Per ovviare allo stop dei rifornimenti dalla Russia il premier Fumio Kishida accelera l’iter per riavviare gli impianti sospesi dopo il disastro di Fukushima. Con l’approvazione dei cittadini
Fukushima è un lontano ricordo. Dopo il disastro nucleare dell’11 marzo 2011, quando uno tsunami provocò la parziale fusione dei noccioli di tre reattori dell’impianto dell’omonima prefettura, il Giappone, per stabilizzare i prezzi dell’energia e per ovviare allo stop dei rifornimenti dalla Russia, è pronto a rivolgersi di nuovo all’atomo. “Tokyo”, ha detto il premier Fumio Kishida, “adotterà passi concreti per riavviare le centrali che hanno sospeso le operazioni dopo l’incidente di undici anni fa”.
Lo scorso gennaio Kishida aveva incaricato il ministero competente di elaborare una nuova strategia per l’energia pulita. L’obiettivo del primo ministro era la creazione di una società a emissioni zero. Già allora il capo del governo giapponese aveva ipotizzato un ritorno al nucleare. Un processo che ora, in seguito all’invasione della Russia in Ucraina e al conseguente aumento dei costi energetici, ha subìto una forte accelerazione.
Tokyo si è allineata con i Paesi occidentali nel colpire Mosca con pesanti sanzioni economiche. E pochi giorni fa ha annunciato una graduale eliminazione delle forniture di petrolio e di gas provenienti dalla Russia. L’esecutivo di Kishida, prima di rivolgersi altrove per le importazioni energetiche, intende sfruttare l’alternativa che ha in casa: il riavvio delle centrali nucleari dismesse. “Adotteremo misure concrete per riavviare gli impianti”, ha detto Kishida in Parlamento prima di precisare che l’esecutivo, “non sta considerando di sostituire le centrali nucleari esistenti con nuove strutture”.
Attualmente i reattori attivi sul territorio giapponese sono 10, mentre prima del disastro di Fukushima erano 54. Il Giappone, povero di risorse, importa quasi tutto il suo carburante dall’estero, e l’embargo del petrolio e del gas russo ha incoraggiato i legislatori pro-nucleare a portare avanti la loro causa. Il governo, a tal proposito, prevede di aumentare il contributo nucleare nel suo mix energetico al 22% entro il 2030.
Quello di Fukushima è stato l’incidente nucleare più grave verificatosi dopo quello di Cernobyl. Ecco perché il tema del nucleare, in Giappone, è piuttosto delicato. Kishida lo sa. Così come è al corrente dell’importanza del giudizio dell’opinione pubblica. Il premier, prima di riattivare gli impianti, deve capire se anche i giapponesi, al pari del suo governo, si sono lasciati alle spalle l’incidente del 2011 per evitare ripercussioni sul piano del consenso elettorale.
Secondo un recente sondaggio commissionato dal quotidiano Niigata Nippo, al centro dei pensieri dei giapponesi ci sono le difficoltà economiche causate all’aumento dei costi energetici e dalla pandemia del Covid, mentre l’energia nucleare si è classificata solo al quinto posto tra le questioni importanti per i futuri elettori. Kishida, forte del riscontro, ha sottolineato che i riavvii, oltre che in totale sicurezza, avverranno solo “con una pubblica approvazione”. L’indagine di Niigata Nippo dimostra che potrebbe già averla.