Chi volesse prendere una boccata d’aria in questi giorni bigi, potrebbe scoprire le meraviglie di un Sironi pre-futurista, poi futurista e infine illustratore. In via Alibert, piccola strada incastrata tra via del Babuino e via Margutta, la Galleria Russo ospita una mostra dedicata a Mario Sironi con opere dalle collezioni di Margherita Sarfatti e Ada Catenacci
Talvolta rigurgita un pezzo di passato che mette la cornice al presente agitando qualche eco di cose antiche. In qualche caso con effetti benefici, in altri nefasti.
La tempesta perfetta, pandemia più guerra, per esempio, che i nostri avi subirono negli anni tra il 1915 e il 1920, riporta le sue sinistre risonanze all’oggi. E, se le nostre sofferenze odierne sono solo pallidamente comparabili a quelle di cento e più anni fa (perché la guerra la vediamo solo in tv e dalla pandemia riusciamo a difenderci col vaccino), non è detto però, che il nostro “sentiment” non esca sfiancato dalla prova di resistenza all’insulto quotidiano che viene imposto al nostro umore, sferzato, appunto, da Putin e Covid.
A beneficio di chi è alla ricerca di un balsamo, di un kit di sopravvivenza per affrontare i nostri giorni difficili, si consiglia qualche escursione nella bellezza. E chi può maneggiare la bellezza con sapienza professionale se non un grande gallerista d’arte contemporanea? Fabrizio Russo è direttore-erede della galleria d’arte Russo che da 124 anni a Roma promuove l’alta cultura come mission dell’azienda, insomma dal lato di chi rischia in proprio. A lui, un gentleman elegante e colto, si deve l’impresa di una ricerca dove rigore filologico, identità familiare e passione per l’arte si combinano bene con un prodotto finale magnifico, un libro di oltre 400 pagine, “La chiusura del cerchio. Oltre un secolo di storia della Galleria Russo”, scritto da Francesca Romana Morelli ed edito da Maretti, che è al tempo stesso la storia della galleria e della sua famiglia e, insieme, un pezzo di storia di arte contemporanea italiana.
In questo grande album, dunque, si trovano mischiate istantanee fatte con i giganti dell’arte insieme a ricevute, bilanci, documenti, inviti e locandine di vernissage e le fotografie di tele, sculture, installazioni passate per le gallerie. Scorrere le immagini delle opere d’arte è un piacere assoluto per la vista. Un vezzo genealogico compone l’affresco di famiglia anche fuori dal ramo “artistico”, ma il Big Bang della professione è scattato con il bisnonno, Pasquale Addeo, che aprì, a ridosso del nuovo secolo, una bottega antiquaria in via Margutta, dove Fabrizio è voluto tornare, con la galleria di via Alibert, la piccola strada dove sbuca la “via degli artisti”.
Russo sarà il nome di un genero di Addeo, Franco, sposo di una delle sue figlie e gallerista di seconda generazione con vocazione ed orizzonti internazionali. A seguire i due fratelli Antonio ed Ettore, prozii di Fabrizio Russo, proseguono nell’impresa fino ad approdare agli anni della scoperta del mercato dell’arte da parte della nuova borghesia italiana. È la stagione del sodalizio con Giorgio De Chirico, che firmò con i Russo un accordo di esclusiva nazionale ed internazionale, ma anche di artisti del calibro di Carlo Levi, Fausto Pirandello, Ottone Rosai e tutti gli esponenti della Scuola Romana.
La sede della galleria era in quegli anni a piazza di Spagna, ma di lì a poco ci sarebbe stata la disseminazione delle gallerie d’arte anche nei luoghi termali, come Montecatini, Salsomaggiore, Fiuggi. Siamo ancora nel boom economico quando, nel 1966 un altro Russo, il nipote Salvatore, diventa titolare della galleria che dal 1984 vede il passaggio delle consegne al figlio poco più che ventenne, il direttore di oggi, con cui si apre l’ultima grande stagione che porta il brand della galleria a Milano, New York e Istanbul. Con Fabrizio si scoprono nuovi orizzonti internazionali e si caratterizza una pista di ricerca dedicata al Novecento italiano. Con passione ammirevole e approccio filologico ha raccontato al pubblico più vasto artisti eclettici come Duilio Cambellotti, dedicandogli una memorabile mostra a Villa Torlonia. Con dedizione che si addirebbe ad una istituzione pubblica, ha prodotto e allestito mostre adoperando approcci del tutto inediti di Sironi. Fra le novanta mostre (illustrate da ricchissimi cataloghi, meglio sarebbe dire: monografie illustrate) Renato Guttuso, Massimo Campigli, Carlo Levi, Fausto Pirandello, e i futuristi, una passione ed una specializzazione. Nella galleria Russo hanno trovato posto opere e mostre di Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Gerardo Dottori, Tato e la raccolta privata di Filippo Tommaso Marinetti.
Chi volesse prendere una boccata d’aria in questi giorni bigi, potrebbe scoprire le meraviglie di un Sironi pre-futurista, poi futurista e infine illustratore. Sono in mostra in galleria. Lì, in via Alibert, la piccola strada incastrata tra il Babuino e Margutta. Potrebbe accogliervi un uomo gentile. Ma anche una ragazza che si muove elegante e sicura tra le tele. È la figlia di Fabrizio, l’ultima generazione. Il “cerchio che si chiude”.