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Controllato, censurato, sterilizzato. Come sarà il metaverso cinese

Decentralizzazione e anarchia finanziaria sono parole proibite nel Paese di Xi Jinping. Che sta giocando d’anticipo e predisponendo enti e regole che allarghino la Grande Muraglia digitale anche al mondo di Nft e criptovalute. Per un web3 che sia funzionale alla propaganda e all’istruzione di nuove generazioni allineate al regime

La scorsa settimana ha portato una serie di nuovi sviluppi sul metaverso, quello che (secondo le aziende che lo stanno costruendo) sarà la prossima iterazione del nostro rapporto con la tecnologia digitale. Trattandosi del riflesso informatico della società che lo crea, è probabile che esisteranno tante versioni del metaverso quante ne disegneranno i regolatori in giro per il mondo. Com’è avvenuto per internet, o nella fattispecie la sua versione cinese. Ma prima serve un passo indietro.

Il metaverso all’occidentale

Per come si sta delineando, il metaverso sarà un incrocio tra l’esperienza dei social media e un Matrix meno distopico; uno spazio virtuale e condiviso, un’estensione della realtà, con equivalenti digitali di identità, interazioni, proprietà e transazioni. Non è un caso che Nft e criptovalute, rappresentazioni digitali del terzo e quarto elemento rispettivamente, siano visti da molti come parte integrante delle fondamenta del metaverso.

Sia le crypto che gli Nft (attestati digitali di proprietà) sono costruiti sul principio di decentralizzazione alla base del web3, in cui si perde la centralità dei grandi fornitori di servizi e si opera su sistemi zero-trust e di trasparenza assoluta grazie alle blockchain. Siamo ancora lontani dall’arrivo, ma anche le Big Tech del web2 come Meta (ex Facebook, che ha cambiato il nome apposta) si muovono verso il metaverso.

Invece, in Cina…

Questo approccio alla vita digitale è, per ovvie ragioni, parecchio rischioso per un regime autocratico come quello cinese, che si regge su un impressionante livello di controllo ideologico, sociale e tecnologico sulla vita dei cittadini. Non deve sorprendere, dunque, che il metaverso cinese non sarà interoperabile, cioè non “parlerà” con gli altri e non permetterà il trasferimento fluido di dati e beni digitali, esattamente come il Grande Firewall segrega la rete del Dragone da quella globale.

La nascita del metaverso cinese avviene in un momento in cui il partito-Stato sta stringendo le maglie sull’economia digitale e sulla vita online dei cittadini, come scrivevamo su queste colonne, con misure che vanno dal mazziare le Big Tech al punire il culto online delle celebrità e limitare l’uso dei videogiochi, considerati corsia preferenziale per sviluppare le tecnologie del metaverso, e la prima modalità attraverso cui i più vi entreranno.

Sviluppo e regolamentazione

Pur in ritardo sulle concorrenti occidentali, anche le Big Tech cinesi si stanno muovendo verso il metaverso e le sue ghiotte opportunità commerciali. Secondo la società di consulenza Tianyancha, scrive Reuters, nell’ultimo anno oltre 1.000 aziende, tra cui pesi massimi come Alibaba e Tencent, hanno depositato circa 10.000 brevetti legati al metaverso.

C’è una differenza fondamentale rispetto all’evoluzione del web2, in Cina come altrove: i regolatori si stanno muovendo in anticipo per non trovarsi a rincorrere, com’è stato finora. La pesante correzione del 2021 di Xi Jinping ha impattato un’industria già dominante e in piena espansione.
Stavolta, invece, le autorità cinesi vogliono prendersi il tempo necessario per creare un metaverso a immagine e somiglianza del partito-Stato. Lo ha spiegato Du Zhengping, capo del Comitato per l’industria del metaverso della China Mobile Communications Association, ente sostenuto dallo Stato e fondato lo scorso ottobre.

Niente criptovalute

Anonimato e libertà (anarchia?) finanziaria delle criptovalute sono un evidente problema per la Cina. Che ha iniziato a limitarne l’uso già nel 2013, per arrivare alla messa a bando definitiva lo scorso settembre. Contemporaneamente Pechino spinge verso l’adozione di massa dello yuan digitale, che è interamente sotto il controllo degli organi dello Stato. È quasi certo che la valuta sarà parte integrante dell’economia digitale nel metaverso cinese.

Nft? Sulla blockchain di Stato

Oggi il grosso del mercato Nft si basa sulla blockchain di Ethereum, dove si certifica l’acquisto, dunque la proprietà, di un bene virtuale. Ma il corso scelto da Pechino prevede anche di sganciare gli Nft dalle blockchain pubbliche, incontrollabili da una singola entità e illegali in Cina, il cui governo impone che tutti i sistemi internet verifichino le identità degli utenti.

Martedì 24 gennaio la Blockchain Services Network (Bsn), una controllata dello Stato cinese attraverso il gigante delle comunicazioni China Mobile, ha annunciato il lancio di un’infrastruttura nazionale per sostenere la versione cinese degli Nft. Facendo ricorso a delle blockchain appositamente riadattate che possono essere amministrate da uno o più soggetti.

Non si tratta solo di arte virtuale. He Yifan, amministratore delegato di un’azienda che fornisce supporto tecnico a Bsn, ha detto al South China Morning Post che il più grande mercato di riferimento sarebbe la gestione dei certificati, ad esempio le targhe delle auto. “Un tale sistema darebbe al proprietario dell’auto, al governo e all’assicuratore un accesso controllato ai dati come il chilometraggio, il numero del motore e la storia delle riparazioni, con ogni parte consapevole dei diritti degli altri”, scrive il quotidiano.

Nuovo universo, solita ideologia

In Occidente c’è chi già immagina i benefici del metaverso per il mondo accademico e l’educazione: strumenti interattivi di immane potenza che consentono a uno studente di costruire un acquedotto romano per capirne il funzionamento, o agli insegnanti di estendere la portata della loro attività. Anche a mezzo mondo di distanza, presso studenti svantaggiati, che potranno approfittare delle interazioni virtuali per partecipare a corsi cui normalmente non avrebbero avuto accesso.

Ora si tratta di immaginare queste potenzialità al servizio dell’indottrinamento del regime cinese, sempre più presente nei curriculum scolastici e materia di studio per gli adulti. Le alte sfere sembrano già muoversi in quella direzione. Reuters descrive un articolo uscito a novembre su Xuexi Qiangguo, una lettura obbligatoria per molti membri del Partito Comunista, che spiega come il metaverso debba essere usato “per migliorare la qualità delle lezioni obbligatorie di educazione ideologica per i bambini in età scolare”.

Naturalmente si pensa già anche alla sfera pubblica. Una riunione di gennaio dell’organo consultivo del municipio di Pechino ha discusso dello sviluppo del metaverso; scrive Reuters che “le proposte includevano un sistema di registrazione per le comunità volto a impedire loro di influenzare l’opinione pubblica più ampia e causare shock economici o finanziari”.



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