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Chi è Zhou Hang, l’imprenditore cinese contro la politica zero Covid

I cinesi vivono la peggior crisi economica degli ultimi tempi, anche per colpa della gestione della pandemia da parte del governo di Pechino. Non tutti però restano in silenzio. Il fondatore di Yongche e presidente di Caocao condanna la rigidità delle limitazioni. Farà la stessa fine di Jack Ma?

Che fine ha fatto Jack Ma, la mente (e il braccio) dietro il colosso Alibaba? Dopo le critiche al governo di Pechino, i business dell’imprenditore cinese sono stati limitati dal controllo statale e lui è sparito dalla scena pubblica. Ma la sua esperienza non è bastata per silenziare tutti.

La leadership imprenditoriale cinese attraversa la peggior crisi economica degli ultimi tempi, principalmente per la rigidità delle autorità in quanto alla politica dello zero Covid. Le principali città del Paese, così come i cuori produttivi, sono ancora confinati e il calo dei consumi è irrefrenabile.

Le proteste degli imprenditori, si sa, sono poche. Nessuno vuole fare la fine di Jack Ma. Tuttavia, c’è chi non ci sta. Per esempio Zhou Hang, imprenditore cinese del settore tecnologico e venture capitalist, non è d’accordo con l’indifferenza dimostrata da molti colleghi e ha invitato i colleghi ad alzare la voce a favore di un cambiamento nella gestione della crisi sanitaria ed economica in Cina.

Un articolo del quotidiano The New York Times lo definisce come un atipico imprenditore nella comunità cinese, per la sua aperta critica alla politica zero Covid del governo: “Zhou dice a voce alta quello che molti bisbigliano in privato, ma temono di dire in pubblico”.

In un testo che è stato prontamente censurato dalle autorità, l’imprenditore ha chiesto: “Chi ha provocato questa sensazione negativa in tutta la società? Chi è responsabile di questo e come possiamo cambiarlo?”. Gli interrogativi, e il ragionamento di Zhou, sono riusciti ad evadere la censura e hanno trovato diffusione sui social e altri canali, secondo il NYT.

Nato nel 1971, Zhou è conosciuto come un ribelle nei circoli imprenditoriali cinesi. A metà degli anni ’90, quando ancora era all’università, è riuscito a fondare la sua prima impresa di impianti stereo insieme al fratello. Nel 2010 fondò Yongche, una delle prime compagnie di servizio ride-hailing.

La famiglia di Zhou vive in Canada. In un’intervista ha spiegato che molti cinesi come lui avevano deciso di portare all’estero il patrimonio, ma per lui questa scelta non era un’opzione. Lui credeva nella Cina e nelle opportunità di lavorare nel proprio Paese.

A differenza degli altri imprenditori, Zhou non chiedeva agli impiegati di lavorare straordinari e non frequentava incontri di lavoro in stile social. La sua attività perse contro il concorrente Didi, anche perché ha rifiutato circa 100 milioni di dollari di finanziamenti e non ha voluto entrare in una guerra di sussidi.

Successivamente, Zhou ha scritto un libro sull’esperienza vissuta ed è diventato partner di una società di venture capital a Pechino. Poi è stato nominato presidente della società di condivisione di corse Caocao, sussidiaria della fabbrica di automobilistica Geely Auto Group.

Non tutti però hanno la stessa fortuna di Zhou. Anzi, la tendenza predominante è quella di essere silenziati come Jack Ma. James Liang, economista e presidente del sito Trip.com, aveva scritto alcuni articoli  sugli svantaggi e gli effetti negativi della politica zero Covid e a metà maggio il suo seguitissimo account nella piattaforma Weibo è stato oscurato.

Ren Zhiqiang, ex dirigente del colosso immobiliare di Stato Huayuan in pensione, con più di 37 milioni di follower, è stato condannato a 18 anni di carcere per corruzione, malversazione di fondi pubblici e abuso di potere. Aveva criticato la gestione della pandemia da parte di Xi Jinping e aveva definito il leader cinese un pagliaccio nudo che insiste a presentarsi come imperatore.



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