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Patti chiari (e verdi). Perché salvare il Gran Chaco

Di Gherardo La Francesca

Dall’ “inferno verde” all’inferno. In Sudamerica la deforestazione viaggia a ritmi inquietanti. Il Gran Chaco, il polmone più verde del pianeta, è minacciato. Idee per una via allo sviluppo che non passi per la distruzione dell’ambiente. Il commento di Gherardo La Francesca

I problemi ambientali sono lo specchio di una errata valutazione dei valori, anche economici, che il pianeta ci offre. Fino a qualche decennio fa, le foreste del Sudamerica e i popoli indigeni che le abitavano erano chiamate “El inferno verde”: uno spazio infinito, pericoloso, impenetrabile, di poco o nessun valore, un ostacolo al progresso che, invece, camminava sulle tracce della deforestazione.

Oggi la situazione si è capovolta, dobbiamo prenderne atto. Natura e culture indigene sono una risorsa sempre più scarsa mentre la domanda relativa è in rapido aumento. Quindi, il loro valore è aumentato in modo esponenziale. O meglio, dovrebbe esserlo.

Il Museo Verde, Associazione che persegue la valorizzazione del binomio Natura/Culture indigene ha presentato alla Cop 26 dello scorso anno il “Patto per il Gran Chaco”. Il documento dimostra che le risorse del Chaco, pianura che si estende per 1.300.000 km2 tra Argentina, Bolivia, Brasile e Paraguay, non vengono correttamente utilizzate.

Legni tropicali dalle caratteristiche estetiche e meccaniche vengono svenduti a prezzi irrisori; una immensa farmacia a cielo aperto contenente centinaia di essenze vegetali dalle qualità terapeutiche in gran parte inesplorate, viene distrutta senza profitto; tecniche artigianali antiche e raffinate rischiano di scomparire. Il “ Patto per il Gran Chaco”, presentato in occasione della Conferenza Internazionale sulle Mutazioni climatiche lo scorso anno dal Museo Verde, Associazione che ha come obiettivo la valorizzazione del binomio natura/culture indigene, si basa su queste premesse.

Il Gran Chaco è una pianura che si estende per 1 milione e 300.000 kmq tra Argentina, Bolivia, Brasile e Paraguay, uno dei pochi angoli del pianeta ancora in parte intatto. Dico in parte perché la deforestazione avanza a ritmi superiori a quelli dell’ Amazzonia. Ma questo processo non è irreversibile. Esiste una via allo sviluppo senza deforestazione. Dobbiamo solo prendere atto dei nuovi valori, anche economici, delle ricchezze che territori come il Chaco possono offrire.

Per dimostrarlo il Museo Verde ha presentato la “ Sedia Gran Chaco”, prezioso oggetto di design, realizzato utilizzando l’urunday, straordinario legno tropicale svenduto per fare traversine ferroviarie. Con la “Moda Gran Chaco” si presentano creazioni di alta moda che fondono tessuti tradizionali con il caraguata’, fibra naturale ricavata dalle artigiane indigene del Chaco con una lunga lavorazione manuale, tingendola con colori naturali e tessendola in motivi ornamentali tipici della loro cultura.

Il risultato mostrato su di una passerella allestita dall’IILA, Istituto Italo Latino Americano è sorprendente. Il caraguatà non è un semplice prodotto artigianale, è un prodotto di lusso, che incorpora valori estetici e culturali di un popolo lontano, con un valore assai elevato. Sviluppo senza deforestazione è una opzione possibile. Basta dare alle cose il loro giusto valore.

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