Si torna a discutere della possibilità di “raddoppiare” anche per quest’anno la soglia per la detassazione dei fringe benefit. Che sono diventati il welfare aziendale della micro e piccola impresa. Il ritorno al passato vorrebbe dire penalizzare innanzitutto i dipendenti delle imprese più piccole
Il tema sembrava chiuso in legge di Bilancio, ma le urgenze legate all’acuirsi dell’emergenza sanitaria hanno costretto il Parlamento a rinviare la discussione.
Ed ecco che, chiuse le elezioni presidenziali, si torna a discutere della possibilità di “raddoppiare” anche per quest’anno la soglia per la detassazione dei fringe benefit. Sono stati, infatti presentati, al cd. Decreto Milleproroghe numerosi emendamenti, provenienti da tutte le forze politiche sia di maggioranza che di opposizione in cui si chiede di prolungare il cosiddetto “raddoppio” dei fringe benefit almeno fino a dicembre 2022.
La misura, che impatta sull’articolo 51 del Testo unico dei redditi (Tuir) risulta nel pacchetto delle proposte segnalate dai vari gruppi parlamentari, le sole su cui si concentrerà l’esame. Una buona notizia se si considera che i fringe benefit in questi due anni di pandemia hanno dimostrato tutto il loro valore e impatto sociale sia come forma di integrazione al reddito delle famiglie, sia come modello di welfare aziendale semplificato. La disponibilità di oltre 500 euro ha permesso di emettere buoni spesa e acquisto di un valore più ampio con evidenti benefici per le tasche dei lavoratori, per il rilancio dei consumi interni e senza impattare sui costi del lavoro delle aziende, in un evidente periodo di difficoltà.
La richiesta al governo è corale e, oltre che dal Parlamento, viene anche dal mondo produttivo. La mancata proroga della misura ha costretto numerose aziende, soprattutto medio piccole, a rinunciare a questa misura, estremamente apprezzata dai dipendenti, costituendo per questi un importante sostegno al reddito. La richiesta, in questo campo, come in altri, è sempre quella di garantire stabilità alle norme per consentire alle aziende che ne usufruiscono un opportuno grado di certezza nella loro pianificazione economica.
L’aumento della soglia prevista per i fringe benefit, come più volte, evidenziato dagli esperti di gestione delle risorse umane, rappresenta uno strumento essenziale di accompagnamento alla trasformazione del mondo del lavoro, potendo, infatti, essere utilizzata dalle aziende anche come strumento fiscale di vantaggio per riconoscere ai lavoratori in smart working un bonus per compensare le spese in più sostenute in relazione al lavoro da casa. Senza trascurare, inoltre, che l’aumento del valore del benefit costituisce una spinta aggiuntiva ai consumi, con palesi benefici per tutto il sistema economico, in una fase ancora molto delicata.
Ricordiamo, poi, che i fringe benefit sono diventati il welfare aziendale della micro e piccola impresa, un canale di ingresso a un mondo certamente più variegato e complesso, ma proprio per questo spesso non considerato da chi ha strutture amministrative piccole e non aggiornate. Il ritorno al passato vorrebbe dire penalizzare innanzitutto i dipendenti delle imprese più piccole.
In una fase economica in cui l’inflazione inizia a fare paura, inoltre, il welfare aziendale dovrebbe continuare ad essere incentivato, perché è in grado di sostenere il reddito delle famiglie, provato da un trend di aumenti di prezzi che difficilmente cambierà rotta a breve
Attendiamo quindi gli esiti dei lavori parlamentari, per capire se ci si orienterà verso la conferma della misura che ha permesso di consolidare lo strumento del welfare aziendale e di contribuire alla sua ulteriore diffusione.