Con quasi la metà della popolazione mondiale ancora offline, il divario digitale rischia di diventare il nuovo volto della disuguaglianza. Avvicinare cittadini e città attraverso il potenziamento della connettività è oggi prioritario per sostenere chi è rimasto indietro ed evitare che la tecnologia si trasformi in elemento di disaggregazione
La tecnologia offre molte possibilità per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e dal nostro PNRR. Gli strumenti digitali hanno infatti un potenziale trasformativo: aumentano le capacità umane e aprono diverse frontiere della produttività. Sono un alleato strategico nel processo di transizione verso un nuovo modello di società e di economia. Ma per attuare questo cambio di paradigma l’inclusione digitale è prioritaria.
Viviamo una quotidianità in cui rapporti interpersonali, politici, culturali ed economici non possiedono più solo confini fisici, ma si misurano con la tecnologia. Ciò vuol dire considerare le implicazioni socioculturali determinate dall’integrazione del digitale nel tessuto contemporaneo, come le disuguaglianze generate dalla capacità di accesso ai suoi strumenti. Chi, per questioni geografiche, infrastrutturali e culturali è escluso dai benefici delle innovazioni subisce un danno che attiene tanto alla dimensione macro-sociale quanto a quella micro-sociale. Polarizzando la società in cittadini di serie a e serie b, il divario digitale è l’altra faccia del progresso tecnologico.
Secondo l’ONU 3,7 miliardi di persone, quasi la metà della popolazione mondiale, sono ancora offline. La pandemia ha messo in luce questa disparità: coloro che non hanno ancora accesso alla rete e ai servizi digitali non hanno potuto beneficiare dell’istruzione a distanza, del remote working o dell’assistenza sanitaria digitale. Senza un’azione decisa, il digital divide diventerà il nuovo volto della disuguaglianza.
I vari gap territoriali si traducono spesso anche in gap sociali. Abilitare la digitalizzazione in un’ottica di maggiore inclusione è quindi fondamentale per ridurre questi dislivelli. Grazie a coperture dedicate che migliorano la connessione e la connettività in siti dall’alto valore sociale come ospedali, musei, scuole e università, si potrebbero superare le barriere del divario digitale. Soprattutto ora che i piani del PNRR stanno spingendo verso la digitalizzazione dei servizi.
Necessità, questa, ancora più urgente in quelle aree rurali spesso dimenticate, nei Comuni di piccole dimensioni e nei borghi. In Italia ci sono quasi 6.000 realtà di questo tipo. Luoghi dal fascino antico e dai ritmi di vita più sostenibili rispetto alle grandi città. Spesso abbandonati per il loro isolamento, professionale ma anche infrastrutturale. Oggi c’è la possibilità di connettere quei borghi con il resto del mondo attraverso la copertura wireless, incoraggiando nuove forme di lavoro agile e potenziando i servizi offerti al turismo. Tanti territori, in questo modo, non verrebbero esclusi dall’Italia produttiva, competitiva e innovativa.
Si tratta di un’opportunità che trova nel 5G il suo principale motore propulsore. Grazie alla rete ultraveloce, si potranno ripensare moltissimi settori anche in posti fino ad ora dimenticati. Anche in un’ottica di valorizzazione del made in Italy e del modo di vivere il patrimonio artistico-culturale di cui l’Italia è orgogliosamente ricca. Nuove realtà connesse, dove tradizione e innovazione si sommano per sostenere una crescita sostenibile.