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L’Italia deve ancora imparare a fare “memoria”. Scrive Robiati Bendaud

Di Vittorio Robiati Bendaud

L’Italia dovrebbe avere un suo giorno della Memoria, come fa la Francia commemorando la deportazione dal Velodromo, o l’Austria, ricordando la liberazione di Mauthausen. Con ogni evidenza la data italiana dovrebbe essere quella del 16 ottobre, il giorno del rastrellamento del ghetto di Roma. L’intervento di Vittorio Robiati Bendaud, saggista e coordinatore del tribunale rabbinico del Centro-Nord Italia

Il senso e l’utilità del Giorno della Memoria sono spuntati se tale data finisce per servire per lo più a commemorare con lacrime postume gli ebrei trucidati. L’importante sono gli ebrei vivi. Tradotto: la sfida non è fermarsi per il Giorno della Memoria, ma comprendere e combattere il male multiforme e insidioso dell’antisemitismo, precedente e successivo alla Shoah, di cui quest’ultima fu “solo'” una riproposizione macroscopica ed estrema. Questo a fronte, soprattutto, di un antisemitismo ovunque in crescita e dilagante.

La pandemia, ad esempio, ha contribuito anch’essa ad alimentarlo. Da un lato, vi è l’assurda autoidentificazione di molti no vax con gli ebrei perseguitati nella Shoah, a cui consegue una grave banalizzazione indebita della persecuzione nazifascista; dall’altro, simultaneamente, ricorre l’ossessione complottista, che avanza correlazioni tra gli ebrei, le case farmaceutiche e il dilagare del virus. Così si ripropone, aggiornato, un ben noto fenomeno medievale e seicentesco: l’ebreo, nemico acerrimo della società, la vuole mandare in rovina, godendone e guadagnandoci.

Nel Medioevo l’accusa era di avvelenare i pozzi; allora e nel ‘600, l’ebreo era accusato (e spesso espulso o ucciso) di ammorbare il mondo con la Peste. È urgente, pertanto, che queste complesse, secolari e ovviamente false mitologie antisemite vengano spiegate alle persone per quel che ne riguarda la genesi e il loro attuale riuso. Serve che le autorità religiose, come pure tutte le istituzioni di carattere politico e culturale, si impegnino concretamente nel contrasto dell’antisemitismo.

L’altra maggiore ondata contemporanea di odio contro gli ebrei è di tipo religioso, legato all’Islam politico, ovunque attivo in Europa, con connivenze politiche e accademiche, partnership economiche e investimenti milionari. In Francia la situazione è drammatica… E con gli ebrei, oggi, iniziano ad avere seri problemi anche i cristiani, con numerose decine di chiese incendiate negli ultimi tre anni, nel silenzio o nella disattenzione dell’opinione pubblica europea. O, ancora, li sperimentano quei musulmani che non vi si vogliono riconoscere, ma che hanno in Europa sempre meno voce nei quartieri perduti dell’Occidente. Anche in questo senso, vanno ricordate le enormi responsabilità dei governi europei acquiescenti da decenni con l’Islam politico, sia per ideologia (ancora una volta antisemita, l’antisionismo) sia per ragioni economiche molto concrete.

Basti pensare, solo rifacendoci alla storia italiana del dopoguerra, al lodo Moro, alle connivenze dello Stato con gli islamisti e all’attentato del 1982 alla sinagoga di Roma. Risuonano ancora forti le parole del presidente Cossiga su un quotidiano israeliano, circa tutto ciò: “Vi abbiamo venduti”. Senza contare le responsabilità di nazismo e fascismo che fomentarono e predisposero il terreno per la nascita di una vera e propria organizzazione di nazislamismo, i Fratelli Musulmani.

La Giornata della Memoria dovrebbe renderci vigili sui problemi in essere e questi sono macroscopici, affliggono il presente e stanno minando il futuro!

Sempre in tema di memoria, l’Italia ha davvero ancora molta strada da fare. Anzi, direi che deve ancora imparare a “fare memoria”. Si potrebbe iniziare organizzando i viaggi della memoria in Italia, facendoli qui restare.

Da Borgo S. Dalmazzo, campo nel cuneese, alla Risiera di San Saba, passando per Bolzano e per il ghetto di Venezia. Oppure da Roma, ad Ancona e Senigallia (due luoghi dove occorsero le peggiori violenze antiebraiche della storia della Penisola prima della Seconda Guerra mondiale) fino a Fossoli e al Binario 21 a Milano. Ciò obbligherebbe davvero il Paese a fare, per il suo bene, i conti con la Storia, dato che la Shoah è un punto di arrivo di un secolare cammino, e non si cadrebbe nella tentazione assolutoria di confinare il male Oltralpe, nella lontana Auschwitz, ai soli tedeschi (che nel Novecento, per inciso, si macchiarono, con orrido crescendo, di tre genocidi: Herrero e Nama, Armeni e poi Ebrei).

Una storia, la nostra, che vide inquietanti e mirabili trasformismi: come quello di Azzariti, da presidente del tribunale della razza, a primo presidente della nostra Corte Costituzionale… La pagina vergognosa e dolente, per nulla minore o accessoria, dell’assoluzione e del riciclo di osceni criminali, ancorché valenti intellettuali.

In questo solco, vado sempre più convincendomi che la data italiana del giorno della Memoria, identificata come per altri Paesi con il 27 gennaio, sia profondamente sbagliata. Credo piuttosto che l’Italia dovrebbe avere un suo giorno della Memoria, come fa la Francia commemorando la deportazione dal Velodromo, muovendo quindi da fatti della sua storia nazionale nel suo territorio, o l’Austria, ricordando la liberazione di Mauthausen, e non il 27 gennaio. Con ogni evidenza la data italiana dovrebbe essere quella del 16 ottobre, ossia quella del rastrellamento del ghetto di Roma.



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