Chi lancia accuse e strali contro la Nato rattizza i carboni di una guerra in Europa. Noi vogliamo evitarla in ogni modo. Ma la versione di Putin e del Cremlino sulla crisi in Ucraina fa acqua da tante parti. Alessandro Minuto Rizzo, presidente della Nato Defense College Foundation e già vicesegretario della Nato, risponde al consigliere di Putin Karaganov
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La crisi attuale ci fa rivedere vecchie ferite, ci costringe a rivedere gli anni ’90 che credevamo di avere alle spalle, ci mostra file di carri armati nella neve, prospetta la possibilità di una guerra in Europa.
Da parte della Russia si considera che la dissoluzione dell’Unione Sovietica sia stata una tragedia che ha riempito di sé la conclusione del ventesimo secolo. Il presidente russo lo ha detto più volte. Ritiene di non essere ascoltato dall’Occidente, anche se questa definizione è imprecisa. A suo parere gli interessi della Russia non sono minimamente presi in considerazione. Egli vede potenze ostili che si riassumono nella Nato, avvicinarsi in modo minaccioso ai confini della patria.
A questo si aggiunge una sentita distanza dall’Ucraina e dal suo governo. La sua indipendenza è vista con sofferenza. Essa implicitamente potrebbe essere accettata se il Paese restasse legato alla vecchia madre patria. Un’aggressività, per inciso, che sta suscitando un nazionalismo ucraino.
Solo partendo da questa linea di pensiero si può capire la gravità della crisi attuale. Putin ha deciso che solo alzando al massimo la tensione, fino ad arrivare al limite di una guerra sanguinosa, egli può ricevere ascolto dai suoi interlocutori. La minaccia pendente sarebbe l’unico modo per farsi ascoltare e ricevere delle contropartite politico-militari, che in altro modo non riuscirebbe ad ottenere.
Egli ritiene che questo sia il momento più conveniente per alzare il livello della crisi, con un’amministrazione americana ancora non pienamente rodata ed un Europa più debole a causa della pandemia e delle differenze politiche fra paesi della Ue.
In questo la Russia sottovaluta gli Europei. È vero che dal punto di vista militare la Russia può essere superiore, non va però dimenticato che l’Unione Europea è un potente soft power con economie molto sviluppate e capacità tecnologiche. Potrebbe decidere gravose sanzioni. Ma invece, in futuro, questi aspetti potrebbero rivelarsi di grande utilità per la crescita russa.
Da quel punto di vista l’Unione Europea non è mai stata considerata centrale, mentre invece la Nato lo è. Viene osteggiata, ma nello stesso tempo anche temuta. Vi anche è da domandarsi se la Nato non sia uno schermo per un insieme di cose più complesso. L’Ucraina non ha fatto domanda di accessione all’Alleanza Atlantica e, se lo facesse, il risultato finale non sarebbe necessariamente l’adesione.
Chi scrive ritiene molto improbabile che, in una ragionevole aspettativa, Kiev diventi membro dell’Alleanza. D’altra parte come si può scrivere nero sul bianco che un Paese indipendente di 50 milioni di abitanti non possa decidere la propria collocazione internazionale?
Si può bene comprendere il rimpianto per la dimensione storica della Russia fino alla dissoluzione dell’Urss nel dicembre 1991. Però va aggiunto che si tratta di decisioni prese all’interno del Paese e che è impossibile riscrivere la storia. Chiaramente questo è il momento della diplomazia e di una franca discussione senza pregiudizi.
Paesi indipendenti, dalla Polonia alla Bulgaria, hanno chiesto ed ottenuto di aderire all’Alleanza Atlantica nei primi anni 2000, dopo alcuni anni di attesa e di negoziato. Scelte non sollecitate di stati indipendenti, in modo trasparente. Può non far piacere, ma perché deve essere considerata una minaccia?
Certo nessuno pensa che a Washington o a Bruxelles non siano stati fatti errori, almeno sul piano dell’informazione e dei toni usati. Ma non è una buona ragione per fare una guerra. Speriamo che alla fine un buon negoziato riporti alla distensione degli animi. A una diminuzione degli armamenti, ad un dialogo costruttivo e non ostile.
Se ci pensiamo bene anche l’Europa occidentale ha attraversato guerre sanguinose in tempi non lontani, ma possiamo dire che da questo è poi sorto un insieme di paesi civili e democratici. La Russia teme l’accerchiamento e si possono capire le dimensioni storiche di questo timore. Però non sembra che ciò sia attuale e giustificato.
Il popolo russo era orgoglioso del suo ruolo di super- potenza. Riconosciamo volentieri che si tratti di un grande Paese, di grande cultura, e ciò non può essere messo in dubbio. Su questo piano forse si può far di più. In ogni caso rimane un Paese molto importante, di cui auspichiamo un ritorno, prima o poi, nella più grande casa europea.
Ma ciò non vuol dire che dobbiamo approvare la politica dei governanti di Mosca, su temi fondamentali di sicurezza. A tal riguardo, i colloqui bilaterali al vertice, fra i presidenti russo e americano, confermano questo status.
In conclusione, bisogna abbassare i toni da tutte le parti, e le dichiarazioni di Karaganov non ci aiutano proprio. Nessuno vuole aggredire, circondare o disconoscere l’importanza della Russia. Se ci sono dei fraintendimenti, possono essere trattati in un dialogo con le lettere maiuscole. Come auspichiamo in questo momento.
Nessuno può seriamente pensare che nel 2022 possa esserci una guerra nel cuore dell’Europa.
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