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Putin critica l’occidente ma schiera i suoi missili. L’analisi di Marrone

Mosca schiera il suo sistema d’artiglieria S-400 in Bielorussia e contemporaneamente critica lo scudo antimissilistico romeno Deveselu. Una narrazione che ripete la tradizionale paura russa dell’aggressione dall’estero. Ma il sistema di Bucarest non è una minaccia. L’analisi di Alessandro Marrone (Iai)

La Russia schiera in Bielorussia il suo sistema missilistico S-400, che si aggiunge al resto del contingente di Mosca schierato nel Paese. Per il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg: “il più grande dispiegamento militare russo dalla fine Guerra fredda”. Nello stesso tempo, però, il Cremlino ambisca a presentarsi quale vittima di un’aggressione occidentale, criticando aspramente il sistema di difesa antimissilistico schierato alla base di Deveselu, in Romania. Immediata la risposta di Bucarest, che attraverso il suo ministro degli Esteri, Bogdan Aurescu, ha ribadito alla Cnn che lo scudo antiaereo è puramente difesnivo, e non può rappresentare una minaccia per Mosca. Posizione sostenuta anche dal vice segretario della Nato, il romeno Mircea Geoană, che ha definito il programma “non negoziabile”. Per Alessandro Marrone, responsabile del programma Difesa dello Iai: “la Russia sta giocando le migliori carte militari a sua disposizione per mettere sotto pressione l’Ucraina e la Nato.”

Putin schiera i suoi S-400 in Bielorussia ma si oppone al sistema difensivo Deveselu. Qual è l’obiettivo di questa narrazione?

La Russia sta mostrando la forza del suo dispositivo militare, e anche la compattezza e il legame con la Bielorussia, e quindi la capacità di presidiare il fianco orientale dal Mar Baltico al Mar Nero, passando per i confini con le tre repubbliche baltiche, la Polonia e la Romania. Bisogna ricordare che nella base romena di Deveselu dal 2011 c’è un accordo tra Romania e Stati Uniti -che è diventato operativo nel 2016- per dispiegare i sistemi missilistici americani Aegis Ashore che hanno una capacità di intercettazione difensiva rispetto a missili diretti verso il territorio dei Paesi Nato, e che fanno parte del sistema integrato di difesa aerea e missilistica dell’Alleanza Atlantica. Quindi il sistema missilistico Nato in Romania è attivo da sette anni, programmato da undici e ben noto a Mosca. Per dimensioni, capacità e requisiti tecnici contribuisce a intercettare i missili ad esempio provenienti dall’Iran e quindi di una certa gittata. Questo sistema di Deveselu, pertanto, non è in grado di rappresentare una minaccia per l’arsenale russo perché non è disegnato per farlo e non ne ha le capacità. Inoltre, non altera l’equilibrio strategico.

Perché allora Putin ha parlato della base romena?

Il riferimento di Putin alla base in Romania del sistema di difesa missilistico Nato è dunque strumentale e volto a scopi di propaganda, nel dipingere agli occhi dell’opinione pubblica russa e occidentale il quadro di una minaccia missilistica statunitense dalla Romania verso la Mosca, che non c’è. Ma il riferimento è anche in un’ottica negoziale, perché dal decennio scorso il Cremlino è contrario a un’integrazione militare, concreta ed efficace, dei Paesi dell’ex patto di Varsavia nelle strutture Nato. La Russia però non può interromperla e non può far tornare indietro la situazione a quando la Romania e i Paesi baltici non erano parte della Nato. Li vorrebbe quindi il meno integrati possibile nelle strutture dell’Alleanza Atlantica, in favore di un fianco orientale Nato più debole.

Come mai questo irrigidimento dei rapporti?

L’indurimento della posizione russa è stato voluto da Putin. Infatti, fino all’anno scorso non c’era nessuna accelerazione o intenzione da parte dell’Alleanza Atlantica di fare entrare ad esempio l’Ucraina nella Nato, o di cambiare la postura militare nei Paesi dell’Europa orientale. Ricordiamo inoltre che fino a pochi anni fa gli Stati Uniti stavano riflettendo su quanti militari togliere dalla Germania, e togliere dall’Europa in generale, per spostarli in Asia, come hanno dimostrato il dibattito prima con Trump e poi con Biden.

Stiamo parlando di sistemi d’arma sofisticati che contribuiscono ad aumentare la tensione nella regione. Si tratta solo di deterrenza o di qualcosa di più?

Bisogna distinguere in modo chiaro tra la Difesa dei Paesi membri della Nato e quindi la deterrenza rispetto a una possibile azione russa che si fa integrando gli alleati lungo il fianco orientale. Ricorrendo al dispositivo militare, e anche alla presenza diretta delle truppe occidentali, degli assetti terrestri, aerei e navali dei diversi membri. E d’altra parte la crisi che sta coinvolgendo l’Ucraina che non è parte dell’Alleanza Atlantica, si tratta di una situazione diversa. Infatti, il rafforzamento militare occidentale, statunitense ma non solo, nei Paesi Nato dal Baltico al Mar Nero serve come deterrenza e difesa del confine degli alleati. Dove, inoltre, il confine dell’Ue e della Nato rispetto alla Russia coincidono. Ma l’Ucraina è un’altra storia, in cui gli Stati Uniti così come altri Paesi europei, hanno consegnato sistemi d’arma e munizioni ma non hanno mandato truppe americane né truppe europee, né i rispettivi assetti delle Forze armate.

Quindi?

Quindi è chiaro che va gestita da un lato la deterrenza e difesa dei Paesi membri dell’Ue e della Nato, e dall’altro va gestita una de-escalation rispetto all’Ucraina. Nella quale, attraverso il dialogo con Mosca, si potrà arrivare ad un allontanamento delle truppe russe dal confine con l’Ucraina e i Paesi occidentali e ad uno stop alle forniture di materiali e sistemi d’arma alle forze armate ucraine. Le due cose dovrebbero andare di pari passo con il negoziato nel formato di Normandia e con uno parallelo Nato-Russia. È evidente che, dal momento che un allargamento della Nato a est con l’ingresso dell’Ucraina non è mai stato in agenda, la Russia abbia alimentato la tensione per costringere gli Stati dell’Alleanza a concedere su altri dossier. Ovvero, una rassicurazione anche sul futuro di non accettare Kiev nell’Alleanza e un dialogo sulla trasparenza delle pianificazioni militari. Quindi, tornare a qualcosa che c’era già nella Guerra fredda, in termini di trasparenza, controllo degli armamenti e riduzione del rischio. In generale Mosca vuole reinstaurare un dialogo sulla sicurezza paneuropea in cui il Cremlino possa giocare un ruolo di maggiore forza. Dunque, la questione ucraina va osservata sia da un punto di vista interno, con la Federazione Russa che sostiene i separatisti in Donbass e ha annesso militarmente la Crimea, sia nel quadro di un negoziato tra Russia, Nato e vicinato europeo. Italia compresa, che deve spingere affinché sia possibile trovare delle misure di soddisfazione reciproca che portino ad abbassare le tensioni.



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