libro è stato anticipato da un podcast della Lucarelli di sei episodi scaricato da circa un milione di persone uscito a marzo 2021 e intitolato “Proprio a me”. In molti hanno scritto all’autrice email e messaggi per raccontare e condividere esperienze simili di relazioni tossiche e anche per ringraziarla di aver parlato di un argomento poco conosciuto.
Sicuramente ci sono voluti molto coraggio e molta fatica a raccontare una storia così distruttiva. Lo stesso fidanzato della scrittrice, Lorenzo Biagiarelli, il giorno in cui è uscito il libro ha scritto un post su Instagram dove dichiara: “Piccolo off topic: oggi è uscito il nuovo libro della mia dolce metà. Lo saprete già perché la seguite tutti, ma io ve lo ricordo lo stesso. Perché so quello che le è costato, emotivamente, raccontare questa storia. Perché è terapeutico per tutti, anche per chi pensa di no…”.
È un libro che si legge tutto d’un fiato, dagli inizi idilliaci della relazione tra la scrittrice e questo uomo affascinante ed egocentrico fino all’episodio del tappo dell’ammorbidente avvenuto quando la Lucarelli ed il figlio Leon, avuto da un precedente matrimonio, si trasferiscono a casa sua a Milano.
“Dopo qualche giorno di convivenza feci un’innocua lavatrice. Lui tornò dal lavoro, andò nella stanza lavanderia e lo sentii mugugnare: ‘Non hai avvitato bene il tappo dell’ammorbidente’, sottolineò con freddezza. ‘Ah ok’ risposi distrattamente. ‘No. Non è ok. Se non avviti il tappo e durante la centrifuga il flacone cade, il liquido finisce per terra, sul mio parquet. Sei pregata di avere più attenzione per la casa e per tutto quello che ci sta dentro, sempre se ne sei capace’”.
Inizia così a delinearsi il profilo di tale compagno, con le sue manie ed i suoi limiti, ma dal quale l’autrice non riesce a staccarsi se non per alcuni periodi. La relazione da nociva diventa anche pericolosa, ma la dipendenza resta forte. Una dipendenza reciproca dove i ruoli di vittima e carnefice si confondono.
Ci sarà un lieto fine? Non aggiungo altro ma vorrei chiudere con questa frase della Lucarelli posta alla fine del libro: “Ci sono storie come certi quadri appesi: tutti li vedono storti, tranne i due abitanti della casa. Storie che non hanno nulla a che fare con la felicità e, soprattutto, con l’amore”.