L’invasione russa dell’Ucraina porta l’Europa a riflettere sulle sue capacità di imprimere una spinta geopolitica alla propria azione (dinamica che passa anche dalle sanzioni contro la Russia)
Non è ancora chiaro quale sarà l’esito della seconda guerra russo ucraina scoppiata il 21 febbraio 2021. Non solo perché le informazioni che provengono dal teatro sono necessariamente confuse, velate dalla nebbia della guerra. Ma perché le strategie degli attori che combattono sono segrete, così come segrete sono le trame internazionali che possono essere dietro a questo conflitto e le possibili alleanze che si possono creare attorno ad una guerra che, qualunque sia il suo esito, ridisegnerà in profondità il sistema internazionale. Che l’Europa non sarà più la stessa dopo questa guerra è piuttosto evidente già dopo neanche una settimana di combattimenti. I cambiamenti non saranno solo ai confini esterni dell’Europa, ma anche all’interno dell’Unione stessa. L’Europa sta imparando sul campo, e con durezza, ciò che ha rifiutato di imparare per via politica, ossia la necessità di avere del mondo una visione geopolitica e non solo mercantile. E che i confini non sono un attributo demodé della statualità westfaliana, ma un indispensabile ed insostituibile strumento di ogni statecraft, moderno o post-moderno che sia. Così come le forze armate, la spesa militare, il pensiero strategico, la sicurezza internazionale, gli interessi nazionali. E poi il realismo politico, sino ad ora grande assente nella costruzione europea.
Eppure, nel momento del dramma e della sofferenza, l’Europa sta riscoprendo una compattezza ed un’unità insperate, di cui non c’era traccia nelle altre tante guerre che si sono svolte ai confini dell’Europa negli scorsi decenni. Quanto avvenuto nelle ultime ore, con l’Europa che sta inviando pubblicamente e dichiaratamente quantità importanti di armamenti offensivi agli ucraini per combattere i russi e per impedire il progetto di spartizione geopolitica dell’Ucraina, era qualcosa di assolutamente inimmaginabile fino a poche settimane fa. Qualcosa che neanche Putin, uomo del XX secolo, aveva pensato potesse accadere. Anche in questo risveglio europeo, oltre che nell’insperata resistenza degli ucraini, sta l’effetto sorpresa che ha spiazzato Mosca mandando in frantumi i progetti di una veloce guerra lampo, dove il centro di gravità dello sforzo è sembrato essere la distruzione del delle forze armate ucraine, la conquista di una serie di territori abitati in prevalenza da popolazionietnicamente russe, filorusse o russificabili con poco sforzo. Con l’obiettivo di far emergere nella parte meridionale ed orientale del Paese una seconda Ucraina, collaborazionista e filorussa, da interporre assieme alla Bielorussia, tra Mosca e l’Europa.
La determinazione sanzionatoria americana ed il risveglio europeo stanno però complicando tremendamente le cose, rendendole più incerte per Mosca ma anche più pericolose per noi. L’Europa si sta qualificando come attore indiretto ma determinante nel conflitto, aprendo una nuova stagione nei rapporti tra la Russia ed il nostro continente. Il futuro del conflitto, la sua durata, e le modalità con cui esso sarà combattuto e chiuso segnerà profondamente il futuro dei rapporti tra Europa e Russia e lo stesso confine dell’Unione europea.
La seconda cosa che l’Europa sta apprendendo è la forza devastante e sottovalutata delle sanzioni economiche, se utilizzate in maniera strategica, con coscienza delle dinamiche di un conflitto ed assieme ad altri strumenti come la forza militare e la diplomazia. In questo, come europei, siamo una potenza nuclearee se riscopriamo il concetto dell’economic stratecraft, possiamo trasformare l’Europa da vaso di coccio delle relazioni internazionali a soggetto geopolitico attivo e determinante, non solo per la sicurezza nella nostra regione ma anche nel sistema internazionale. Servono ovviamente numerosi passaggi, sia politici che culturali, affinché questa strada possa essere intrapresa e portata a termine.
La guerra ucraina è in primo luogo una terribile guerra civile nel mondo russo in senso ampiamente inteso e probabilmente una fase chiave nel complesso processo di nation building ucraino. Ma è anche un passaggio storico fondamentale per la costruzione di una Europa geopolitica e di una più coesa identità europea nel campo della politica estera e di sicurezza.
Un caveat è però importante. Questa guerra è diversa da tutte le altre che sono avvenute attorno all’Europa, in questi anni. Questa è la prima guerra vera con cui l’Europa deve fare i conti, con il rischio di un coinvolgimento in un conflitto a cui non siamo né pronti economicamente né preparati militarmente. Una guerra per il momento localizzata ed in cui siamo attore esterno, ma chepotrà sia trascinarci dentro sia allargarsi ad altri teatri. Difatti, come ci ricorda Von Clausewitz, la guerra oscilla continuamentetra varie forme e tipologie. Questa oscillazione nella forma della guerra non è sempre una scelta degli uomini, ma il prodotto dell’intreccio della razionalità politica, del caso e degli imprevisti ma anche dell’irrazionale violenza che il fenomeno bellico sprigiona.
La guerra in Ucraina entra ora nella sua settimana più pericolosa. Vi sono elementi di azzardo imponderabili e purtroppo si gioca anche sul filo del rischio, calcolato ma pur sempre imprevedibile, di un conflitto nucleare, ancorché tattico e limitato. È importante dunque essere ben consapevoli delle varie dimensioni dell’uso della forza, inclusa quella delle sanzioni economiche. E della necessità di dosarle in maniera strategica, legandole ad obiettivi realistici, per un rapido congelamento e conclusione del conflitto,per salvare l’indipendenza e la sovranità dell’Ucraina ma senza lasciarsi trascinare in pericolose trappole geopolitiche. Evitando cioè la trappola trumpiana della massima pressione sanzionatoria. Un’adeguata politica delle sanzioni europee può servire anche a questo. A trovare in ambito transatlantico il giusto equilibrio tra forza economica, sostegno militare ed engagement diplomatico.Tenendo bene in conto che la guerra non è mai un atto isolato né definitivo, ed occorre sempre condurla con un occhio a come ricostruire al suo termine, le condizioni di sicurezza.