Ma quanto è reale il pericolo atomico? Putin ha una valigetta nucleare come il presidente degli Stati Uniti? Come si attiva il protocollo di attacco atomico di Mosca? Andrea Gilli e Federica Dall’Arche hanno risposto, a queste e ad altre domande, in diretta su Formiche.net
L’invasione russa dell’Ucraina e l’ordine di Putin di mettere in stato di “massima allerta” le forze di deterrenza del Paese (compresa la triade nucleare della Federazione) hanno riportato indietro le lancette della Storia, con lo spettro di un possibile conflitto nucleare. Ma quanto è reale il pericolo atomico? Ne hanno discusso al live talk, organizzato da Airpress, Andrea Gilli senior researcher al Nato Defense college e Federica Dall’Arche senior research associate al Vienna center for disarmament and non-proliferation (Vcdnp).
Il rischio nucleare
Nonostante si stia assistendo a una crisi preoccupante che porta con sé elevati livelli di rischio e di allerta “non dobbiamo cadere preda degli allarmismi”, ha assicurato Gilli. “La deterrenza c’è ma non ci sono ragioni per pensare a un’accelerazione sul fronte nucleare”, ha proseguito l’esperto, sottolineando come i recenti atteggiamenti degli Usa puntino a non far precipitare la situazione. A riprova di ciò, la decisione americana della scorsa settimana di cancellare un test del missile balistico intercontinentale (Minuteman III) per scongiurare ogni motivo di escalation. Va ad aggiungersi il rafforzamento di un canale di dialogo diretto tra Mosca e Washington per evitare che un incidente di guerra possa essere frainteso con un attacco e provocare una risposta nucleare. Mentre le azioni statunitensi non porterebbero ad allarmismi, ha detto Gilli, “le parole e i fatti della Russia sono preoccupanti”, pertanto “la situazione rimane complicata e bisogna mantenere alti i livelli di allerta”.
Il protocollo russo
Ma qual è il protocollo russo per l’impiego del nucleare? “Chiedere chi materialmente possa autorizzare un lancio nucleare in Russia comporta una risposta complessa”, ha esordito Dall’Arche spiegando il processo interno alla Federazione Russa per autorizzare l’impiego di armi nucleari. Teoricamente, come accade anche negli Stati Uniti, il presidente russo ha una valigetta nucleare (quella americana è chiamata “Nuclear football”, mentre quella di Mosca è detta “Cheget”) si tratta di “un sistema complesso, e non appare come la valigetta dei film con il pulsante rosso”. Da questo strumento, spiega l’esperta, partono gli ordini al ministero della Difesa e al Capo di Stato maggiore: “il primo deve autenticare l’ordine e il secondo deve approvare la richiesta”. “Ricevuti i codici di lancio il Capo di Stato maggiore, in base a gravità, imminenza e necessità di tempestività dell’attacco può decidere se condividere i codici con i comandanti dei sistemi di lancio, o in situazione concitata può scegliere di effettuare il lancio di missili basati a terra”, ha raccontato Dall’Arche. Il sistema, quindi, prevede una sorta di controllo e non dipende soltanto dal presidente e dalla sua scelta di far partire un attacco di questo tipo. Ma c’è un però. “la Russia non è un Paese democratico e notoriamente l’opposizione o visioni differenti non sono incoraggiate. In tale contesto potrebbe risultare difficile l’ipotesi per cui il Capo di Stato maggiore possa decidere di non autorizzare il lancio richiesto dal presidente”.
L’arsenale e la strategia nucleare di Mosca
La forza nucleare russa è composta dai missili intercontinentali balistici (Ibcm), dai bombardieri a lungo raggio e dai sottomarini missilistici atomici. Il Paese “è quindi in possesso della triade nucleare e dispone sia di armi tattiche sia di armi strategiche” ha spiegato Andrea Gilli. Tuttavia Mosca paga oggi una sorta di scotto dalla fine della Guerra fredda legato “all’obsolescenza della propria industria e dell’apparato economico e produttivo. Questa obsolescenza non risparmia neppure il campo nucleare”. Per questo i bombardieri russi avrebbero difficoltà ad avanzare contro sistemi difensivi innovativi. Un altro tema da non sottovalutare riguarda i casi in cui è previsto l’impiego di armi atomiche. “È importante analizzare la dottrina nucleare russa del 2020 che indica i casi in cui un attacco nucleare viene giustificato”, precisa Dall’Arche. Nei quattro scenari evidenziati da tale dottrina vi è anche il caso in cui “vengano attaccati i siti governativi e militari della Russia e questo pone grandi interrogativi quando si parla di guerra cibernetica”, sottolinea Dall’Arche.
Le centrali nucleari
Che scenario si aprirebbe se un attacco russo contro le centrali nucleari ucraine andasse in porto? “Sarebbe assolutamente fuori controllo pensare di attaccare un reattore o una centrale nucleare. Mi sentirei di escludere un attacco volontario”, ha spiegato ad Airpress l’esperta del Vcdnp. L’Ucraina dipende al 54% dall’energia nucleare, “l’obiettivo russo è di eliminare le infrastrutture per indebolire la resistenza ucraina, controllando il rifornimento di energia, e non attaccando la centrale nucleare, che avrebbe effetti devastanti”, osserva Federica Dall’Arche, “anche perché la nube radioattiva avrebbe colpito la stessa Russia in occasione degli scontri che hanno coinvolto la centrale ucraina”.