Molto netta la risposta di Napolitano, soprattutto nella forma, alla lettera aperta, sul “Corriere della Sera”, di Fausto Bertinotti. Formalmente, il Parlamento è libero di decidere. Ma con paletti ben precisi, posti dal Capo dello Stato, che considera “il frequente e facile ricorso a elezioni politiche anticipate come una delle più dannose patologie italiane”.
Ma questa libertà, conclamata, delle Camere non è, fortemente, limitata dal Presidente, quando egli riserva unicamente all’inquilino, per il secondo settennato, del Colle il dovere di mettere in guardia il Paese e le forze politiche rispetto ai rischi e ai contraccolpi assai gravi, in primo luogo sotto il profilo economico e sociale, che un’ulteriore destabilizzazione, e incertezza, del quadro politico e istituzionale comporterebbero per l’Italia”?
Le valutazioni, e le decisioni, autonome, su quanto sopra non dovrebbero competere, secondo la Costituzione, alle Camere e ai partiti?
Napolitano non smentisce l’impressione, che non è solo di Bertinotti, che il Quirinale consideri il governo Letta-Alfano l’unica soluzione possibile, “come se fosse prescritta da una volontà superiore o come se fosse oggettivata dalla realtà storica”.
Ma, in democrazia, anche nelle fasi più delicate, non è consentito a nessuno, neppure al Capo dello Stato, congelare o impedire la libera dialettica democratica. E su questo Napolitano elegantemente glissa.
La propensione a decidere per tutti appartiene a forme di governo autoritarie.
Forse, i meno giovani ricorderanno che qualcuno, molti anni fa, assicurò di non avere alcuna intenzione di “governare contro la Camera, che deve sentire la sua particolare posizione, che la rende passibile di scioglimento, tra 2 giorni o tra 2 anni”.
E somiglia, un po’, ai ripetuti allarmi di Napolitano sugli “azzardi”, che rischia il Paese, in assenza di una maggioranza stabile di governo, questa altra asserzione : “Al di fuori delle minoranze, che fanno politica militante, ci sono 40 milioni di persone, che lavorano, si riproducono, chiedono e hanno il diritto di non essere gettati nel disordine cronico, preludio sicuro della generale rovina!”.
Ovviamente, l’attuale Capo dello Stato è, oggi, un sincero democratico, dopo decenni di assoluta obbedienza al Pci staliniano. E non ha nulla in comune con Benito Mussolini, ex socialista, che esternò i concetti sopra citati, in un suo famoso discorso. Il filo conduttore dell’esternazione del Duce, alla Camera, il 3 gennaio 1925 era il pressante invito ai deputati, scossi e turbati dal feroce delitto Matteotti, a non intralciare il fascismo.
Napolitano, invece, riconosce che il Parlamento “è libero, in ogni momento, di votare la sfiducia al governo Letta”. Ma appare un’ammissione retorica e molto formale rispetto alla definizione del ricorso alle urne come una “patologia” da guarire.
Per fortuna, nel 2013, pure in presenza di un Presidente molto accentratore e decisionista, Napolitano mai ripeterà le cupe minacce di Benito :”Con 300 mila giovani, armati di tutto punto, e quasi misticamente pronti a obbedire a un mio ordine, potevo fare di quest’aula, sorda e grigia, un bivacco di manipoli e non l’ho fatto”.
E men che mai lo farà Re Giorgio 1, che avrebbe potuto sprangare quel “Parlamento dei nominati”, che lo ha issato 2 volte sul Colle. Ma non lo ha fatto. Almeno sinora…