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In lode di Biden, che chiama Putin per nome

Viva Joe Biden, che ha il coraggio di dire in pubblico quel che tutti pensiamo in privato: Putin è un dittatore, e c’è da augurarsi che non governi più. Invece che censurarlo, i leader europei dovrebbero fare quadrato. Un secolo fa il silenzio è costato caro. Il corsivo del prof. Joseph La Palombara (Yale)

L’errore umano ha infiniti modi di manifestarsi. Un esempio recente si può riscontrare in questi giorni alla Casa Bianca, in tv e in tutti quei posti dove una stuola di “esperti” continua a dare giudizi sull’ “oltraggio” di cui si sarebbe macchiato recentemente il presidente Joe Biden, “reo” di aver dichiarato che Vladimir Putin non è adatto a governare e che saranno i russi a fare in modo che non rimanga al potere.

Dallo sfogo di Biden hanno preso le distanze decine di addetti ai lavori, dentro la Casa Bianca e nel resto del mondo. A Pennsylvania Avenue c’è chi si è fatto prendere dal panico e ha giurato da subito che Biden sarebbe “tornato sui suoi passi”. E invece il presidente non soltanto si è duramente rifiutato di farlo, ma ha in effetti ribadito il messaggio.

Nel mentre, i cosiddetti “esperti” di politica internazionale hanno fatto a gara per unirsi alla condanna di Biden. Su una delle principali tv americane uno di questi saggi ha sostenuto come il presidente avrebbe dovuto seguire il tradizionale protocollo diplomatico. In poche parole, avrebbe dovuto guardarsi dal dire in pubblico quel che la maggior parte delle persone sane nel mondo credono in privato. Per dimostrare questa tesi, l’“esperto” si è chiesto cosa sarebbe successo se altri capi di Stato o governo avessero all’epoca detto lo stesso di Adolf Hitler. E il problema è esattamente questo.

Dovremmo infatti chiederci cosa sarebbe successo un secolo fa se persone più oneste avessero detto al mondo cosa pensavano davvero di Hitler, Mussolini e degli altri dittatori in circolazione. Il silenzio diplomatico e l’appeasement alla Chamberlain non hanno impedito a questi folli di ordinare la tortura, l’incarcerazione e l’omicidio di milioni di vittime.

Quel silenzio rimbombato il secolo scorso è in parte responsabile per la morte di diversi milioni di ebrei e dissidenti russi. Non è stato solo Chamberlain a credere alle bugie sistematiche di Hitler. Sappiamo infatti ormai che leader politici di ogni provenienza erano a conoscenza della posta in gioco. Il protocollo diplomatico, oggi violato da Biden, consigliò loro di scegliere il silenzio.

Quel di cui abbiamo veramente bisogno allora non è una condanna senza appello del presidente americano quanto piuttosto riconoscere che ha eroicamente dichiarato quel che così tanta gente pensa da tempo. Johnson a Londra, Scholz a Berlino, Macron a Parigi, Draghi a Roma e molti altri dovrebbero formare un cordone intorno all’inquilino della Casa Bianca. Tutti infatti, nessuno escluso, concordano sul fatto che Putin, per diverse ragioni, è una minaccia attuale e urgente all’intera umanità. Esattamente come, qualche generazione fa, lo sono stati Hitler e gli altri membri dell’Asse.

Una generazione prima, il New York Times e tanti altri giornali internazionali accoglievano benevolmente l’avvento del fascismo in Italia. Un decennio dopo, in pochi credevano che Hitler e i nazisti avrebbero assassinato milioni di ebrei e trascinato il resto del mondo in una guerra sanguinosa. Non una sola parola su Josip Stalin, un assassino. I leader delle democrazie occidentali hanno seguito il protocollo diplomatico e sono rimasti in silenzio di fronte alle “vicende interne” dell’Asse.

Il presidente Biden ha scelto un’altra strada. Si è rifiutato di rinnegare il suo giudizio su Putin e sulla necessità che non resti al potere. Sa benissimo che, sfortunatamente, questo è un giudizio che spetta ai russi, e ai russi soltanto. Sono loro – non di certo i leader attuali delle democrazie occidentali – ad avere il destino di Putin nelle loro mani. Qui, nelle nostre fragili democrazie, la gente semplice saprà riconoscere a Biden, prima o poi, lo status di eroe che merita.

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