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Escrivà de Balaguer e i pericoli del partito dei cattolici. Scrive Delle Site

Di Benedetto Delle Site

Quattro lettere inedite sono state pubblicate da Edizioni Ares nel volume “Lettere” che ha raccolto gli scritti di san Josemaria Escrivà. Occasione che rende accessibile a un più vasto pubblico le riflessioni del santo spagnolo, fondatore dell’Opus Dei, che rivolse ai membri dell’associazione

Mentre nel nostro Paese, a diversi livelli, si torna a parlare dell’opportunità della ricostituzione di un “partito politico cattolico” o “dei cattolici”, in un contesto politico-istituzionale dove, secondo alcuni, a torto o a ragione, proprio i credenti sembrerebbero attori sempre meno rilevanti e marginalizzati, sono di grande interesse e utilità alcune raccomandazioni relative alla vocazione all’impegno politico contenute nelle “Lettere” di san Josemaria Escrivà (1902-1975) recentemente pubblicate (primo vol., 2021) dalle Edizioni Ares.

Le quattro lettere pubblicate, finora inedite, rendono accessibili a un più vasto pubblico gli scritti che il santo spagnolo, fondatore dell’Opus Dei, rivolse ai membri dell’associazione (innalzata da san Giovanni Paolo II a prelatura personale nel 1982). Esse sono particolarmente gradevoli e preziose, soprattutto per il loro taglio pastorale, diretto a fornire consigli pratici ai membri dell’Opera, chiamati da san Josemaria alla “santificazione del lavoro e nel lavoro” professionale.

Nella terza lettera “Sulla missione soprannaturale e apostolica dei membri dell’Opus Dei in mezzo al mondo”, datata 1932, san Josemaria si sofferma (nn.40-61) su un argomento di interesse non solo per quanti appartengono all’Opus Dei, ma per tutti i cristiani: il rapporto fra il cristiano e la politica, la necessità di studio e di formazione politica, il ruolo della gerarchia, l’unità politica dei cattolici attorno ai partiti “ufficialmente” cristiani.

In modo particolare su quest’ultimo tema, che vide in passato l’opposizione fra due tesi – quella dell’unità politica dei cattolici, storicamente realizzata in Italia dalla Democrazia Cristiana (1943-1994) e quella del card. Ruini, secondo il quale il cattolico restava libero di aderire a qualsiasi schieramento, nei limiti dei “principi non negoziabili” bussola e fondamento dell’azione politica – la lettera del santo, propugnatore di una “spiritualità laicale” profondamente distante tanto dal laicismo che dal clericalismo, può aiutare a individuare le opportunità e anche le insidie dell’impegno politico dei cattolici nelle sue diverse forme, fornendo orientamenti tutt’ora validi e attuali.

Le raccomandazioni di Escrivà, anche con anni di anticipo, propongono temi in grande sintonia con gli interventi su tali problemi fatti propri nel corso degli anni dai diversi pontefici. Vale perciò la pena leggerne alcuni passaggi salienti.

“L’Opera – sottolinea Escrivà, sgombrando subito il campo da ogni equivoco – non ha alcuna opzione politica: non è il suo fine.  La nostra unica finalità è spirituale, apostolica, e ha un sigillo divino: l’amore alla libertà”. Come sa bene chi ha avuto la possibilità di conoscerla, scopo principale per cui nasce l’Opus Dei è, difatti, offrire ai laici nell’epoca del secolarismo una via per abbracciare la chiamata universale alla santità, nel mondo, lì in mezzo al proprio ambiente sociale e professionale, senza fuggirvi: essere santi nel lavoro e attraverso il lavoro mai separando la vita e la fede.

Proprio per questo, Escrivà dice ai membri dell’Opus Dei: “Dovete essere presenti anche voi, ripeto, in tutti gli ambiti del lavoro umano, con il meraviglioso spirito di servizio dei seguaci di Cristo che non è venuto per farsi servire, ma per servire, senza abbandonare imprudentemente, il che sarebbe un errore gravissimo, la vita pubblica delle nazioni, in cui opererete per quel che siete, normali cittadini dotati di libertà e di responsabilità”.

Tra gli ambiti del lavoro umano, vi è senza alcun pregiudizio l’impegno politico: “La presenza leale e disinteressata nella vita pubblica offre immense possibilità di fare il bene, di servire: i cattolici non possono, voi non potete, figli miei, disertare, abbandonando il campo dell’impegno politico” soprattutto quando questo rischierebbe di essere un monopolio “nelle mani di coloro che non conosco o non rispettano la legge di Dio, o di chi mostra inimicizia per la sua Santa Chiesa”.

Per il santo spagnolo “politica, nel senso più nobile della parola, non è altro che mettersi al servizio del bene comune della Città terrena”, è infatti “nell’ambito della politica che si dibattono e si emanano leggi importantissime, come quelle che riguardano il matrimonio, la famiglia, la scuola […] tutte questioni di primario interesse per la religione […] Tradireste la causa di nostro Signore se lasciaste il campo libero per dirigere gli affari dello Stato”.

San Josemaria è ben conscio che la vocazione per la politica è una vocazione particolare, non per tutti. Tutti i credenti però, anche quelli senza la vocazione per l’impegno politico, dovrebbero possedere “un criterio sicuro sulle questioni che riguardano la Chiesa”. “Sappiano diffondere i sani principi […] assolvano i propri doveri civici quando il governo nazionale lo richieda”. Un lavoro di formazione e di auto-formazione doveroso per ogni cristiano.

Per quelli, invece, chiamati a santificarsi anche attraverso l’impegno politico, Escrivà traccia il seguente identikit: “Non saranno politicanti da strapazzo, che vivono di soli espedienti e compromessi per assicurarsi un posto di cui campare nella vita pubblica nazionale, capaci di vendere la primogenitura per un piatto di lenticchie, bensì uomini che nutrono l’aspirazione di servire – non di dominare – i loro concittadini, nella vita politica e nelle organizzazioni sindacali, con la propria attività professionale […] perché il nocciolo della nostra peculiare chiamata divina consiste nel santificarci negli impegni ordinari”.

Bussola di quei cristiani impegnati attraverso la politica “a servire al tempo stesso Dio e la patria”, per Escrivà, debbono essere “alcune verità certe e indubitabili. Sono principi indiscutibili che costituiscono il denominatore comune – vinculum fidei – non vostro, esclusivo dei miei figli, ma di tutti i cattolici, di tutti i figli fedeli della Santa Madre Chiesa”.

Ben prima della promulgazione del Catechismo della Chiesa cattolica e del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, il fondatore dell’Opus Dei arriva ad auspicare “che nel catechismo della dottrina cristiana per i bambini fosse insegnato chiaramente quali sono questi punti fermi, su cui non si può cedere” e che, nel contempo, “fosse sottolineato il dovere di intervenire, di non astenersi, di collaborare a servire lealmente e liberamente il bene comune”, poiché “ricorre spesso, infatti, anche tra i cattolici che sembrano responsabili e osservanti, l’errore di pensare di dover adempiere soltanto i propri doveri familiari e religiosi”. Sarebbe quindi bene che gli educatori “senza imporre il proprio punto di vista su cose opinabili, insegnassero come si deve intervenire liberamente e responsabilmente nella vita pubblica”.

Una responsabilità tutta dei laici, quella politica, da esercitare in prima persona nella libertà, senza però strumentalizzare la fede e la Chiesa perché “non è giusto immischiare la Chiesa nella politica, nell’azione politica più o meno indovinata e sempre opinabile di chiunque: è molto comodo e molto ingiusto […] dal momento che siamo liberi […] non confondiamo la Chiesa con gli errori personali di alcuno e non tolleriamo che qualcuno confonda i nostri errori con la Chiesa”.

Tolto quel denominatore comune, Escrivà de Balaguer lascia il campo dell’opinabile fuori dal proprio raggio: “Il mio pensiero riguardo a temi politici concreti non lo conoscete, perché non ne parlo, e quando nell’Opera ci saranno sacerdoti, seguiranno lo stesso criterio poiché la loro missione, come la mia, sarà esclusivamente spirituale. D’altra parte, se anche foste a conoscenza delle mie opinioni, non avreste nessun obbligo di seguirle. Le mie e le vostre opinioni non sono dogmi, perché i dogmi li stabilisce il Magistero della Chiesa su ciò che attiene al deposito della fede”.

Ciò non toglie, secondo san Josemaria, che il credente resti membra del corpo della Chiesa e soggetto alla sua potestà di governo, e che la Chiesa gerarchica possa indirizzarlo su temi cruciali per la vita, i diritti e il bene della stessa: “Nella Chiesa soltanto la Gerarchia ecclesiastica ordinaria ha il diritto e il dovere di dare orientamenti politici ai cattolici, di mostrare loro la necessità di adottare una determinata posizione sui problemi della vita pubblica, ammesso che lo ritenga davvero necessario. Quando la Gerarchia fa questo genere di interventi non è mai questione di clericalismo. Ogni cattolico ben formato deve sapere che è parte della missione pastorale dell’Episcopato dare orientamenti sulla vita pubblica quando lo richieda il bene della Chiesa”.

A questo punto la lettera di Escrivà prosegue affrontando il tema discusso del “partito dei cattolici”, non nascondendone alcune possibili insidie: “Non vogliate essere cattolici ‘ufficiali’, cattolici che fanno della religione un trampolino, non per sollevarsi verso Dio ma per scalare le posizioni che ambiscono e trarne vantaggi materiali […]. Questi tali, che del titolo di cattolici fanno una professione, con il diritto di ammetterne alcuni e di escluderne altri, intendono negare il principio della responsabilità personale su cui si basa tutta la morale cristiana […] pretendono che tutti i cattolici di un Paese facciano blocco, rinuncino a qualsiasi autonomia di pensiero in ambito temporale, per appoggiare in massa un solo partito, un unico gruppo politico dominato da loro che, pertanto, è anch’esso ‘ufficialmente’ cattolico”.

Il fondatore dell’Opera, mosso dalla premura di mettere in guardia i propri figli spirituali dai pericoli insiti nella politica, non usa mezzi termini: “Imbrogliano i cattolici chiedendo loro questa inutile e assurda unità nelle cose opinabili, in nome della necessaria e logica unità su ciò che concerne la fede e la morale della Chiesa. Riescono a sconcertare l’opinione pubblica mediante campagne politiche ben organizzate, facendo credere che soltanto loro possono salvaguardare, tutelare, la Chiesa nel momento concreto che sta attraversando il Paese.”

Talvolta non solamente i fedeli ma le autorità ecclesiastiche stesse possono cadere nel tranello di tali ‘cattolici’, i quali “arrivano a creare e poi a prolungare il massimo possibile una situazione artificiosa di pericolo, affinché i cittadini cattolici si convincano della necessità di sacrificare la loro libertà in materia temporale e sostengano il partito che ha assunto ‘ufficialmente’ le difese della Chiesa. Non stupitevi se a volte la frode è così sottile che nemmeno le stesse autorità ecclesiastiche se ne rendono conto e finiscono per dare un qualche appoggio al partito confessionale, rafforzandone così la caratteristica e la pretesa di imporsi alle coscienze dei fedeli.”

“Non intendo dire – continua il santo spagnolo – che tutti i partiti ufficialmente cattolici debbano basarsi su questo inganno: ce ne sono che svolgono una funzione di servizio autentico e di difesa degli interessi della Chiesa, assicurando unitarietà e forza ai cittadini cattolici. Mi sembra però quasi impossibile che un partito ufficialmente cattolico, pur nascendo per servire la Chiesa, non finisca per servirsi della Chiesa”.

Il partito arriva secondo Escrivà a egemonizzare, occupare qualsiasi spazio, uccidendo i corpi sociali intermedi e le diverse peculiari realtà: “con la loro politica esclusivista, tirannica, sono riusciti a paralizzare e a mettere fuori gioco tutti gli altri organismi e gruppi formati da cattolici”.

In Italia, molte di queste dinamiche, sono storia del Paese. Le vicende del partito cattolico hanno interessato figure emblematiche, come Gianni Baget Bozzo, secondo il quale la rendita elettorale, mediata nelle canoniche, stava corrompendo i costumi dei cattolici e che finì addirittura per combattere attivamente la stessa Democrazia Cristiana.

Escrivà de Balaguer ha incrociato la vita e generato anche un moto critico in alcuni storici leader della Democrazia Cristiana: da Giulio Andreotti a Francesco Cossiga, che ne apprezzarono lo spirito laicale e il gusto per la libertà.

Certamente, i passaggi tanto attuali delle lettere di uno dei più grandi santi del ‘900 e i pericoli che egli denunciava con sorprendente attualità molti decenni orsono, dovrebbero essere tenuti ben presenti da tutti coloro i quali lavorano, benemeritamente, per un maggiore e più incisivo impegno politico dei cattolici.

(Citazioni liberamente tratte da: Josemaria Escrivà, Lettere. Vol. 1, Ares 2021)

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