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Leadership femminile, un valore aggiunto per la ripresa del Paese

Di Nicoletta Luppi

L’obiettivo che tutti e tutte dobbiamo perseguire è lo sviluppo di un ecosistema del talento in cui la leadership non sia una questione di genere, ma sia basata su principi di inclusione ed equità. Il punto di Nicoletta Luppi, presidente e ad di MSD Italia

Per parlare di leadership femminile dovremmo prima soffermarci sul quadro italiano delle diseguaglianze di genere: il nostro Paese è all’ultimo posto in Europa per divario nel mondo del lavoro tra uomini e donne.

In Italia, infatti, sebbene le donne rappresentino il 51% degli abitanti, solo il 49% di loro risulta occupato, a fronte di una media europea del 62%. Dato confermato dalla Relazione sul bilancio di genere 2020 in cui emerge come, dopo anni di crescita dell’occupazione femminile, la pandemia abbia interrotto questo trend positivo.

I divari di genere sono radicati nella nostra società e, per affrontarli, è indispensabile un’ottica di sistema che interessi i diversi ambiti in cui queste disparità si esplicano. L’impegno concreto delle istituzioni per affrontare questa criticità, attraverso le opportunità del Pnrr, rappresenta una tangibile presa di coscienza di quanto la mancata valorizzazione occupazionale delle donne sia un’occasione persa per il Paese.

Le donne, infatti, hanno anche dimostrato una migliore propensione a fornire risposte in situazioni di crisi e, per citare le parole del Santo padre “guardano con il cuore e riescono a tenere insieme i sogni e la concretezza, evitando le derive del pragmatismo asettico e dell’astrattezza”.

Lo stato dell’occupazione femminile non è più incoraggiante se si guarda alla rappresentanza delle donne ai vertici. Sulla base di quanto rilevato dal Gender diversity index 2021, l’Italia si posiziona in sesta posizione per donne in ruoli esecutivi, ma è penultima per donne ceo (3%).

Come donne manager dobbiamo avere il coraggio di affermare un modello che si differenzi da quello maschile e ci consenta di esprimere al meglio le nostre naturali propensioni e peculiarità.

In questo contesto, come rilevato dal Rapporto indicatori farmaceutici 2021 di Farmindustria, il settore delle life science rappresenta una best practice. Le donne sono il 43% del totale degli occupati, significativamente di più che nella media dell’industria manifatturiera e la maggiore presenza femminile è più evidente tra dirigenti e quadri.

Nella ricerca le donne costituiscono il 52% degli addetti, poco al di sotto della media europea del 56%, ma oltre il doppio della media dell’industria italiana. L’azienda che ho l’onore di guidare – MSD Italia – nella quale ho iniziato il mio percorso quasi trent’anni fa, si impegna attivamente nel costruire un contesto lavorativo sempre più inclusivo: vantiamo un tasso di occupazione femminile al 59%, con il 50% di donne all’interno del leadership team.

Inoltre, il 63% delle promozioni e il 63% delle nuove assunzioni ha riguardato il genere femminile e siamo stati tra le prime aziende a risolvere il gender pay gap. Abbiamo anche attivato un programma di diversity inclusion nell’ambito del quale, attraverso il progetto Women’s network, promuoviamo iniziative volte a incentivare la leadership femminile, convinti che le pari opportunità non siano una questione di quote, ma un elemento di differenziazione che genera valore.

La promozione della leadership femminile deve, quindi, inserirsi in un’ottica di sistema che abbracci l’intera società con un ribilanciamento del ruolo della donna anche all’interno dei ruoli familiari.

L’obiettivo che tutti e tutte dobbiamo perseguire è lo sviluppo di un ecosistema del talento in cui la leadership non sia una questione di genere, ma sia basata su principi di inclusione ed equità. Solo non lasciando indietro nessuno, potremo andare verso un futuro più equo, solido, giusto e duraturo.

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