Giornali di nuovo in edicola dopo la pausa natalizia. La politica compulsa nervosamente l’editoriale di Mieli, mentre Bossi e Urbani stoppano Berlusconi
Dopo la pausa di Natale e Santo Stefano, mangiato il panettone, i giornali sono tornati oggi in edicola. E l’editoriale più inoltrato da politici e addetti ai lavori sulle varie chat è senza dubbio quello di Paolo Mieli sul Corriere della Sera. Racconta la “rivincita” della politica, che ha reagito con toni stizziti ai messaggi “espressi con parole garbate, a tratti ironiche, senza alcuna iattanza” dal presidente del Consiglio Mario Draghi che ha fatto capire che l’approdo al Quirinale è una delle possibilità. L’altra è di rimanere a Palazzo Chigi. L’altra di tornarsene a casa.
Secondo Mieli “siamo in prossimità di un passaggio politico-istituzionale dagli infiniti risvolti”. Il nostro sistema, continua, “è stato costretto ad affrontare ben tre collassi negli ultimi trent’anni”: nel 1993 Carlo Azeglio Ciampi passa dalla Banca d’Italia a Palazzo Chigi per poi, sei anni dopo, arrivare al Quirinale; nel 2011, la nascita del governo di Mario Monti fortemente voluto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano; “adesso è la volta di Draghi che fuori dai nostri confini ha ottenuto complimenti e titoli di giornale ancora più entusiastici di quelli riservati ai suoi due predecessori”. Mieli punta il dito contro i partiti, “sordamente irritati quando l’azione di questo genere di capi di governo provenienti da fuori ha avuto successo. E ansiosi di prendersi al più presto quel genere di ‘rivincita’ di cui si è detto all’inizio. Il tutto mentre, come sostiene con parole sorprendentemente esplicite perfino Gustavo Zagrebelsky, almeno ‘in parte’ l’istituzione presidente della Repubblica è stata via via indotta ad appropriarsi ‘impropriamente’ di ‘compiti e poteri di governo’. Un finale di partita non incoraggiante”.
Che cosa pensa Draghi? Il Giornale scrive: “Raccontano, è ‘assolutamente tranquillo’ e ‘concentrato sull’azione di governo’. Sicuro. Solido. Energetico. Padrone della situazione”. Perché? Perché “adesso” è lui “a stabilire le condizioni”: non vuole “finire impantanato nella palude dei partiti, senza riuscire a incidere”.
Franco Debenedetti è convinto che Draghi “abbia posto non le condizioni per la sua elezione al Quirinale, ma quelle per la sua permanenza a Palazzo Chigi”.
In ogni caso, però, chiosa il Giornale di casa Berlusconi, “dalla sua prospettiva quello che conta è la compattezza della maggioranza: se va in frantumi per il Colle, sarà difficile che si ricomponga per sostenere un governo impegnato a mettere in sicurezza sanitaria ed economica l’Italia”.
Mieli annota: “Draghi, al momento, sembrerebbe fuori dalla corsa al Colle”. E cita due presidenti della Corte costituzionale come possibili successori di Sergio Mattarella, anch’egli membro della Consulta: quello di Marta Cartabia, ora ministro della Giustizia, e quello di Giuliano Amato, ex presidente del Consiglio e prossimo presidente della Corte.
Per Umberto Bossi, fondatore della Lega Nord, alla fine “la spunterà” l’ex presidente della Camera Pierferdinando Casini. “Draghi sta governando abbastanza bene ma se davvero vuole arrivare al Colle deve stare attento soprattutto alla sinistra”, ha detto al quotidiano La Stampa. “A sceglierlo come presidente del Consiglio è stato anche [Silvio Berlusconi] che ha preferito lui, un banchiere centrale, a un banchiere d’affari. Magari la sinistra all’ultimo lo taglia”, ha continuato. Quanto a Berlusconi che, secondo il Sole 24 Ore sente che gli mancano ancora 52 grandi elettori per coronare il sogno Quirinale, Bossi ha aggiunto: “Ricordiamoci sempre che il presidente della Repubblica è anche il capo dei magistrati. E i magistrati sappiamo che rapporto hanno con lui”.
Non è però passato inosservato un articolo di Repubblica. Titolo che non ha bisogno di approfondimenti: “Quirinale, nei giorni del voto Berlusconi sarà alla sbarra per le ‘cene eleganti’”.
Dice no a Berlusconi anche l’ex ministro di Forza Italia Giuliano Urbani, tra i pionieri del partito: “Sarebbe un Presidente super partes più nell’apparenza che nella sostanza”, ha detto proprio a Repubblica. E “in questo momento storico al Paese serve una presidenza che unisce, non che divida”.
Se il nome dovesse arrivare dal centrodestra, ecco l’ipotesi di Marcello Pera, altro pioniere di Forza Italia ed ex presidente del Senato. Un articolo con cui il Corriere della Sera a inizio novembre lo lanciava, ora è tra i più letti tra i politici. Fanno ragionare, da entrambe le parti, gli ultimi passaggi, quelli dedicati agli scritti con il papa emerito Benedetto XVI pubblicati sotto il titolo “Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, Islam”.
Anche nel centrosinistra c’è chi scalda i motori. Ultimo nome a circolare è quello di David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, fatto da Tag43, il giornale diretto da Paolo Madron. C’è anche l’ipotesi Paolo Gentiloni, ex presidente del Consiglio oggi commissario europeo all’Economia, che potrebbe rappresentare la carta coperta del segretario del Partito democratico Enrico Letta.
Mancano poche settimane ormai. E all’incognita sul nome per il Quirinale se ne aggiunge un’altra: la variante Omicron che minaccia “la tenuta sanitaria del Palazzo e il quorum che può crollare di brutto”, racconta il Quotidiano nazionale.