Mentre cresce la sindrome Nimby, sarebbe bene invertire la rotta e guardare alla semplificazione amministrativa come alleato nel processo di transizione digitale del Paese. I dettagli dell’emendamento che punta a semplificare l’installazione delle infrastrutture necessarie per gli impianti di comunicazione elettronica.
La tecnologia è volano di progresso. E’ quell’elemento indispensabile che ha accompagnato il passaggio da un tipo di società statica a quella odierna, caratterizzata da profonde e continue trasformazioni. E’ qualcosa che traina la crescita dell’economia e del benessere dei cittadini.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza traduce questa consapevolezza in pratica, affidando alla digitalizzazione il compito di liberare il potenziale di crescita italiano, incrementare la qualità del lavoro e dei servizi, incoraggiare la coesione territoriale e promuovere la transizione ecologica. La trasformazione digitale auspicata dal Piano, però, rischia di essere ritardata dalla farraginosità delle procedure per la realizzazione di opere di pubblica utilità, come gli impianti di comunicazione elettronica che abilitano l’accesso alle reti sia fisse che mobili. Il loro utilizzo è fondamentale per cittadini e imprese parti di un ecosistema sempre più connesso.
L’esigenza di semplificazione amministrativa in ambito Tlc, peraltro, trova conferma nel Pnrr e nell’Agenda per la semplificazione 2020-2023 che fissa obiettivi e tempi di realizzazione della transizione digitale.
In questa direzione muove un emendamento approvato dal Senato al ddl di conversione del decreto legge sul contrasto degli effetti economici e umanitari della crisi ucraina. Nel testo approvato dall’Aula di Palazzo Madama all’art. 7-septies è introdotta la semplificazione della procedura di autorizzazione per l’installazione delle infrastrutture passive necessarie per gli impianti di comunicazione elettronica.
In particolare, l’emendamento propone una modifica dell’articolo 44 del codice delle comunicazioni elettroniche escludendo pali, torri e tralicci destinati ad ospitare gli impianti radioelettrici dall’obbligo di documentazione ambientale da sottoporre al parere delle Arpa per l’installazione di nuove opere. Con l’approvazione del testo alla Camera, si attende ora la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Si tratta di una semplificazione utile e pienamente coerente con l’evoluzione del mercato delle Tlc che, a fianco degli operatori di telefonia, ha visto evolvere le Tower Company. Ma non è tutto. L’emendamento è in linea con le esigenze di digitalizzazione del Paese e con la necessità di sgravare i Comuni di una documentazione tecnica che, in parte, rende complessa l’installazione di infrastrutture destinate ad accogliere solo successivamente la componente attiva dei gestori di telefonia mobile. Strumenti come pali, torri e tralicci, infatti, sono propedeutici all’installazione di antenne e impianti.
L’emendamento di fatto non esonera gli operatori di telefonia mobile, detentori della componente radioelettrica attiva, dalla documentazione Arpa ovvero la certificazione del rispetto dei limiti di esposizione elettromagnetica. La misura, quindi, non modifica l’attuale iter che prevede comunque le autorizzazioni del Comune e dell’Arpa per installare un impianto di telecomunicazioni mobili.
La proposta emendativa non implica un abbassamento della tutela della popolazione dai rischi dell’elettromagnetismo. Nel nostro Paese, peraltro, i limiti di emissione elettromagnetica, rispetto alla potenza, sono cento volte più bassi rispetto a Francia, Germania, Spagna e Regno Unito, in linea con la Raccomandazione europea relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.
Mentre cresce la sindrome Nimby, sarebbe bene invertire la rotta e guardare alla semplificazione amministrativa come alleato nel processo di transizione digitale del Paese.