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Ucraina e infowar, l’altro fronte (e perché resistere)

Di Alisa Muzergues
Ucraina macerie

La chiusura di RT e Sputnik agisce solo sulla punta dell’iceberg, perché la macchina della disinformazione del Cremlino ha già intossicato la sfera dell’informazione. I media occidentali devono capire che chi ricalca le narrative russe ha perso ogni legittimità nel parlare della guerra. Ora l’attenzione vada sull’educazione e sullo sviluppo del pensiero critico, per preservare la nostra comunità occidentale e i suoi valori

La guerra su larga scala della Russia contro l’Ucraina, iniziata alle 5 del mattino del 24 febbraio, ha scioccato l’intera comunità occidentale per la sua brutalità e il suo cinismo. Ma la guerra d’informazione parallela che Mosca ha condotto ben oltre i confini occidentali dell’Ucraina, attraverso i media convenzionali e i social, non è stata percepita come uno shock. In realtà ha semplicemente guadagnato forza; la macchina della propaganda di Mosca ha continuato a guadagnare non solo numerosi seguaci, ma anche facilitatori all’interno dei nostri sistemi democratici negli ultimi anni, nonché – dobbiamo ammetterlo – anche le ultime settimane.

“Le stesse regole della guerra sono cambiate”, scriveva il capo dello Stato Maggiore russo, il generale Valery Gerasimov, nel febbraio 2013, pochi giorni prima che la Russia iniziasse ad attuare la dottrina della guerra ibrida in Europa che ha portato all’annessione illegale della Crimea e alla parziale occupazione del Donbass. L’idea principale di Gerasimov consisteva nel fatto che il potere dei mezzi non militari per raggiungere obiettivi politici e strategici è aumentato, e in alcuni casi ha anche superato quello delle armi convenzionali a livello di efficacia.

Questa affermazione riassume perfettamente le attività non convenzionali della Russia, che fanno parte della sua strategia di guerra a basso costo. La battaglia di informazione e influenza della Russia in Occidente mira a promuovere la sua realtà parallela a un costo relativamente basso attraverso una vasta gamma di attori e strumenti, media, comunità d’affari, politici, esperti, campagne coordinate sui social media, eccetera.

L’obiettivo di questa tattica di infowar è quello di disseminare dubbio e sfiducia, distorcere la realtà e rimodellarla in maniera da adattarsi all’obiettivo del Cremlino a seconda del momento e dell’ambiente. Talvolta l’obiettivo è convincere un certo pubblico che qualcosa che non è mai accaduto (come nel caso di Lisa, una storia falsa che è stata inventata e diffusa da media russi e gruppi di destra in Germania su una ragazza russo-tedesca che sarebbe stata violentata da migranti mediorientali. Questa bufala ha portato a manifestazioni di massa e persino tensioni diplomatiche tra Germania e Russia nel 2016). In altri casi è di seminare discordia e polarizzare la società, sfruttando le divisioni esistenti (come durante le elezioni presidenziali americane del 2020, quando l’obiettivo della campagna d’influenza russa era “di minare la fiducia del pubblico nel processo elettorale ed esacerbare le divisioni socio-politiche”). In altri casi ancora la comunicazione è usata semplicemente per intimidire il pubblico, per esempio promettendo la terza guerra mondiale se le armi vengono consegnate all’Ucraina in qualsiasi forma – qualcosa che sta già accadendo e che il Cremlino vorrebbe fermare, ed è per questo che cerca di fare pressione sull’opinione pubblica per incitare i governi a fare marcia indietro.

In Ucraina la macchina della propaganda russa è stata naturalmente smentita da ogni bomba esplosa nelle città ucraine (prevalentemente di lingua russa) nell’est e nel sud, attaccate dall’esercito russo; da ogni scuola e ospedale in rovina, da ogni famiglia distrutta e vita umana persa, che l’esercito russo occupante ha affermato di liberare dai “nazisti”. In Occidente, invece, la macchina della propaganda è ancora in movimento, nonostante la messa a bando di RT e Sputnik, tra le altre fonti di disinformazione. Molte delle “narrazioni alternative” preparate dalle troll factories del Cremlino vengono ora propagate sui social media e da pseudo-esperti che trasmettono le narrazioni di Mosca sulle televisioni locali; queste sono passate senza soluzione di continuità da RT ad altri media senza essere rilevate.

Attualmente possiamo osservare le seguenti narrazioni russe, che stanno simultaneamente avanzando nella sfera dell’informazione occidentale non solo attraverso i loro canali affiliati e esperti, ma anche semplicemente individui ignoranti, che sono diventati esperti di Russia e Ucraina da un giorno all’altro senza avere una comprensione più profonda delle relazioni storiche tra i Paesi e le vere intenzioni di Putin verso l’Ucraina:

– È stata l’Ucraina e il suo desiderio di unirsi alla NATO a provocare la Russia, e l’Ucraina deve ufficialmente diventare uno stato neutrale, seguendo l’esempio dell’Austria o della Svizzera.

– L’Ucraina deve accettare la “pace a tutti i costi” per evitare ulteriori perdite umane e distruzione (che è un modo politicamente corretto per dire che l’Ucraina deve capitolare).

– La Russia non ha intenzione di occupare l’Ucraina; è semplicemente preoccupata per la propria sicurezza nella regione regione sullo sfondo di un Occidente aggressivo.

Partiamo dal fatto che nel 2014, quando la Russia ha lanciato la sua aggressione in Ucraina con l’annessione illegale della Crimea e la guerra nel Donbass, l’Ucraina era uno stato costituzionalmente neutrale e il livello di sostegno nazionale per l’adesione dell’Ucraina alla NATO era poco più del 30%. Dopo otto anni di guerra e l’inizio di un’invasione su larga scala, il sostegno sia per la Nato che per l’adesione all’Ue è il più alto di sempre in Ucraina, rispettivamente al 76% e all’86%. Questo illustra perfettamente la completa incomprensione delle realtà locali da parte di Putin e del suo entourage, così come il fallimento assoluto dei loro tentativi di ribaltare le aspirazioni euro-atlantiche degli ucraini.

Il messaggio secondo cui l’Ucraina deve smettere di combattere e aspirare a raggiungere la “pace a tutti i costi” è diventato molto radicato, soprattutto in Italia, e si sta diffondendo sia nelle conversazioni delle code dei mercati che durante le discussioni tra illustri esperti. E di nuovo, questo è un altro tentativo della Russia di distorcere la realtà, perché in realtà è vero il contrario: se la Russia smette di combattere e si ritira dall’Ucraina, non ci sarà più la guerra. Ma se l’Ucraina smette di combattere, non ci sarà semplicemente nessuno stato ucraino, che a questo punto sembra essere l’obiettivo finale del regime di Putin.

Il terrore e la soppressione di qualsiasi tipo di resistenza che è stata imposta sui territori dell’occupazione illegale della Crimea e delle cosiddette “repubbliche” del Donbass occupato forniscono una chiara comprensione di cosa è capace la Russia e cosa possiamo aspettarci se l’Ucraina smette di resistere. Osserviamo già gli atti di rapimento e di violenza contro civili dissidenti e pacifici nella città meridionale occupata di Kherson.

La verità è che Putin non ha preoccupazioni riguardo la sicurezza, dato che nessuno ha attaccato la Russia. La sua vera preoccupazione è l’espansionismo russo che rifiuta di permettere agli ucraini, ai georgiani o ai moldavi (tra gli altri) di scegliere il proprio percorso di sviluppo; nel caso dell’Ucraina è un percorso democratico ed europeo. Tralasciando il fatto che questo percorso distruggerà completamente le speranze di ripristino dell’impero russo (sovietico), potrebbe servire come esempio per la società russa e distruggere un altro mito coltivato sull’impossibilità di un ordine democratico e liberale nell’area post-sovietica.

Mentre l’Ucraina tiene il fronte militare, l’Occidente non può perdere quello dell’informazione, specialmente sul proprio territorio. La chiusura dei canali di propaganda mira solo alla punta dell’iceberg, perché la macchina della disinformazione del Cremlino ha già intossicato la sfera dell’informazione, in particolare attraverso i social e i canali WhatsApp e Telegram. E i media occidentali devono capire che le stesse persone che continuano a dare la parola, che per anni hanno giustificato il regime di Putin e che fino a poco tempo fa hanno negato la realtà del rischio di un’invasione hanno semplicemente perso ogni legittimità nel parlare di questa tragedia. Ora, più che mai, l’attenzione sull’educazione e lo sviluppo del pensiero critico gioca un ruolo importante nel preservare la nostra comunità occidentale e i suoi valori.

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