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Quale 5G? Open Ran schiacciato tra Usa, Europa e Asia

La Commissione pubblica un rapporto pieno di dubbi sull’architettura a interfacce standard aperte. Lo fa pochi giorni prima della riunione Ue-Usa su tecnologia e commercio. La strada per questo standard è in salita. Ecco perché

È ben riassunto dalle parole della vicepresidente esecutiva Margrethe Vestager lo scetticismo della Commissione europea verso l’Open Ran, un’architettura per il 5G pensata per introdurre una maggiore competizione nel segmento radio e favorire anche l’ingresso di nuovi attori grazie all’interoperabilità tramite la definizione di interfacce standard aperte. “La nostra priorità e responsabilità comune è quella di garantire la tempestiva diffusione delle reti 5G in Europa, assicurandone al contempo la sicurezza, ha dichiarato. Questa architettura “crea nuove opportunità sul mercato”, ma il recente rapporto della Commissione europea “dimostra che sollevano anche importanti problemi di sicurezza, soprattutto nel breve termine. Sarà importante che tutti i partecipanti dedichino tempo e attenzione sufficienti a mitigare tali sfide, in modo da poter realizzare le promesse della Ran aperta”, ha aggiunto Vestager.

“Questo rapporto dimostra che l’Open Ran offre diverse opportunità, ma anche sfide significative per la sicurezza che non sono state ancora affrontate e che non possono essere sottovalutate”, ha rincarato la dose Thierry Breton, commissario europeo per il Mercato interno, aggiungendo che l’eventuale implementazione di Open Ran nelle reti 5G europee “non deve portare in nessun caso a nuove vulnerabilità”.

L’idea di di Open Ran, spiega la Commissione europea, “manca ancora di maturità e la sicurezza informatica rimane una sfida significativa”. Soprattutto nel breve termine, aumentando la complessità delle reti, questa architettura “aggraverebbe una serie di rischi per la sicurezza” allargando la superficie di attacco e aumentando le possibilità di errori di configurazione delle reti. Il rapporto rileva inoltre che “le specifiche tecniche, come quelle sviluppate dalla O-Ran Alliance”, organizzazione che sta affrontando una fase complicata della sua vita per via dell’adesione di diversi soggetti cinesi, “non sono sufficientemente mature e sicure in fase di progettazione”, scrive la Commissione europea. Inoltre, secondo la Commissione, la possibilità per le autorità di regolamentazione di esaminare i fornitori ad alto rischio potrebbe essere problematica, data la natura dinamica degli ecosistemi Open Ran. Infine, l’architettura “potrebbe portare a nuove o maggiori dipendenze critiche, per esempio nei settori dei componenti e del cloud”.

La Commissione europea ha dunque scelto, in questo rapporto pubblicato pochi giorni prima della seconda riunione del Consiglio commercio e tecnologia Unione europea-Stati Uniti, un approccio cauto. D’altronde l’architettura aperta sta assumendo una natura sempre più politica, come ha evidenziato recentemente anche l’Economist. Gli operatori americani e asiatici spingono per l’apertura dell’ecosistema dopo aver spinto l’Europa a innalzare barriera contro i cosiddetti fornitori ad alto rischio (a partire dalla cinese Huawei): Open Ran è composto per lo più da hardware giapponese e coreano, mentre chip e software sono americani. Quelli europei, la finlandese Nokia e la svedese Ericsson, temono di perdere il loro vantaggio competitivo nella costruzione delle reti.

“Nell’ambito della cooperazione per la ricerca e lo sviluppo oltre il 5G e il 6G, proponiamo di lavorare a una visione comune e a una tabella di marcia che delinei alcune delle sfide e delle esigenze principali delle future generazioni di tecnologie di comunicazione, compreso il 6G”, si legge nella dichiarazione conclusiva del Consiglio commercio e tecnologia Unione europea-Stati Uniti riunitosi a Parigi. Si parla di standard di sicurezza e interoperabilità. Ma non c’è alcun riferimento all’Open Ran. A dimostrazione di quanto la strada per questo concetto sia ancora piuttosto in salita.

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