Le critiche all’austerità europea arrivano dall’altra sponda dell’Oceano e non solo. Cominciano a farsi spazio anche tra i rappresentanti del Fmi e nei Paesi della stessa eurozona, con le mani legate dai vincoli di bilancio e liberi solo di creare nuova recessione con un aumento della pressione fiscale paralizzante. Ma mentre diventano bersaglio di economisti e politici europei, quei parametri di Maastricht che hanno segnato la vita economico-finanziaria del Vecchio Continente per oltre 20 anni diventano ora uno spunto di politica economica per la Cina.
Frenato il ciclo super espansivo, con una soglia minima di crescita prevista comunque al 7%, la leadership di Pechino ha deciso che le iniezioni monstre di liquidità non servono più e che il sostegno alla crescita solo attraverso la Banca centrale cinese rischia di alimentare una bolla senza precedenti. La soluzione, per il Dragone, non è ancora quella dell’austerity alla Bruxelles. Ma il focus sul contenimento del debito pubblico locale, vero cruccio di Pechino, e la decisione di mettere un tetto del 3% al rapporto deficit/Pil spostano in un batter d’occhio Maastricht all’ombra della Grande Muraglia.
L’audit del debito
La Cina, sottolinea infatti su Bloomberg, avvierà una revisione generale del debito nel corso della settimana mentre la leadership comunista indaga sulle minacce alla crescita e al sistema finanziario legate al boom creditizio lanciato dalle iniezioni record di liquidità della People’s Bank of China (PBoC), che ha deciso però nell’ultimo periodo di mettere un freno al suo programma.
E’ stato il Consiglio di Stato, guidato dal premier Li Keqiang, ad ordinare la revisione. Il National Audit Office sospenderà quindi i lavori su altri dossier per questo esame “urgente”, richiesto il 26 luglio, e manderà il suo staff nelle province e nelle città, ha spiegato ieri il People’s Daily citando fonti anonime.
Il primo esame sul debito degli ultimi due anni
Il primo esame sul debito degli ultimi due anni riflette le preoccupazioni del Fondo monetario internazionale sui rischi che possono essere arrecati all’economia dai prestiti degli enti locali e dall’espansione del settore bancario ombra. La nuova leadership ha deciso una resa dei conti con i prestatori statali il mese scorso a seguito della stretta monetaria decisa dalla PBoC per indurre il sistema bancario a una migliore gestione delle risorse.
“Il debito dei governi locali nel giro d’un paio d’anni è diventato un focus importante e una fonte di preoccupazione per lo sviluppo cinese”, ha spiegato a Bloomberg Ding Shuang, economista di Citigroup a Hong Kong ed ex Fmi. “La nuova leadershp sta cercando di dare una risposta chiara”.
La stima sul debito pubblico locale
Il primo esame sul debito locale ha trovato passività per 1,75 migliaia di dollari (10,7 trilioni di yuan) alla fine del 2010. L’urgenza della nuova revisione potrebbe essere causata dall'”indebolimento della fiducia nell’economia cinese” , ha proseguito Ding, che stima il debito locale attuale a 12 trilioni di yuan. Secondo l’economista la revisione potrebbe aprire la strada alle riforme fiscali e a quella dei poteri dei governi locali.
Il tetto del 3% al rapporto deficit/Pil
Ma, di pari passo con le riforme, il governo cinese ha deciso di mettere un tetto del 3% al rapporto deficit/Pil così da evitare, spiega China Business News, un downgrade da parte delle agenzie di rating. “Il governo deve stare molto in allerta sui rischi della crescente mole di prestiti che si è attivata”, ha avvisato il 5 luglio il vice ministro delle Finanze Zhu Guangyao, a seguito del discorso del governatore della PBoC Zhou Xiaochuan, che ha spiegato a marzo che ad essere a rischio è circa il 20% del debito locale complessivo.
I timori di un downgrade dopo Fitch
Charlene Chu, analista di Fitch Ratings a Pechino, ha evidenziato i rischi derivanti dai prestiti bancari e di altri istituti finanziari, saliti al 198% del Pil nel 2012 dal 125% di quattro anni prima. Fitch ha declassato Pechino a A+ da AA- ad aprile, il primo downgrade cinese di una dei tre colossi mondiali del rating, insieme a Standard&Poor’s e Moody’s, degli ultimi 14 anni.