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Dalle macerie al nuovo ordine mondiale. La versione del vice ministro Sereni

Si possono già scorgere in lontananza gli effetti travolgenti della guerra di Putin in Ucraina, dal ripensamento della Nato; alle ambizioni europee, passando per l’incognita cinese. Come si ridefiniranno gli scenari del nuovo ordine mondiale che emergerà dalle macerie di Kiev? Il dibattito della rivista Formiche con il vice ministro degli Esteri Sereni, l’ambasciatore Stefanini, Paolo Alli e l’economista Fitoussi

Il disordine mondiale creato da Putin si ricomporrà – in che maniera è presto dirlo – ma è destinato a creare nuovi equilibri tra i Paesi. Gli Stati Uniti hanno dovuto rivedere i loro piani per il Vecchio continente; l’Europa, dopo la rinnovata coesione tra Stati membri, è chiamata a individuare la sua collocazione strategica a livello internazionale e infine la Cina, le cui intenzioni sono ad oggi poco chiare. Sarà unione tra Pechino e Mosca, oppure la Cina lavorerà per favorire un ritorno alla stabilità? Insomma, preferirà la prosperità economica o la competizione per la supremazia con gli Usa?

Ne hanno discusso in un live talk organizzato dalla rivista Formiche (in occasione della presentazione del numero in uscita dedicato al “Nuovo ordine mondiale. Tra minaccia russa e ambizioni europee) il viceministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Marina Sereni; l’ambasciatore e senior advisor dell’Ispi Stefano Stefanini; l’ex presidente dell’Assemblea parlamentare della Nato, Paolo Alli e l’economista Jean Paul Fitoussi, professore della Luiss Guido Carli e dell’Institut d’études politiques.

Il riavvicinamento occidentale

Tra gli outcome di questa crisi vi è l’inaspettato quanto forte riavvicinamento del fronte occidentale. Se infatti, la Russia ha visto nel progressivo e sempre più persistente interesse americano verso l’indo-pacifico un’opportunità di muoversi con più libertà in Europa, ha trovato di fronte una risposta compatta. “L’esito dell’attacco russo – ha assicurato Stefano Stefanini – determinerà gli equilibri europei dei prossimi decenni”.

Ora, secondo Paolo Alli, tra le conseguenze a medio-lungo termine del conflitto vi è anche l’accelerazione di una polarizzazione ormai visibile da tempo. “Oggi il mondo è multipolare, ma con blocchi comunque identificabili. Quello che si prefigura dopo questa reazione molto forte dell’occidente è una maggiore contrapposizione tra sistemi democratici e sistemi totalitari”, ha spiegato. In effetti, il mondo sembra scuotersi e assestarsi tra chi da un lato, segue un modello di governo autoritario e le democrazie, sempre più minacciate. In questo contesto, una “nuova cortina di ferro fatta di sistemi finanziari, valutari e dell’informazione si delinea più chiaramente”, ha aggiunto Alli.

Un nuovo bipolarismo

Una visione non condivisa dal vice ministro Marina Sereni, secondo la quale bisogna evitare di scivolare in un bipolarismo democrazie-autocrazie, “intanto perché non è detto che ci veda vincenti e perché rischia di escludere una parte del pianeta. Vorrei sottolineare che tra i 35 Paesi al mondo che si sono astenuti sulla risoluzione delle Nazioni Unite che condanna l’intervento russo in Ucraina, 17 sono africani, non tutti sono autocratici e non tutti vorrei che lo diventassero”.

Non bisogna ridursi alla dicotomia tra queste due forme di governo. Secondo il vice ministro infatti, “bisogna continuare a immaginare un lavoro diplomatico e politico che porti le democrazie a competere in un mondo più articolato”. In questo contesto, sarà fondamentale comprendere quale posizione la Cina vorrà prendere sulla questione ucraina che è ormai evidentemente il banco di prova per il futuro assetto dell’ordine mondiale.

Il ruolo della Cina

La situazione in Ucraina lo evidenzia, non è ancora chiaro se ci sia una vera condivisione di obiettivi tra le due potenze autocratiche del momento, la Russia di Vladimir Putin e la Cina di Xi Jinping.

Secondo Stefanini, non bisognerebbe comunque dimenticare che Pechino ha guadagnato e continua a guadagnare moltissimo dalla globalizzazione e che incontrerebbe delle difficoltà se essa dovesse essere intaccata. Su questo Alli ha tenuto infatti a precisare che “la Cina basa la propria economia su una grande bolla e perciò deve guardarsi dall’essere partecipante attiva dell’inasprimento della polarizzazione con il fronte occidentale”.

Il rapporto tra Cina e Vecchio continente è tutto da approfondire e si intreccia anche con Mosca. Da un punto di vista cinese, l’idea che l’occidente si sveni in una competizione che potrebbe sfociare in una guerra contro la Russia – che in questa eventualità rimarrebbe un partner dipendente dalla Cina, sia strategicamente sia economicamente – è una prospettiva, secondo Stefano Stefanini, senz’altro attraente per Pechino. Tuttavia, “in un momento in cui le si chiede di assumere una posizione precisa, la Cina dovrebbe esprimerla – ha concluso l’ambasciatore – non si può restare sempre alla finestra”.

Tra Nato ed Europa

Di fronte a questo scenario, muta anche la prospettiva della Nato e dell’Europa. “Il tema oggi è: bastano le capacità dimostrate dall’Alleanza atlantica?”, ha provocato Alli. “Dopo questa crisi siamo chiamati a reinterpretare il nostro rapporto con la Nato, l’autonomia strategica dell’Europa non è alternativa ma è complementare all’appartenenza all’Alleanza”, ha chiosato il vice ministro, secondo la quale, poi, un passo importante sarà la presa d’atto da parte di entrambe le sponde dell’Atlantico che le istanze e gli interessi geopolitici tra alleati possono divergere.

Anche le regole che l’Europa si è data vanno riviste. Secondo Jean-Paul Fitoussi il Vecchio continente dovrebbe assumersi l’onere di una scelta fondamentale: “O accetta di essere sovrano o rischia di essere messo al di fuori del concerto delle nazioni, senza capire che l’assenza di sovranità implica l’esclusione”. L’Unione così divisa, rischia di perdere ancora più incisività, ma, secondo l’economista, questo deriverebbe dalle stesse regole che si è data l’Europa: “L’Ue è vincolata dai trattati e dal principio dell’unanimità, che blocca un agile funzionamento del sistema”.

La priorità resta fermare la guerra

La fine delle ostilità resta sempre l’obiettivo da raggiungere per la politica. “La priorità delle diplomazie globali deve essere, al momento, la conclusione della guerra, per salvare vite e per evitare un rivolgimento del già disordinato ordine mondiale – ha detto in chiusura Marina Sereni – gli scenari futuri più devastanti sono quelli che immaginiamo con un conflitto destinato a durare nel tempo” e per questo fine, ad avviso del vice ministro, è fondamentale il coinvolgimento di tutti gli Stati, anche quelli al di fuori delle strutture occidentali.

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