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La solidarietà di Berlino per i profughi ucraini

Ogni giorno arrivano decine e decine di autobus e treni dalla Polonia qua a Berlino, la città ha dato prova di grande umanità anche grazie all’organizzazione della sindaca, Franziska Giffey. La testimonianza di Federico Quadrelli

La Russia ha aggredito militarmente l’Ucraina. Da giorni piovono bombe sulle città ed il numero di morti sale, così come quello dei feriti e degli sfollati.

Pare siano già oltre 1 milione coloro che hanno lasciato il Paese in cerca di un rifugio. Numero destinato a crescere. Questa volta sono per lo più donne con bambini, a volte anche bambini non accompagnati. I più esposti, i più fragili. Tra i volontari girano messaggi che avvisano di prestare particolare attenzione, poiché ci sono persone che vorrebbero ospitare bambini, addirittura alcuni hanno detto di aver ricevuto offerte di denaro. La Polizia presidia affinché criminali e approfittatori non si infiltrino approfittando del caos.

Ogni giorno arrivano decine e decine di autobus e treni dalla Polonia qua a Berlino, la città ha dato prova di grande umanità. La Sindaca, Franziska Giffey ha fatto diversi sopralluoghi nei centri di accoglienza. In un messaggio ha comunicato che in una sola giornata sono arrivati in 11.000. Con questo ritmo, ha spiegato, la città avrà raggiunto presto il suo limite, chiedendo così alle altre città tedesche di contribuire e alla Repubblica Federale di prendere in mano la situazione.

La consapevolezza di non poter fare concretamente molto per risolvere questa situazione non mi ha fatto dormire per giorni. Conosco persone che vivono in Ucraina, altre in Russia e sono parimenti preoccupato. Chi protesta in Russia viene arrestato. Mentre in Ucraina si rischia la vita. Mai avrei immaginato di vivere una situazione del genere.

Mi sono chiesto cosa potessi fare oltre ad esprimere solidarietà al popolo ucraino e ai resistenti in Russia, oltre al condannare Putin e a sostenere la necessità di non lasciare l’Ucraina a se stessa. Così, mi sono iscritto al gruppo delle volontarie e dei volontari che nelle stazioni dei Bus e dei treni stanno offrendo aiuto.

Sono stato rimbalzato due volte, perché il numero di volontari era troppo alto ed organizzativamente ingestibile. Non sono mai stato così felice di sentirmi “dire no, grazie, per oggi non serve”. Amo Berlino per tante ragioni, una di queste è la sua capacità di reagire come comunità con straordinari atti di generosità e di impegno.

Nel gruppo Telegram di cui faccio parte ci sono oltre 10.000 persone iscritte in tutta Berlino (= 4 milioni di abitanti circa) come volontari. Qui sono escluse le NGO e le associazioni che già si occupano di questi temi. Il numero quindi è molto più alto.

Le donazioni di cibo e vestiario sono state imponenti. Tanto che da giorni si dice di non portare più nulla. A mancare sono alloggi e traduttori che possano parlare russo e/o ucraino. Anche tra i volontari sono richieste persone che possano parlare queste lingue.

Ho incrociato gli sguardi di donne e bambini completamente sfiniti. Sguardi spenti, e disperati. Davanti a tutto ciò non si può restare indifferenti. La brutalità con cui Putin ha aggredito l’Ucraina non ha giustificazioni. È triste che ci sia chi, pensando di fare un opera degna di nota, si spertica a trovare le ragioni storiche e strategiche che hanno “spinto” Putin ad agire militarmente.

La storia la faranno gli storici a tempo debito. Ora è il tempo della politica. La pace, che tanti invocano, senza giustizia e libertà è assoggettamento. Ciò che Putin vuole per l’Ucraina. Ciò che l’Ucraina non vuole, e per questo resiste.



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