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Il Superbonus aiuta l’economia o fa danni? La risposta il governo ce l’ha già

A lume di naso (economico) la digitalizzazione, l’alta tecnologia ed altre determinanti hanno reso l’edilizia residenziale ancora meno efficace come leva per la crescita. Il Presidente del Consiglio chieda lumi all’Istat, o ancor meglio, il Ministro del Tesoro chieda ai suoi uffici di far girare i modelli macro-economici di cui dispongono, e avranno la risposta

Si litiga sul superbonus edilizio e sulle truffe ad esso collegate, ma nessuno ha sino ad tirato in ballo quelli che potremo chiamare “i giudici” del superbonus, che operano a Via Balbo (Istat) ed a Via Venti Settembre (Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze). Le sole strutture tecniche che possono confermare o meno se le ipotesi alla base dell’incentivo abbiano una validità empirica nel contesto attuale dell’economia italiana.

Il superbonus è stato giustificato, e varato, sulla base di un proverbio francese dell’Ottocento: quand le bâtiment va, tout va, ossia “quando l’edilizia va, tutta l’economia va”. Erano i tempi in cui il Barone Georges Eugène Haussmann rivoltava Parigi come un calzino per farne una capitale del Secondo Impero più grandiosa di Berlino, capitale della Prussia. Suoi colleghi facevano operazioni analoghe a Marsiglia, Bordeaux ed anche nella mesta Clermont-Ferrand. Allora in Francia l’industrializzazione stava solo iniziando; era, quasi, logico che l’edilizia fosse il principale settore trainante.

Lo è ancora oggi? Da quasi ottanta anni la teoria economica dice che l’andamento dell’edilizia incide poco sul resto del sistema economico. Da quando Wassily Leontief ha prodotto le prime tavole input output e soprattutto da quando Sir Roy Harrod e Evsej Domar hanno costruito il modello di crescita che porta il loro nome. Il modello, che muove dall’ipotesi keynesiana secondo la quale il risparmio è una proporzione costante del reddito (s), fa uso dell’acceleratore, dato dal rapporto fra capitale e prodotto (ν), e di una proporzione fissa tra capitale e lavoro, che può per semplicità essere assunta uguale a 1.

Il modello consente di identificare il ‘saggio di crescita garantito’, vale a dire quel saggio che assicura simultaneamente l’equilibrio tra risparmi e investimenti e la realizzazione delle aspettative circa la variazione del reddito prodotto. Lo si studia nel primo corso di macro-economia. Nei manuali, si evidenzia come la determinante rilevante sia l’Incremental Capital Output Ratio (ICOR) sia dell’economia in generale sia dei vari settori.

E’ vero che “uno vale uno”; ciò vuole anche dire che “uno zingarellianiamente (dal dizionario) ignorante, vale uno zingarellianiamente ignorante”. Quando in passato ho messo mano a questi argomenti (il mio ultimo libro su questi temi risale al 2016), l’ICOR dell’edilizia residenziale era oltre 1,4 , una delle più alte in Italia; ciò voleva dire che ci voleva un investimento molto forte per un effetto di trazione molto basso.

A lume di naso (economico) la digitalizzazione, l’alta tecnologia ed altre determinanti hanno reso l’edilizia residenziale ancora meno efficace come leva per la crescita. Sono, però, un anziano economista più o meno in disarmo. Il Presidente del Consiglio chieda lumi all’Istat, o ancor meglio, il Ministro del Tesoro chieda ai suoi uffici di far girare il modello MACGEM-IT: a SAM-based CGE, uno strumento che molti Stati europei ci invidiano. Si avranno tutte le risposte. Se, come temo, confermano i mei ricordi basterà un decreto (all’insegna di chi ha dato, ha dato/ chi ha avuto, ha avuto) per bloccare danni ulteriori del decretino “superbonus”.


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