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Filiere strategiche resilienti. Il caso della cosmetica

Di Benedetto Lavino e Gian Andrea Positano

La distribuzione del settore cosmetico ha affrontato grossi cambiamenti, ma con un altrettanto grande successo. Ma non solo. C’è una visione di medio-lungo termine che da sempre lo caratterizza, insieme al suo impegno nella fabbricazione di cosmetici indispensabili per il benessere della popolazione. Il punto di Benedetto Lavino, vicepresidente di Cosmetica Italia, e Gian Andrea Positano, responsabile Centro studi di Cosmetica Italia

Come hanno reagito le aziende cosmetiche all’emergenza? Quali iniziative hanno messo in atto per far fronte ai condizionamenti globali imposti dalla pandemia? Quali strategie hanno elaborato per rispondere ai lockdown e alle chiusure più o meno parziali dei punti vendita in Italia e all’estero?

Risponde a questi interrogativi un’indagine del centro studi di Cosmetica Italia che, da febbraio 2020, monitora il comportamento delle imprese per dar luce alla loro capacità di reazione alla crisi da Covid-19.

Dall’analisi emerge che, nell’arco degli ultimi diciotto mesi, l’intera filiera cosmetica ha integrato nei propri meccanismi nuove strategie per far fronte alle mutate abitudini d’acquisto. Dalla risposta data ai profondi cambiamenti che la stessa distribuzione ha dovuto affrontare per adeguarsi alle opzioni di consumo, arriva la conferma della flessibilità produttiva del comparto beauty e della visione a medio-lungo termine che da sempre lo caratterizza, insieme al suo impegno nella fabbricazione di cosmetici indispensabili per il benessere della popolazione.

Se, infatti, la maggiore produzione di gel idroalcolici ha consentito di rispondere prontamente alle esigenze di igiene e tutela della salute, consentendo in molti casi la tenuta dei fatturati, dall’altro lato si osserva il profondo e repentino adeguamento delle attività d’impresa a cavallo della crisi.

Nella lettura dell’andamento a oltre un anno e mezzo di distanza dalla prima rilevazione, emergono importanti considerazioni su alcuni strumenti adottati per contrastare gli effetti della crisi sul business.

Nello specifico, il ricorso allo smart working si mantiene su alti livelli, passando da un operatore su tre a inizio pandemia, a circa tre su quattro nella seconda metà del 2021. La crisi generata dal Covid-19 ha sicuramente impattato sul panorama degli attori che compongono la filiera cosmetica: l’individuazione di nuovi fornitori è sia una scelta obbligata per la chiusura di alcune realtà, sia il desidero di rimodulare le modalità di approvvigionamento in ottica qualitativa e di razionalizzazione dei budget.

Anche l’anticipo degli acquisti è frutto di uno squilibrio repentino legato alla crisi; la pianificazione produttiva riscontra difficoltà, così come la filiera deve far fronte alla più complicata reperibilità delle materie prime e al relativo rincaro dei costi.

Ne consegue un’anticipazione, quando possibile, per accelerare la produzione e consolidare il vantaggio competitivo sul mercato. Il concetto di value for money che emerge nei periodi a cavallo delle crisi, ovvero la maggiore attenzione del consumatore verso il rapporto qualità-prezzo, porta a un forte orientamento delle attività di promozione, espresso da quasi il 43% degli operatori.

Il riposizionamento nei canali distributivi, confermato da due intervistati su tre, certifica il nuovo assetto cercato a monte (nuovi fornitori) alla luce dei più recenti format di vendita e delle scelte obbligate che i periodi di lockdown hanno condizionato negli acquisti di prodotti cosmetici.

In ultimo, collegato alle nuove scelte distributive, si registra l’investimento nel canale e-commerce, dichiarato da oltre un operatore su due: si rafforza la fiducia del consumatore nei brand che affiancano la velocità di fruizione e la comparazione di prodotto all’esperienza del punto vendita e la consulenza personalizzata che ne deriva.

Grazie agli indicatori tracciati, il comparto cosmetico italiano conferma a fine 2021 un fatturato a +10,4% per un valore di 11,7 miliardi di euro, con segnali confortanti anche da mercato interno (+8,5%) e domanda estera (+14%).

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