Cosa aspettarsi dall’adozione del nuovo Concetto strategico da parte dell’Alleanza Atlantica di fronte all’attuale complesso quadro internazionale. Questo è stato il tema delle riflessioni degli esperti che si sono alternati nel corso dell’evento “A relevant Alliance in a changing world” organizzato a Roma dalla Nato defence college foundation (Ndcf) in collaborazione con la Fondazione Compagnia di San Paolo e il Nato defence college
Si avvicina sempre più il summit di Madrid, dal 28 al 30 giugno, durante il quale verrà approvato il nuovo Strategic concept della Nato, il documento che delineerà le rinnovate priorità strategiche dell’Alleanza Atlantica, a circa dodici anni di distanza dall’ultimo, adottato dal vertice di Lisbona del 2010. Il prossimo Concetto strategico presenterà diverse novità rispetto al passato, vedendo per la prima volta la partecipazione di Paesi partner dell’Indo-Pacifico e del Medio Oriente, così come di Svezia e Finlandia che stanno portando avanti la propria adesione all’Alleanza. A pochi giorni dal vertice spagnolo, la Nato defence college foundation (Ndcf) ha organizzato a Roma la conferenza “A relevant Alliance in a changing world”, realizzata con la Fondazione Compagnia di San Paolo e il Nato defence college, per cercare di delineare insieme agli esperti i possibili scenari futuri che si apriranno per l’Alleanza.
Una sicurezza a 360 gradi
Le sfide poste dall’attuale panorama geopolitico sono di natura sempre più globale, dal cambiamento climatico al cambiamento apportato dalle nuove tecnologie. “Dobbiamo considerare la sicurezza internazionale a 360 gradi perché la sicurezza globale deve essere affrontata in tutte le direzioni. Il multilateralismo non è affatto obsoleto, ogni giorno vediamo che possiamo far fronte a sfide nascenti di ogni genere solo se siamo uniti, nessuno Stato da solo può fare tutto questo ed è logico perché le sfide odierne sono di natura globale e vanno quindi affrontate insieme”, ha spiegato l’ambasciatore Alessandro Minuto-Rizzo, presidente della Ndcf e già vice-segretario generale della Nato. In questo scenario in continuo cambiamento, mutano anche le zone del mondo a cui guardare con maggior interesse, pertanto “dobbiamo guardare la geografia in maniera nuova, verso le aree di crescente importanza come l’Africa e il Sahel e naturalmente l’area dell’Indo-pacifico”, ha continuato il presidente della Ndcf.
La dimenisone poltica
Alle sue parole hanno fatto eco quelle del comandante del Nato defense college, il generale Olivier Rittimann, “la letteratura militare adesso ha bisogno di un capello politico e questo è quel che ci si aspetta dal nuovo Concetto strategico. Si potrebbe speculare sul contenuto di questo documento che sarà pubblicato tra pochi giorni ma soprattutto si insisterà sulla protezione dei nostri valori comuni sul rafforzamento dell’Alleanza, sulla resilienza delle nostre società, sul riconoscimento delle sfide globali e il ruolo della Nato come istituzione che lega il Nord America e l’Europa”.
Complementarietà tra Ue e Nato
E sul legame complementare tra Nato e Ue è intervenuto anche il presidente della Commissione affari esteri della Camera dei deputati, del Piero Fassino, facendo riferimento anche alla necessità di destinare maggiori risorse al settore della Difesa per fronteggiare le sfide odierne. “L’Unione europea ha l’obiettivo di adottare un proprio sistema di difesa e sicurezza non come un’alternativa alla Nato, ma in una maniera complementare in cui l’Europa assume responsabilità sempre maggiori e rafforza le proprie capacità operative. Per essere efficace un sistema di sicurezza di questo genere necessita di un’Unione europea che abbia una politica estera più efficace, ecco perché abbiamo bisogno che tutti gli europei e l’America si impegnino di più. Gli europei devono capire che la sicurezza è una priorità e prendere tutte le responsabilità necessarie, compreso il fatto di destinare il 2% del PIL alla difesa, questa è una delle sfide principali a cui dovremo far fronte nei prossimi decenni”.
La posizione dell’Italia
Sul ruolo del nostro Paese si è concentrato invece il sottosegretario agli Affari esteri, Benedetto Della Vedova, sottolineando come “per l’Italia la Nato deve rimanere in linea con i suoi compiti di base, cioè flessibile e che guarda al futuro, e come Italia dobbiamo continuare a perseguire un approccio olistico per proteggere e difendere la nostra sicurezza. In altre parole, noi pensiamo che la Nato sia sempre più importante per la nostra sicurezza”.
La nuova direzione dell’Alleanza
Le crisi attuali rendono sempre più necessaria una solida guida politica così come un solido processo di decision-making in seno all’Alleanza. È su questo che si è concentrato il primo panel della giornata che ha visto la partecipazione di Eric Terzuolo, professore dell’American University, Washington, di Benoît d’Aboville, associate fellow della Fondation pour la Recherche Stratégique di Parigi, di Matthias Dembinski, ricercatore del Peace research institute di Francoforte e di Vincenzo Camporini già capo di Stato maggiore della Difesa italiana. Lo Strategic concept sarà uno strumento prezioso per chiarire la direzione generale e le nuove priorità dell’Alleanza, tuttavia, gli interessi in gioco sono molti. Le priorità deriveranno dal riuscire ad armonizzare le diverse visioni e priorità dei Paesi membri e dallo stabilire parametri ancora più efficaci per misurare effettivamente i contributi allo sforzo comune, in particolare, cercando di preservare l’indivisibilità della sicurezza con una divisione generale del lavoro tra le due sponde dell’Atlantico.
Bilanciare minacce e opportunità
Tra i temi più discussi vi è ovviamente il ruolo del Dragone e i diversi teatri di instabilità. Il Covid-19 ha riportato infatti al centro del dibattito il ruolo della Cina nel complesso processo di globalizzazione. Su come cercare di estendere la sicurezza cooperativa ai partner globali asiatici e su quale sarà il ruolo dell’Alleanza nell’evitare la deriva della sicurezza in Nord Africa e nel Maghreb si è concentrato il secondo panel con Richard Hooker, senior fellow dell’Atlantic Council, Rajendra Abhyankar, già segretario generale del ministero degli Affari esteri indiano e Christian Koch, direttore della Ricerca presso il Gulf Research Center di Jeddah). La crescita cinese rischia di influenzare negativamente le relazioni transatlantiche, e secondo Hooker, “l’attuale amministrazione Nato pensa che l’Alleanza debba essere più coinvolta nel Pacifico e soprattutto vorrebbe inviare forze nel caso di un conflitto, ma questo è contrario a quello che pensano la maggior parte degli europei e dell’opinione pubblica europea”. Questo può creare tensioni nelle relazioni transatlantiche così come successo nel caso di introduzione delle tecnologie 5G cinesi in Europa. È necessario resistere a queste tensioni secondo il ricercatore, ricordando che “la Cina è uno stato autoritario che vuole legittimare il suo sistema di governo, e altri leader autoritari al mondo vogliono mettersi sul treno della Cina che rappresenta una minaccia molto grave e seria ai valori democratici dell’Occidente”.
Food security, geopolitica e settore privato
La sicurezza alimentare è un tema ricorrente nell’agenda internazionale ed è tornato a preoccupare gli Alleati in particolar modo dopo gli effetti della guerra in Ucraina sull’approvvigionamento del grano. La food security è infatti parte integrante delle sfide emergenti, e su quali saranno gli scenari e i contributi di un partenariato pubblico-privato nella gestione di questi aspetti, oltre che sugli approcci innovativi da adottare in questo frangente si è focalizzato l’ultimo panel dell’evento. A parlare del futuro della sicurezza alimentare e delle ripercussioni e possibilità per il settore privato, ma soprattutto del come rendere più efficacie la collaborazione tra pubblico e privato c’erano Jyotsna Puri, vicepresidente associato dell’Ifad), Naser M. Y. Al Belooshi, ambasciatore del Bahrain in Italia e Alfredo Antro, comandante del Reparto operativo del comando tutela salute Nas dei Carabinieri. Il settore privato, e in particolar modo il comparto industriale, rischiano di soffrire molto per i problemi legati alle catene di approvvigionamento, messe a dura prova dalla pandemia prima e dalle conseguenze della guerra in Ucraina poi, non solo della filiera alimentare. Su questo punto è intervenuto in particolare Piergiorgio Marini, manager per la prevenzione del commercio illecito e gli affari esterni di Philip Morris International, “adesso si parla di settore alimentare ma credo che nei prossimi anni parleremo di interruzione della catena di approvvigionamento per vari prodotti e ciò causerà la scarsezza, che è un fattore che apre le porte al mercato illegale, lo abbiamo già visto con il vaccino durante il Covid-19”.