La ricerca integrata tra diabete, obesità, Covid e long Covid è di primaria importanza. “Le relazioni e interconnessioni tra le malattie richiedono massima attenzione – sottolinea Agostino Consoli, presidente Sid, Società Italiana di Diabetologia – basando in futuro su di esse la ricerca, la formazione e la divulgazione scientifica”
L’ampio campo di interesse scientifico, fatto di temi, evoluzioni e ripercussioni, relativi alla numerosa popolazione con diabete in Italia e nel mondo, è sotto l’attenzione costante e l’impegno importante di tutta la comunità dei medici della Sid, la Società Italiana di Diabetologia.
Spaziando dall’associazione a rischio tra diabete e Covid-19, dove Sid è in prima linea nella ricerca e cura del diabete mellito, contribuendo in maniera significativa ad approfondirne le relazioni, attraverso numerose ricerche che hanno permesso di chiarire le sfaccettature di questa associazione.
Alla non meno pericolosa associazione tra diabete e obesità, a causa dell’aumento di massa corporea e perciò maggiore probabilità di sviluppare diabete mellito di tipo 2. E, amara conseguenza, diabete ed obesità entrambi tristi protagonisti di relazioni pericolose con il Covid-19. Entrambe le patologie infatti (ed ancor più se concomitanti) fanno aumentare significativamente il rischio di malattia grave e le probabilità di ricovero in caso di infezione da Sars-Cov-2. “Il diabete mellito e la obesità (condizioni spesso coesistenti) aumentano molto il rischio di malattia grave in chi contrae l’infezione – ha dichiarato il professore Agostino Consoli, presidente Sid, Società Italiana di Diabetologia –. Temiamo anche che la pandemia possa indurre un ulteriore aumento della prevalenza del diabete (per effetto diretto dell’infezione virale sulle cellule del pancreas endocrino e/o per la sedentarietà forzata e la iper-alimentazione indotte dal lockdown). Inoltre, diabete e obesità sembrerebbero aumentare il rischio di sviluppare il Long Covid, una condizione caratterizzata da sintomi e alterazioni degli esami clinici che persistono dopo la guarigione”.
Infatti è possibile che la pandemia abbia impresso un’accelerazione alla crescita del diabete nel nostro Paese, non solo per la possibilità che il coronavirus distrugga le cellule che producono insulina ma anche per l’adozione di stili di vita poco sani. Da qui l’attenzione alle persone con diabete, maggiormente a rischio di sviluppare Long Covid, una condizione caratterizzata da sintomi persistenti dopo la guarigione e che, in molti casi, possono confondersi con le complicanze croniche del diabete.
Ad oggi è certo l’imponente effetto negativo esercitato dal diabete sulla probabilità che un soggetto positivo al Covid-19 necessiti di ricovero, di terapia intensiva e soccomba al virus. Dove anche un’iperglicemia misconosciuta, che è presente in circa il 40% dei pazienti al momento del ricovero per Covid-19 è un potente fattore di rischio per l’andamento sfavorevole della malattia, sottolineando l’importanza dello screening del diabete.
Motivo per cui la comunità scientifica ha realizzato di trovarsi di fronte alla collisione di due pandemie, quella di una malattia non trasmissibile come il diabete e quella di una nuova temibile malattia infettiva. In questo difficile quadro però, grazie all’uso diffuso di tecnologie per il monitoraggio glicemico, soprattutto nel diabete tipo 1, anche in epoca di confinamento causa pandemia, è stato possibile monitorare i pazienti a distanza.
Mentre numerosi ambiti universitari al contrario hanno fornito numerosi contributi di ricerca circa i possibili effetti negativi del confinamento domiciliare sul compenso glicemico dei pazienti con diabete. Dato che ha spinto le istituzioni sanitarie e associazioni di categoria al monito teso ad incoraggiare i cittadini alla prevenzione, ad effettuare scelte alimentari consapevoli, e ad interrompere la sedentarietà, assumendo in definitiva, uno stile di vita con adeguato esercizio fisico e una sana alimentazione, teso persino a migliorare, anziché deteriorare, la salute.
In tal senso vanno le cure sempre più sofisticate, servendosi di tecnologie all’avanguardia, come indicato dalle Linee Guida per pazienti con diabete mellito di tipo 1, appena approvate dall’Istituto Superiore di Sanità ed elaborate da Sid, con Amd ed il resto della comunità scientifica della diabetologia italiana, dove si sottolinea il ruolo determinante delle tecnologie e del loro corretto utilizzo per una maggiore efficacia clinica della terapia, raccomandando l’utilizzo di sistemi di monitoraggio del glucosio in continuo real-time, preferendo sistemi di microinfusione dell’insulina, in alcuni casi dotati anche di automatismo.