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Così cambia Matteo Renzi

Sembrano passati anni luce da quando Matteo Renzi il rottamatore combatteva da Firenze la nomenklatura del Pd. Ora quella renziana appare a molti come la corrente più strutturata di Largo del Nazareno e il sindaco del capoluogo toscano è uno dei leader di maggiore peso del centrosinistra, promesso sposo del partito e del Paese.

Ma quanto in questa strada, il Pd è riuscito a cambiare Renzi e Renzi il Pd?

Renzi e il Pd secondo Giorgi
Lo racconta a Formiche.net Diego Giorgi, giornalista di Firenze Today. Il suo libro appena uscito nelle librerie, “L’Italia di Matteo Renzi- Cronaca di un eterno futuro” (edizioni Fuorionda), mette in ordine cronologico le tappe de suo percorso politico. Un percorso non sempre lineare, spiega Giorgi in una conversazione con Formiche.net: “Il sindaco ha sicuramente dato una verniciatura di bianco al partito, si è fatto carico di un sentimento nazionalpopolare che chiedeva il rinnovamento della classe dirigente e l’ha portato a Largo del Nazareno. Ma nel farlo, si è scontrato con l’apparato e, essendo una persona ambiziosa con il sogno di Palazzo Chigi nel cassetto, ha capito che doveva scendere a patti con esso. È diventato un politico. E rispetto al ‘io non sarò mai come loro’ delle primarie, ne è passato di tempo”.

Renzi e Firenze
La dimensione politica nazionale acquisita oggi da “Matteo” si fa sentire anche a Firenze, racconta Giorgi: “Renzi ha cambiato stile anche nella sua città, è più attento e più disinvolto nel suo rapporto con i media. Così ogni evento anche marginale del Comune diventa un’occasione di propaganda e di conferenza stampa che in pochi minuti raggiunge Roma e il palcoscenico nazionale”.

Bersani e Renzi, a parti invertite
Anche tra Renzi e il suo avversario alle primarie Pier Luigi Bersani le parti cambiano e sembrano ora quasi invertite. È l’ex segretario del Pd a fare il tifo perché il governo in tandem con il Pdl duri mentre l’ex rottamatore manifesta la sua insofferenza tirando periodicamente qualche “picconata” all’“amico Enrico”. E di conseguenza è sempre Renzi ad apparire tra i due il più lontano dal centro-destra e da Silvio Berlusconi, lui da sempre considerato l’esponente meno a sinistra del Pd e colpevole di un chiacchieratissimo pranzo ad Arcore con il Cav.

Sono poi Renzi e i suoi fedelissimi a volere questa volta che si rispetti lo statuto del partito in vista del Congresso. Segretario e candidato premier devono coincidere, dicono i renziani, dimentichi della deroga concessa lo scorso anno proprio dall’ex segretario per far partecipare il loro leader alle primarie in vista delle elezioni di febbraio.



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