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Per Banca Marche si scaldano Merloni, Guzzini e Intesa

Banca Marche continua a essere nell’occhio del ciclone. Oggi, all’ultimo momento, è saltata la conferenza stampa in cui il neo presidente Rainer Masera, ex banchiere del Sanpaolo Imi di Torino e ancora prima ministro del governo Dini, avrebbe dovuto fornire ragguagli sulle modifiche al piano industriale 2013-2016 presentato lo scorso aprile.

Il rinvio è legato alla semestrale, che potrebbe essere anticipata

Il motivo del rinvio è semplice: prima di potere modificare il piano, che era basato sui numeri del primo trimestre dell’istituto di Jesi (Ancona), è necessario approvare i conti al 30 giugno 2013, che potrebbero essere ulteriormente peggiorati sia per il contesto economico non semplice sia per le difficoltà specifiche della banca, alle prese con un aumento di capitale da 300 milioni da chiudere entro l’anno e con la bellezza di 800 milioni di svalutazioni sui crediti. Va da sé quindi che è altamente probabile che il piano industriale sarà rivisto in peggio. Ma a questo punto quando accadrà? L’approvazione dei numeri semestrali è già in calendario per il 29 agosto. Tuttavia, secondo quanto risulta a Formiche.net, l’appuntamento potrebbe essere anticipato. L’aggiornamento del piano, infatti, è urgente e, come riporta il Sole 24 Ore di oggi, potrebbe anche dovere inglobare alcune richieste ulteriori da parte della Banca d’Italia.

Il faro della Banca d’Italia, che continua l’ispezione generale

Gli uomini di Palazzo Koch sono presenti in pianta stabile in Banca Marche dallo scorso novembre. Da allora ad aprile è durata l’analisi sui crediti e le sofferenze, che ha portato alle maxi-svalutazioni che hanno spinto il bilancio 2012 in profondo rosso per oltre 500 milioni, mentre subito dopo ha preso il via l’ispezione generale, tuttora in corso. Già l’estate scorsa si dice che la moral suasion di Bankitalia abbia spinto a fare le valigie l’ex direttore generale Massimo Bianconi (poi sostituito da Luciano Goffi, che avrebbe dovuto partecipare alla conferenza con Masera), che secondo alcune ricostruzioni, riferite peraltro dall’Espresso del 5 aprile scorso, negli anni finanziari di vacche grasse, avrebbe premuto l’acceleratore sui finanziamenti al settore immobiliare, molti dei quali, quando le vacche sono diventate magre, non sono più tornati indietro, trasformandosi così in sofferenze.

L’aumento di capitale e il pressing di Palazzo Koch

Sempre dietro al pressing di Bankitalia, l’istituto di credito marchigiano, lo scorso giugno, ha varato un aumento di capitale da 300 milioni, da portare a termine entro la fine dell’anno, più consiste dell’operazione da 200-250 milioni che si stava studiando all’inizio della primavera. Non solo: sempre a giugno e sempre per soddisfare le sollecitazioni di via Nazionale, è stato messo in cantiere un ulteriore aumento da 100 milioni da chiudere in un momento successivo. In questa fase, per Banca Marche, la preoccupazione principale è la ricapitalizzazione da 300 milioni. Se però in un primo momento gli investitori sembravano latitare, ultimamente diverse indiscrezioni di stampa hanno ipotizzato che a fare la parte del leone nell’ambito dell’operazione, per 100-120 milioni, potrebbe essere una cordata di imprenditori marchigiani tra cui i Merloni e i Guzzini, a cui si potrebbero aggiungere le Coop puntando una fiche da 50 milioni.

Le mosse degli attuali soci: Intesa Sanpaolo e le Fondazioni

Anche Intesa Sanpaolo, azionista dell’istituto di Jesi al 5,84%, dovrebbe fare la propria parte mettendo sul piatto 15-20 milioni. Anche dietro alla decisione di partecipare presa dalla banca di Ca’ de Sass, che all’aumento di capitale dell’anno scorso non aveva preso parte, potrebbe esserci la moral suasion di Bankitalia, orientata a fare il possibile perché non si debbano adottare soluzioni drastiche quando gli istituti di credito sono in difficoltà. Sembrano invece destinate a diluirsi nell’azionariato di Banca Marche le tre Fondazioni, cassa di risparmio della provincia di Macerata e cassa di risparmio di Pesaro, le più influenti, che hanno un 22,5% a testa, e cassa di risparmio di Jesi, che può contare su una quota del 10,8 per cento. I tre enti si sono già “svenati” con l’aumento di capitale dell’anno scorso e soldi da spendere adesso non ce ne sono più.

Twitter @scarlots



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