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La Cina e la trappola dello zero-Covid. Tre scenari possibili

Molti indizi suggeriscono un cambio di approccio di Pechino nella gestione della pandemia. Il costo economico è alto e la variante Omicron complica la situazione. Così Bloomberg pronostica altre strade, tra aperture graduali e nuovi lockdown localizzati

Mentre il mondo torna progressivamente alla normalità, revocando le limitazioni per contenere il virus, la Cina resta l’unico Paese al mondo con la politica zero-Covid. La grande sfida è mantenere accesi i motori dell’economia, nonostante la nuova ondata per Omicron evidenzi i costi dell’approccio adottato dalle autorità.

Il governo cinese ha ammesso che non erano pronti a gestire gli effetti della nuova variante, con una popolazione che manca di immunità naturale, proprio per la politica zero-Covid, e vaccini di produzione nazionale di dubbia efficacia.

E la variante Omicron complica l’applicazione. Il tempo di incubazione del virus si è ridotto a 1,5-3 giorni, per cui le persone possono trasmettere il virus prima ancora di sapere di averlo, oltre all’aumento dei casi asintomatici. “Anche con una copertura vaccinale completa e un’iniezione di richiamo, l’esperienza internazionale dimostra che la protezione contro l’infezione da Omicron è limitata”, sostiene l’agenzia Bloomberg. La Cina, senza dubbio, ha bisogno di più vaccini mRNA.

Con questo quadro, la situazione forse cambierà, come anticipa Bloomberg: “Nei prossimi mesi, la Cina probabilmente rimarrà orientata a spegnere il virus, piuttosto che imparare a conviverci in stile occidentale.

Tuttavia, man mano che le sfide della protezione della salute pubblica e dell’economia con una politica zero-Covid  diventano più evidenti, il dibattito inizia a trasformarsi”. La decisione sarà importante, giacché coinvolge circa 1,4 miliardi di abitanti e un’economia di dimensioni globali.

In caso di un aumento degli infetti generalizzato, la Cina tornerebbe ai rigidi lockdown generali del 2020. E questo sarebbe profondamente negativo per l’economia, non solo cinese. “La crescita globale, già vacillante per la guerra in Ucraina, subirebbe un altro colpo – precisa Bloomberg -. L’impatto sull’inflazione è più difficile da prevedere. Da un lato, una crescita più lenta è disinflazionistica, e una domanda cinese più debole colpirebbe i mercati delle materie prime […] Dall’altro lato, se le fabbriche e i porti cinesi smetteranno di funzionare, i problemi della catena di approvvigionamento peggioreranno”.

In una riunione del Politburo a marzo, Xi si è impegnato a ridurre l’impatto economico delle sue misure anti-Covid. Ma non sarà una svolta in stile occidentale. Si stima che la politica zero-Covid cinese ha evitato 1 milione di morti e 50 milioni di contagiati, per cui sarà difficile che quella strada sia del tutto abbandonata.

E cosa farà adesso Pechino per affrontare il Covid? Bloomberg Economics e Bloomberg Intelligence hanno analizzato la situazione generale e sono arrivati a tre potenziali scenari. Il primo potrebbe essere continuare con l’approccio attuale, cioè, “lockdown locali mirati per mantenere i casi vicini allo zero”. Il secondo scenario potrebbe prevedere un’apertura graduale, supportata da progressi nella campagna vaccinale. Il terzo scenario è il più catastrofista e sarebbe il ritorno ad un lockdown nazionale se i casi continuino ad aumentare in maniera generalizzata.

Lo scenario più probabile è il primo, perché conta sul sostegno della leadership politica: “Il presidente Xi Jinping sta cercando un supporto per un terzo mandato alla fine di quest’anno, suggerendo che qualsiasi cambio di direzione significativo dovrà probabilmente attendere fino al 2023”. Ma si va verso anche l’apertura del secondo scenario, come confermano le ultime decisioni su Hong Kong e i commenti di un consigliere Covid.

Zhang Wenhong, consigliere per la gestione della pandemia del governo municipale di Shanghai, ha affermato la scorsa settimana che la prossima fase della lotta contro il virus richiederà più vaccini, cure e risorse mediche, un indizio che i preparativi sono già in corso per cambiare strategia.

“Con i costi dei lockdown mirati sempre più evidenti, un’apertura graduale e controllata sembra essere la strada meno sfavorevole da seguire – si legge su Bloomberg -, e quella più probabile che la Cina intraprenderà alla fine. La domanda è quando e come”.

La priorità di Pechino, ad oggi, sarà ridurre al minimo i contagi mantenendo attiva l’economia. Per questo sono pronti piani di test di massa e lockdown localizzati, chiamati “compensazione dinamica”.



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