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Zelensky vs Macron. La guerra è anche di parole

Di Francesco De Remigis

Non solo missili e bombe. C’è un’altra guerra in Ucraina e si combatte a suon di parole, a volte con un po’ di fuoco amico. Zelensky e i suoi a Kiev mettono nel mirino Macron e i suoi viaggi (inutili) per convincere Putin

C’è tutto un dizionario legato alle parole “nate” in guerra. E talvolta i neologismi danno l’idea, più di tante dichiarazioni, trattative, viaggi, passerelle e strette di mano dei leader, del reale stato delle cose.

Per esempio, è diventata celebre in Ucraina, stando all’Associated press, un parola ispirata dal comportamento del presidente francese: “Macronare”; meglio usata con l’imperativo categorico “Smettila di macronare!”, sarebbe entrata nel linguaggio comune a Kiev, ma pure in altre località ucraine che vedono i russi arretrare o desistere.

Nonostante la guerra, si torna, soprattutto sui social, a vivere con la lente d’ingrandimento tanto sul campo quanto sull’attualità europea, e dunque anche sulle presidenziali francesi, punzecchiando Emmanuel Macron dalla distanza sulla base dei suoi svariati tentativi di far ragionare Vladimir Putin senza alcun cessate il fuoco portato a casa in 50 giorni, né uno straccio di corridoio umanitario che fosse davvero in sicurezza per gli ucraini.
Macron viene ormai visto in Ucraina come qualcuno “che non viene ricordato per un aiuto reale, ma per le sue foto preoccupate dall’Eliseo”, dunque “basta Macronare!”. E cioè “mostrarsi estremamente inquieto per la situazione, ma senza fare granché”.

Il neologismo “macronete”, in lingua ucraina, è l’immagine di questa rabbia strisciante. Alcuni ucraini puntano il dito Oltralpe, accusando il presidente francese di non aver mantenuto le promesse; la Francia ha inviato sostegni d’ogni genere. Ma certo molto meno dello Zio Sam. E per capire quanto sia logorata l’immagine dell’Eliseo, con la Francia che fino al 30 giugno presiede pure il Consiglio dell’Ue, c’è Telegram, l’app di messagistica istantanea servita agli ucraini anche per gli allarmi aerei e per lo scambio di informazioni sui rifugi, e dove oggi il neologismo vive di vita propria entrando nel linguaggio quotidiano e militare.

L’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso della speranza ucraina, nei confronti del ruolo dell’attuale inquilino dell’Eliseo, è stata la sua frase sull’ipotesi di una tappa a Kiev: “Sono pronto a tutto, ad andare a Kiev o in un’altra città ucraina, ma voglio che sia utile”, ha spiegato Macron in un’intervista a BfmTv. Di fatto rimandando alle calende greche.

Macron era volato nella capitale ucraina e poi a Mosca a inizio febbraio prima che il Cremlino iniziasse l’invasione il 24 febbraio. “Per cercare di evitare la guerra, poi ho continuato a chiamare Zelensky e Putin”. Verissimo. Con Putin siamo vicini alle 30 telefonate, di Macron. Ma sono più che altro le sue foto, scattate dalla bravissima Soazig de La Moissonnière, a far parlare di sé e della sua “mutazione” estetica senza troppo seguito d’armi alla resistenza: ovvero il Macron in felpa con logo CPA 10, Commando Parachutiste de l’Air n° 10, il corpo speciale dei parà di stanza a Orléans-Bricy, che però non vuol cedere “alla moda” di andare in Ucraina. “Se andrò, forse presto, forse più avanti”, sarà “quando ci sarà qualcosa da proporre e non prima”.

D’altronde in ogni guerra fioriscono neologismi: dal lessico relativo al primo conflitto mondiale, ben raccontato nel
Dizionario moderno di Alfredo Panzini, alla compresenza di termini ufficiali, forestierismi e gergalismi che interagiscono con gli eventi tra lingue e registri diversi. Come è noto, però, i francesi non gradiscono essere presi in giro. E in vista del ballottaggio per l’Eliseo, anche un’innocente neologismo, diventato di dominio pubblico fino a essere oggetto di dibattito in varie trasmissioni tv d’Oltralpe, potrebbe influenzare queste surreali presidenziali.

A quelli citati da Ugo Cardinale nel suo “Storie di parole nuove – Neologia e neologismi nell’Italia che cambia”, in cui l’illustre linguista racchiude parole desuete che ritornano causa guerra o crisi sanitaria, si dovrebbe quindi aggiungere “macronare”; nel libro dell’editrice il Mulino si elencano “denazificare” o “finlandizzazione”, già in auge durante la Guerra fredda Usa-Urss.

Ad alcune parole si appiccicano via via significati differenti, adattati al tempo, all’attualità. Ma gli ucraini, forse stanchi o assuefatti al consumo di suoni da trincea, hanno trovato in Macron un’ispirazione. Basta neologismi nati nell’Europa post-comunista dell’est: “lustracjia”, per indicare l’ostracismo delle vecchie classi politiche. O “denazificare”. Con “macronare”, il popolo a trazione Zelensky segna un altro gol nella comunicazione. E il portavoce del governo francese Gabriel Attal, in evidente imbarazzo, dice in tv: “Macronare…? Non l’ho mai sentito”.

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