La startup uscita dal Mit di Boston vuole utilizzare la tecnologia della fusione nucleare per perforare la crosta terrestre più in profondità e sfruttare a dovere l’energia geotermica. Il tutto nel giro di pochi anni. I risvolti per la transizione energetica – se tutto funziona – sarebbero epocali
Un’azienda spinoff del Massachusetts Institute of Technology crede che la risposta al problema dell’energia pulita sia nel sottosuolo. A 20 chilometri di profondità, dove la roccia raggiunge i 500 gradi e l’energia geotermica si misura in terawatt. E per arrivarci vuole fare ricorso a una tecnologia sviluppata per la fusione nucleare.
Si teorizza da tempo su come sfruttare il calore del pianeta per generare elettricità. Ad oggi, il problema principale è andare a fondo. Il buco più profondo mai scavato (12.289 metri) è in Russia, nella penisola di Kola; fu realizzato dai sovietici nel 1970 per raggiungere il mantello terrestre ,ma il progetto si arrestò nell’89 per mancanza di fondi e problemi tecnici. Tra questi, il fatto che la roccia in profondità si fosse rivelata ben più calda e meno densa del previsto, cosa che complicava il processo di escavazione.
Altri esperimenti di perforazione hanno incontrato destini simili. Negli anni 90 i militari americani (sotto l’occhio interessato delle major energetiche) esplorarono una soluzione alternativa affiancando alle trivelle dei laser, scrive New Atlas. Con poco successo: quei fasci concentrati di luce non sono adatti a polverizzare la roccia. Ma l’idea di scavare mediante energia diretta non è stata abbandonata. E ora c’è chi vuole sperimentare nuovi sistemi.
Quaise – questo il nome della startup del Mit – è nata nel 2018. A febbraio ha raccolto 40 milioni di dollari nel primo round di finanziamento con la promessa di superare i limiti tradizionali della perforazione del suolo. La soluzione dell’azienda, dal sapore fantascientifico, è sostituire la trivella con un raggio di energia concentrata prodotta da un girotrone, ossia il dispositivo utilizzato negli esperimenti sulla fusione nucleare per riscaldare il plasma a temperature ben più elevate di quelle del nucleo del Sole.
Secondo Quaise, questa tecnologia ha il potenziale per bucare la crosta terrestre più in profondità e più velocemente di qualsiasi altra soluzione odierna: 20 chilometri in 100 giorni, assumendo che si riesca a costruire un girotrone da 1 megawatt. E ha il vantaggio di essere facilmente scalabile perché può essere impiegata praticamente ovunque sul globo, con utilizzo minimo di terreno (l’1% di quanto richiesto da eolico o solare).
Infine, una centrale realizzata secondo i piani di Quaise può sostituirsi agilmente a una centrale a combustibile fossile, sfruttando il calore geotermico per produrre energia col vapore; a quelle profondità e temperature, l’efficienza dell’energia geotermica aumenta considerevolmente. Oggi questa fonte copre solo lo 0,3% del fabbisogno energetico globale, ma se la startup riesce nel suo intento, la specie umana potrebbe contare su un sistema molto potente per produrre energia pulita.
Quaise ha in programma di lanciare i macchinari dimostrativi nel 2024 e far partire le operazioni commerciali nel 2026, con l’obiettivo di creare la prima centrale geotermica di nuova generazione nel 2028. Fermo restando che, come spesso accade con progetti così ambiziosi, non ci siano intoppi in itinere.
Foto: Petra, via New Atlas