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Mattarella e i poteri esterni. Sapelli spiega un equivoco

Il processo di “aggiramento della democrazia” dei “poteri sovranazionali” evocato dal presidente Sergio Mattarella è una realtà terribilmente attuale e non solo in Italia. Uno sguardo nel passato (e in biblioteca) per coglierne la vera portata. Il commento del professor Giulio Sapelli

Del discorso pronunciato dalla suprema autorità dello Stato, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel corso del suo insediamento, mi ha colpito una frase molto significativa. Richiama un dibattito intellettuale intenso quanto ahimé lontano dalla discussione in corso nelle élite politiche o nella classe politica che dir si voglia. E richiama l’essenza stessa dei destini che ci attendono in futuro e che il presidente bene ha fatto a evocare, anche se in forma sintetica e per i più quasi enigmatica, oppure, peggio, ascoltata e letta in guisa solamente retorica. Questo passaggio evoca, invece, la sostanza dei problemi che  incombono sulle democrazie liberali e sociali del mondo contemporaneo.

Ecco qui la sintetica citazione: “Poteri economici sovranazionali, tendono a prevalere e a imporsi. Aggirando il processo democratico”.

E allora, da vecchio topo di biblioteca, mi sono subito venute alla mente due citazioni che inquadrano e insieme danno una luce intellettuale in guisa di “avviso ai naviganti” rispetto al tema evocato dal presidente. La prima è quella del teorico certo più avvertito di ciò di cui si “dice” sul liberalismo con una scioltezza pari alla tragicità.

Per  G.John Ikenberry si tratta della vera sfida che ci attende, ossia la possibilità di costruire istituzioni nazionali e internazionali fondate sulla legittimazione democratica e non su un potere delegato che si è tradotto  nella negazione stessa del liberalismo, tanto evocato quanto contraddetto nella pràxis.

Eppure il grande studioso rivela di conservare ancora “la fiducia che i giorni dell’internazionalismo liberale non sono ancora finiti. Ma deve presentare una visione più cauta, meno innamorata di una marcia globale verso un inevitabile futuro liberale democratico e più concentrata sulla necessità di costruire capacità collettive e istituzioni per proteggere le società moderne da se stesse, da chiunque altro, e dalla violenta tempesta della modernità”. (G.John Ikenberry,  A Word Safe for Democracy. Liberal internationalism and the Crises of Global Order).

Il problema è lo stesso su cui si è sviluppata una discussione da molti anni in Francia. Una nazione che, con gli Usa, è stata il cuore pulsante e la mente pensante di tali istituzioni, che dimostrano ora – anche e a causa del disastro pandemico – di essere incapaci di resistere all’opera di estrusione dei poteri  fondati sulla legittimità democratica costituzionale.

L’opera che forse più di ogni altra ha aperto una discussione in grado di consentirci di superare lo stallo in cui siamo per via dell’ampliamento dei poteri situazionali di fatto economici e burocratici che soffocano la democrazia, è quella di Laurent Bonelli e Willy Pelletier, i  quali nel loro “L’Etat demantelé. Enquete sur une revolution silencieuse” (La Decouverte-Monde Diplomatique) affermano “Non si tratta della scomparsa dello Stato, ma del suo continuo rifacimento sotto l’effetto della competizione tra gruppi per controllare il potere legato alle alte funzioni dello Stato”.

E così ci spiegano con efficacia che il nuovo processo di “aggiramento” della democrazia evocato dal Presidente non avviene più con la macchina politica totalitaria messa in opera tra le due guerre. Ossia rafforzando il potere dello Stato sino a farlo divenire –sia con lo stalinismo, sia con il fascismo, sia con il nazismo  sia coll’autoritarismo iberico – un costrutto onnipotente.

Diverse, infatti, sono state le forme delle dittature instauratesi in Europa dopo la Prima Guerra Mondiale e – nel caso dell’autoritarismo iberico – attive sino negli anni settanta del Novecento, con la riapparizione anche della dittatura militare greca, ma tutte fondate sul dominio dello Stato anche contro lo stesso mercato.

Il Washington consensus sudamericano e l’autoritarismo asiatico e cinese del secondo dopoguerra sono ben altra questione.

“Il processo di aggiramento” di mattarelliana definizione ora avviene, invece, smantellando lo stato proprio perché si affidano a “corpi” e poteri non legittimati dalla scelta liberale e democratica dei cittadini, ma dalle regole neo-cameraliste che affermano il prevalere del mercato senza morali di sostegno.

Temi su cui Natalino Irti e uno dei miei maestri più cari, Alberto Predieri, scrissero pagine memorabili che sarebbe bene rileggere o per la prima volta leggere bene, per preparare il cuore e la mente ad affrontare la bufera che si avvicina.



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