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Verso una smart politics

I giovani sono i “change agents”, gli agenti del cambiamento, per questo bisogna starli a sentire. E non c´è modo migliore per farlo che attraverso la rete. Parola di Lee Rainie, direttore del Pew Research Center che, tiene a precisare “non è un think tank ma un fact tank”, cioè non è portatore di pensieri e opinioni ma di analisi reali sull´impatto che internet ha sulla famiglia, la politica e la società americana.
 
Un impatto rivoluzionario. Nell´incontro promosso oggi da Formiche, in collaborazione con l´Ambasciata Usa in Italia, Rainie ha portato numeri per dimostrarlo. Il 52% degli adulti negli Stati Uniti utilizza i social network. Una percentuale che si alza notevolmente con gli under30 (85%) ma che stupisce anche tra i meno giovani: per gli over65 si arriva comunque al 35%. E se l´attività principale sui social network è quella di creare o consolidare relazioni, la politica viene discussa su queste piattaforme dal 39% mentre viene “postata” attivamente dal 19%. Su Facebook & C. ci si può aggiornare di notizie politiche (lo ritiene importante il 36% degli intervistati), mobilitare persone (26%), discutere di politica (25%) e trovare chi è vicino alla nostra visione (25%).
 
L´ora X per il nuovo modo di fare politica 2.0, ricorda lo studioso, è stata nel 2008 e Obama ne è il leader indiscusso. Il tempo scorre veloce sul web e, rispetto ad allora, c´è già un´altra era all´orizzonte, quella della “smart politics”. Negli Usa il numero di persone con Smartphones infatti supera quello di chi possiede telefoni tradizionali. In quella che Rainie definisce “App culture”, se una persona scarica la nostra app, significa che già è interessato a noi. Per questo, il “texting”, il mandare messaggi a chi ci apprezza attraverso  Smartphones, tablet e multi-media è la nuova frontiera politica, in Italia ancora tutta da esplorare. I nostri fan potranno poi parlare di noi sui social network, veicolando il grande valore aggiunto che essi possiedono, la fiducia. Esattamente ciò che manca sempre di più ai media tradizionali e alla politica. “Quello che dicono i nostri amici su facebook è percepito come più affidabile e credibile rispetto allo stesso messaggio veicolato da un giornalista o un politico che non conosciamo direttamente, il tono è quello della conversazione, non dell´imposizione”, spiega Rainie.
 
Ciò che il direttore del Pew Research Center tiene a sottolineare è però che i social network non sono i sostituti del resto, dei vecchi modi di fare politica ma sono dei validissimi strumenti aggiuntivi. Per esempio nell´essere il più chiari e trasparenti possibile con i propri elettori, nel renderli partecipi e attivi. Ma, conclude Rainie, “i social network esaltano ciò che già siamo, rendendo più intelligente o più stupido chi già lo è. La natura umana in fondo non è cambiata molto”.


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