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Crisi energetica italiana e ritorno del nucleare. La proposta di Osimani e Tripputi

C’è alternativa all’energia nucleare? E quale è? Possiamo pensare a una politica energetica che, basata sulla “diversificazione delle fonti di approvvigionamento”, non tenga conto dell’energia nucleare? Giuseppe Pennisi si interroga sulla crisi energetica attuale leggendo il volume “Il futuro dell’energia nucleare” dell’Istituto Bruno Leoni

Ne Il Corriere della Sera del 29 marzo, Angelo Panebianco ha illustrato, con un’acuta analisi politologica e sociologica, perché la politica energetica italiana è diventata, negli ultimi quaranta anni, un “pasticciaccio brutto” peggiore di quelle di numerosi altri Paesi dell’Unione europea (Ue), i quali, purtuttavia, in materia, non sembrano godere buona salute.

Sono determinanti di lungo periodo: dall’antiamericanismo (di origine sia comunista sia fascista) che pervade ancora parte del ceto dirigente italiano alla convinzione che, dopo la caduta del muro di Berlino, la Federazione Russa sarebbe stata un partner commerciale affidabile, e ricco. È stata gradualmente abbandonata la politica e strategia degli anni Cinquanta e Sessanta, che, guidata dalla stessa Eni, faceva perno sulla “diversificazione delle fonti di approvvigionamento” finendo in un abbraccio fatale con Mosca. L’Italia di allora era anche uno dei Paesi Ue che più sperimentavano con l’energia atomica a fini civili.

Sono determinanti che non possono essere risolte nel giro di pochi anni. Per il breve periodo, in questi giorni stampa autorevole americana e britannica, ricordano all’Italia come affrontò, e superò, la crisi energetica dell’inizio degli anni Settanta del secolo scorso – quella conseguente il forte aumento dei prezzi del petrolio: ridurre i termostati di qualche grado, diminuire i limiti di velocità in autostrada, incoraggiare (con sussidi) i trasporti pubblici e scoraggiare quelli privati, spegnere la televisione a mezzanotte. Suggerimenti poco appropriati, sotto il profilo politico, perché, dopo cinquanta anni di crescita economica (trenta per l’Italia), nessun elettorato è pronto ad una riduzione significativa del tenore di vita. Anche perché da allora ad ora, l’efficienza energica è senza dubbio aumentata.

Ci sono misure che si possono prendere nel breve periodo: utilizzare il gas dell’Adriatico – come fa già la vicina Croazia -, sbloccare i progetti di rigassificatori impelagati in trappole localistiche e burocratiche, incentivare (per quel che si può) le cosiddette “alternative”.

In questo contesto, sta uscendo in questi giorni un interessante saggio dell’Istituto Bruno Leoni (Celso Osimani e Ivo Tripputi “Il futuro dell’energia nucleare”) che guarda non al lungo termine ma al medio. Propone il rilancio dell’energia nucleare di nuova generazione e con elevati standard di sicurezza. In 150 pagine di facile lettura vengono esaminati a) le produzione di energia elettrica nel mondo ed in Italia; b) gli aspetti controversi dell’energia nucleare; c) la tecnologia attuale; d) i reattori di piccolissima, piccola e media potenza; e) i reattori a fusione; f) il ruolo delle organizzazioni internazionali; g) gli scenari possibili. Un’interessante appendice illustra ed elenca i piccoli reattori innovativi modulari.

La conclusione è che il settore è in continua evoluzione, soprattutto sotto il profilo della sicurezza. Vengono effettuati confronti con altri comparti. Tuttavia, “sulla percezione del rischio da parte degli individui ancora c’è molto da lavorare, soprattutto in Italia”. Il nucleare è stato dichiarato “sostenibile” e “meritevole di esser incluso tra le attività per il Green Deal europeo” e potrà godere di finanziamenti pubblici che molti altri governi (Cina e Russia in testa) stanno dando ai nuovi progetti.

L’Italia, che negli anni Sessanta era il terzo produttore mondiale, ha votato due volte su temi associati all’uso dell’energia nucleare ed ha ancora tecnici e strutture di livello in questo campo. Occorre chiedersi: quale è l’alternativa? Possiamo pensare ad una politica energetica che basata sulla “diversificazione delle fonti di approvvigionamento” non tenga conto dell’energia nucleare? I cui impianti abbiamo comunque alle porte di casa, nella vicinissima Francia.

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