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Nel nome della creatività: l’innovazione italiana

Di Paola Pisano

Il nostro Paese deve essere in grado di sviluppare un ecosistema più creativo per il supporto alle realtà nazionali che possono fare la differenza nella ricerca di un’autonomia strategica tecnologica. Il punto della professoressa Paola Pisano, esperta scientifica per l’economia digitale e evoluzione dell’innovazione tecnologica del ministro Di Maio, già ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale

L’autonomia strategica, sempre più legata alla capacità di fornire beni essenziali, presuppone non solo autosufficienza nel settore o settori nel quale la si vuole raggiungere, ma anche abilità nella creazione di nuove aziende leader globali ed ecosistemi originali.

Il governo Draghi, anche grazie al ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, partecipa al processo di sostegno dell’autonomia tecnologica in Europa. Ne è esempio il tema della connettività, centrale nello sviluppo dei servizi digitali del prossimo futuro. Una posizione geografica favorevole e la presenza sul nostro territorio di aziende leader mondiali nella produzione di cavi e nella connettività come Prysmian e Sparkle – attive in progetti di ampliamento della connettività a livello internazionale – consegnano al nostro paese un ruolo chiave nel contribuire all’autonomia strategica europea in termini di connettività tra Europa, Africa e Sud America. Accanto a un approccio standard in cui il nostro Paese segue percorsi ordinari già tracciati anche da altri stati, come nel caso della connettività, è possibile individuare approcci più creativi all’autonomia strategica. Attività minori della catena del valore di beni strategici, settori poco esplorati e alleanze con imprese internazionali dove governo e aziende italiane possono fare la differenza, rappresentano tre spunti di riflessione sul tema.

Partiamo dal primo. Se guardiamo al settore cruciale dei microchip, un contributo all’autonomia può arrivare non solo da produttori come l’americana Intel o la taiwanese TSMC, che si occupano della produzione e del packaging, ma anche da aziende che lavorano su attività minori e altrettanto indispensabili dove possiamo acquisire un vantaggio competitivo. Un esempio è Technoprobe, con sede in Lombardia, secondo produttore a livello mondiale di probe card: interfacce elettromagnetiche per testare il funzionamento dei microchip. È certo che il mancato test di un microchip crea tante problematiche quanto la sua mancata produzione o distribuzione. Un altro esempio? Nel settore aeronautico, un’attività secondaria ma strategica tanto quanto costruire un aereo è quella di sbrinarne le ali. Depositi di ghiaccio sulle ali non permettono infatti all’aereo di volare.

Analizziamo il secondo punto: quelle industrie ancora poco esplorate, in cui il nostro Paese può posizionarsi per tempo con un vantaggio competitivo e cogliere così opportunità che già iniziano a delinearsi e creare un’autonomia strategica fin da subito. Ne è un esempio il settore delle “digital therapy”. Si tratta di software utilizzati per gestire e migliorare le condizioni di salute fisiche o mentali dei pazienti. Il numero crescente di applicazioni e di investitori potrebbe attirare l’attenzione sia delle nostre aziende e del governo. Nel primo caso per lo sviluppo di attori leader mondiali e nel secondo per la definizione di una normativa adeguata ad oggi non presente nel nostro Paese. Tra chi inizia ad accorgersi dell’opportunità c’è Opinno, azienda di innovazione spagnola da poco trasferita in Italia.

Nel terzo e ultimo spunto di riflessione, quello relativo alle alleanze con imprese internazionali, le aziende tradizionali italiane e tecnologiche internazionali possono convergere nell’abbinare digitalizzazione e l’innovazione ad attività di eccellenza del nostro Paese. Un esempio che, sono certa, sarà da guardare con attenzione è la relazione tra Luxottica e Facebook nel settore del metaverso. La prima, leader nella produzione di occhiali, potrebbe creare il primo strumento indispensabile tanto quanto il cellulare per accedere al mondo del metaverso. Oppure tutto il settore dell’arte e del turismo esperienziale. Le cornici progettuali alle quali aderire per esplorare un’autonomia strategica “creativa” non mancano. Tra queste il Global Gateway progetto europeo ancora agli esordi, seguito con attenzione dal Ministro Di Maio. Un’opportunità che tra il 2021 e il 2027 mobiliterà fino a 300 miliardi di euro per investimenti in digitale, energia, trasporti, salute, istruzione e ricerca. Nei prossimi mesi verranno definiti sia un “Global Gateway board” sia un “Global business advisory board” dove siederanno anche i rappresentanti delle aziende. Oltre a progettualità più strutturate, concetti di collaborazione volontaristici come il “servizio civile delle imprese” non sono da sottovalutare, soprattutto in relazione alla Pubblica Amministrazione. Le aziende possono mettere a disposizione le loro competenze e servizi per giungere a soluzioni vincenti come “sistema Paese”, a beneficio dell’uso e dello sviluppo di nuove tecnologie. D’altro canto lo Stato, e varie ramificazioni della Pubblica amministrazione, agisce da anni per sostenere attraverso infrastrutture e progetti le aziende. Il ministero degli Esteri, per esempio, mette a disposizione la sua rete diplomatico-consolare alle aziende attive nei diversi paesi. La Direzione generale Sistema-Paese della Farnesina gestisce programmi di incentivo alle esportazioni e alle transizioni “verde” e “digitale”, oltre che di mitigazione delle criticità che il settore privato ha affrontato col Covid prima e con la guerra in Ucraina ora.

La Pubblica amministrazione nelle sue innumerevoli cornici normative è in grado di affrontare anche questo genere di collaborazione volontaristica.

In un mondo in cui ruoli e confini sono ormai sfuocati, relazioni proficue possono essere immaginate non solo sullo sviluppo di progetti tecnici ma anche normativi, creando regolamentazioni adattive e a “prova di futuro”, necessarie per sostenere lo sviluppo di aziende tecnologiche nazionali e internazionali, nonché la crescita di nuovi settori. Evitare di rendere complicato l’uso di tecnologia ad oggi disponibile deve essere un obiettivo comune ad aziende e Governo. Tanto più in questo momento storico in cui parte della normativa europea in tema di digitale dovrà essere recepita a livello nazionale e parte sviluppata a livello comunitario. La collaborazione normativa muove già i suoi passi attraverso consultazioni pubbliche online, canale che, se reso più agile, e, perché no, più internazionale, può velocizzare l’interazione fra Stato e impresa, in cui soggetti privati ricoprono sia ruoli di co-attuatori sia di co-autori.

L’autonomia strategica può diventare una sfida insormontabile se affrontata in modo isolato e poco creativo. È indispensabile spronare aziende nazionali e internazionali e Pubbliche Amministrazioni a intraprendere collaborazioni veloci e paritarie tra loro. Sul lato tecnico, economico ma anche normativo. È forse ancora più indispensabile affrontare l’autonomia strategica, non tanto in un’ottica di per replicare ciò che è già stato fatto, bensì per trovare la nostra originale strada all’uso e allo sviluppo di tecnologia. Da creatività, collaborazione e identificazione di attività competitive della catena del valore- in cui l’Italia è ancora in gara – dipenderà il posizionamento sullo scacchiere internazionale sia come Paese sia come Unione.

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