Se non ci trovassimo di fronte a una situazione molto ma molto seria in cui è costretta a vivere la povera gente per l´insipienza o la voracità delle élite, potremmo limitarci a manifestare sconforto nel leggere le dotte dissertazioni di istituzioni pubbliche e di privati commentatori sui pericoli dell´attuale fase dell´economia mondiale, Italia compresa. I piccoli risparmiatori vedono assottigliarsi con tasse e inflazione il potere di acquisto del capitale che avevano messo faticosamente da parte per i bisogni delle proprie famiglie e la vecchiaia e, allo stesso tempo, osservano un crescente appetito su di esso da parte dei Partiti e delle forze sociali.
Nel suo recente Global financial stability report il Fondo monetario internazionale afferma che non vi sono più attività finanziarie veramente sicure e porta dotte analisi a supporto della tesi, ma nessuna per una decente soluzione del problema. La Banca centrale europea denuncia la persistenza di pericoli per l´acuirsi della recessione in atto, insistendo sulla necessità di attuare le scelte europee ignorando l´evidenza che esse portano alla deflazione. Bill Emmott, il popolare editorialista economico, già editor del prestigioso The Economist, va anche oltre: indica che la Borsa valori è un luogo dove gli operatori hanno «la psicologia di un branco di animali» ma, dopo aver demolito la tanto sbandierata razionalità del mercato, in nome della quale si invocano le riforme del welfare e del lavoro, afferma che il branco ha in fondo ragione perché non sono stati risolti i problemi del «debito sovrano della zona euro nel suo complesso, né quelli dell´Italia» e «ciò significa che se il presidente Monti è davvero determinato ad attenersi al patto fiscale europeo che ha firmato a dicembre, avrebbe bisogno di varare un´altra serie di manovre di bilancio, aumenti del prelievo fiscale e tagli di spesa». Cioè non possiamo fare altro che attendere più deflazione.
Queste cose le sapevamo già da tempo e la denuncia priva di soluzione serve solo a spaventare più di quanto già non siano consumatori e risparmiatori. Né vale insistere, come fa Emmott, sulla necessità che nelle attuali circostanze occorrano più energiche liberalizzazioni e riforme del mercato del lavoro, semmai fossero possibili ed efficaci; la crisi non ha origine nella mancanza di queste riforme, ma nelle carenze istituzionali ben più gravi all´interno e nel mondo: mancato coordinamento delle politiche economiche, almeno tra i Paesi del G20; mancata correzione della libera scelta del regime di cambio per i Paesi che intendono beneficiare degli scambi internazionali in ambito Wto e rigidità dei cambi intereuropei; mancata introduzione di uno standard monetario internazionale (conce i diritti speciali di prelievo) che funga da riferimento di tutte le monete nazionali, dollaro incluso; mancata tutela di un livello minimo di welfare per i lavoratori di tutto il mondo al fine di evitare lo sciacallaggio internazionale del benessere civile da parte di chi non ce l´ha. In Europa, Italia compresa, è mancato un passo indietro dello Stato. Finché non si capirà questo, non solo non vi saranno titoli sovrani sicuri, ma neanche una seria difesa dei posti di lavoro e un valore dei cambi funzionale allo sviluppo di tutti, né una tutela decente del livello di convivenza civile.
Per i governanti che denunciano i rischi corsi e non indicano come affrontarli, vale la reazione di Guido Carli, indimenticabile governatore della Banca d´Italia e instancabile ricercatore di soluzioni alle crisi: a chi si rivolgono? Si mettano di fronte a uno specchio e si impartiscano l´ordine di agire con suoni gutturali! Gli specchi non mancano; mancano i governanti disposti a farlo.
Panorama Economy