Tante, troppe criticità sulla legge per la disciplina della rappresentanza di interessi appena approvata in prima lettura. La speranza è che il passaggio in Senato possa risolverle, il timore è che si inneschi una navetta parlamentare che affossi l’approvazione della legge. Il commento di Alessandro Fonti, Senior consultant Open Gate Italia
Il testo sulla disciplina della rappresentanza di interessi è stato approvato pochi minuti fa in aula della Camera dei deputati. Sebbene si tratti di una prima lettura e quindi necessiti almeno di un ulteriore passaggio parlamentare in Senato, la speranza è che dopo innumerevoli tentativi si arrivi entro la fine di questa legislatura a normare una professione con peculiarità che vanno ben oltre quanto raccontato erroneamente da certi film che dipingono il lobbysta come un losco figuro che si intrufola nelle stanze del potere. Tuttavia, analizzando quanto previsto dalla legge in questione, se alcune disposizioni rispondono ad esigenze emerse negli ultimi anni da più parti e sono totalmente condivisibili, altre destano forti perplessità.
Istituzione di un registro presso l’Agcm, trasparenza dell’elenco di chi si occupa di rappresentanza di interessi e pubblicità della propria agenda di incontri sono assolutamente necessari e si inseriscono lungo il solco tracciato negli ultimi anni da alcuni ministeri e dalla Camera dei deputati (sebbene, quest’ultima, con luci ed ombre).
Il raffreddamento di un anno previsto per alcuni ex titolari di prestigiosi incarichi politici e una sorta di conventio ad excludendum per altri sono invece i punti più criticabili. Anzitutto nell’applicazione pratica.
Raffreddamento per alcuni “decisori pubblici” significa che non possono iscriversi al registro dei rappresentanti di interesse durante l’esercizio del loro mandato, nonché l’anno successivo alla fine del mandato stesso, tanto i membri del governo nazionale quanto gli assessori regionali indipendentemente dal peso della regione (questi i decisori pubblici per cui è previsto il raffreddamento nel testo unificato, art. 2 comma 1 lettera d), combinato con l’art. 4 comma 6 lettera b)).
Viene equiparato quindi, di fatto, il ministro dell’Economia all’assessore di una piccola regione italiana. Qualcosa non quadra. Peraltro, chi si occupa con cognizione di causa di lobby è spesso qualcuno che conosce i processi decisionali avendoli toccati con mano. E allora, con tutti gli accorgimenti di trasparenza e pubblicità del caso, perché impedire ex lege per un anno uno sbocco professionale naturale a chi ha svolto, magari con passione, attività politica ed ha ottenuto da essa anche qualche piccola soddisfazione personale?
Singolare per altro equiparare i giornalisti (anche essi non si possono iscrivere al registro, sempre articolo 4) agli ex ministri. Una differenziazione si può avere forse con l’ex ministro, con l’ex parlamentare o con l’ex sindaco di una grande città (gli ultimi due sono invece esclusi dal periodo di raffreddamento), non certo con un giovane che si è impegnato per un periodo della sua vita in politica o con un semplice iscritto ad un ordine professionale come quello giornalistico.
Le criticità di questa proposta di legge sono anche altre, molte delle quali ben evidenziate in articoli sul tema da diversi osservatori, e non voglio quindi soffermarmici più del dovuto, su tutte basti citare il trattamento privilegiato riservato a organizzazioni sindacali e a organizzazioni di imprese (la Confindustria per intenderci), che rappresentano correttamente interessi di parte, ma che non sono sottoposti ad alcun obbligo di trasparenza o di iscrizione al registro. Un buon giurista parlerebbe di disparità di trattamento.
Insomma, la speranza è che il passaggio in Senato possa risolvere tante criticità emerse, il timore è che si inneschi una navetta parlamentare che affossi l’approvazione della legge. D’altronde fa per certi versi sorridere come una legge sulla regolamentazione della lobby sia stata così fortemente influenzata dalle lobby stesse, sia essa degli ex parlamentari o dei capi di gabinetto (non si fa cenno al raffreddamento neanche per gli ex capi di gabinetto, loro sì titolari di un potere significativo durante il proprio mandato e anche dopo).
Tuttavia, forse, se bisogna approvare una cattiva legge è meglio non approvarne alcuna e sollecitare invece chi si occupa di lobby a dotarsi di un codice di auto condotta su base volontaria. Almeno fino a quando il legislatore non ricorderà la frase di uno dei più importanti giocatori di hockey di tutti i tempi, Wayne Gretzky, resa celebre da Steve Jobs che la citò quando il 9 gennaio 2007 presentò a San Francisco il primo I-phone: “Io pattino dove il disco sta andando, non dov’è appena stato”. Mutatis mutandis, una buona legge non può presentare profili critici già nel momento stesso in cui viene approvata. Il compito del legislatore dovrebbe essere questo.